Il Vescovo ai sacerdoti diocesani durante la Messa del Crisma: «Ripartiamo dalla Sua preghiera»
Figli e ministri della preghiera di Cristo: queste le caratteristiche del sacerdote che il vescovo Antonio Napolioni ha voluto mettere in evidenza nella Messa del Crisma presieduta nella mattinata di giovedì 28 marzo in Cattedrale, precisando anche quali debbano essere la caratteristiche della preghiera che, nell’anno ad essa dedicato in vista del Giubileo 2025, non vuole assolutamente essere invito a «fare cose pastorali in più», quanto piuttosto occasione propizia per «entrare nel mistero di Gesù orante».
La celebrazione ha visto radunato in Cattedrale tutto il presbiterio diocesano. Il maltempo ha impedito la tradizionale e suggestiva processione dal Palazzo vescovile, ma non ha tolto nulla a un appuntamento che ogni anno si rinnova.
L’esempio posto davanti agli occhi dei sacerdoti nell’omelia del vescovo non poteva che essere Cristo stesso, «che sceglie il monte e la solitudine per non perdere la bussola» e che «nella preghiera si trasfigura»: «Che bello saperci pensati e voluti, generati e formati così, dal Cristo in preghiera», ha detto monsignor Napolioni.
«Figli della sua preghiera», come sono stati i presbiteri morti morti nell’ultimo anno e che il vescovo ha ricordato uno a uno: don Giancarlo Bosio, don Emilio Bini, don Gianfranco Castelli, don Bernardino Orlandelli, don Giuseppe Bressani, don Romeo Cavedo, mons. Angelo Staffieri, don Virginio Morselli e don Pierluigi Pizzamiglio.
Figli della sua preghiera e suoi ministri, nella consapevolezza che, «a dispetto delle statistiche vocazionali, il sacerdozio di Cristo non tramonta».
Nelle parole del vescovo anche l’immagine di Papa Francesco che sempre chiede di pregare per lui: «Ecco perché oggi la Chiesa prega specialmente per noi, perché – come recita la preghiera di benedizione del crisma – tutti i figli di Dio consacrati dalla medesima unzione “spandano il profumo di una vita santa”». E ha proseguito: «Ogni ministero dipende perciò dal metterci sempre nella lunghezza d’onda dello Spirito, che la preghiera di Gesù al Padre assicura a noi, “afferrati da Cristo” come scriveva anni fa mons. Magrassi». E ancora, citando ancora l’arcivescovo di Bari-Bitonto: «Lui è il vero soggetto vivente, noi attori non protagonisti, introdotti nel suo corpo, nelle sue nozze, nel suo oggi (liturgico, spirituale, esistenziale). Educati dall’Eucaristia a tale sguardo di fede nelle diverse forme della sua presenza, riconosciamo “una presenza che si allarga fino ad afferrare tutto. E allora diventa possibile incontrarlo in tutto; non solo nei riti sacramentali, segni privilegiati della presenza di Cristo, ma anche nei ‘piccoli sacramenti’ della vita quotidiana”»
«Preghiera e azione», «polarità la cui distanza spesso ci fa soffrire – ha detto ancora Napolioni – sono entrambe sviluppo “dell’azione dello Spirito, dei suoi doni, dei sentimenti che risultano dalla nostra adozione divina in Gesù Cristo”, come scrive il padre Marmion in uno dei suoi magistrali testi di spiritualità».
E proprio «in questa luce» si è voluto celebrare «gli anni “vissuti da Cristo” in noi e nel nostro servizio ecclesiale, rallegrandoci particolarmente per il 70° di mons. Mario Barbieri, 65° di don Goffredo Crema, 60° del carissimo Vescovo Dante e di don Giuseppe Bettoni, don Francesco Castellini, don Mario Marinoni, 50° di don Gianni Cavagnoli, don Antonio Censori, don Ettore Dominoni, don Francesco Ferrari, don Emilio Garattini, mons. Luigi Nozza, mons. Valerio Tanchio, don Eugenio Trezzi, don Giuliano Valiati e don Gianfranco Vitali, ed il 25°di don Antonio Allevi, don Paolo Arienti e don Gianpaolo Civa. Per loro, per tutti noi, domandiamo di saper accogliere se stessi in Cristo».
«Un cristiano, a maggior ragione un prete, – ha messo in guardia il vescovo – cade nella cattiva solitudine quando si spezza la circolarità tra relazioni fraterne ed intimità con il Signore. Quando la preghiera diventa una cosa da fare tra le altre, e non vibra di grato stupore per quanto Dio stesso la desideri, la susciti, la abiti: “Ecco, sto alla porta e busso” (Ap 3,20). Dio vuole pregare con me, per agire tra noi. Dando senso e valore anche alle stagioni della debolezza e dell’apparente inazione ministeriale».
«Cari fratelli – ha quindi detto monsignor Napolioni rivolto ai sacerdoti presenti – vi ringrazio per come cercate di essere dediti e attenti alla realtà, alla gente, alle persone, a Dio stesso. Coi nostri limiti ed errori, almeno quelli che io per primo sperimento e affido, insieme ai vostri, alla misericordia del Padre. L’anno della preghiera è iniziato, anche se la diocesi non ha ancora pubblicato programmi. La preghiera è il programma e il metodo di Dio, è la strada su cui il Signore ci raggiunge, ci ama, ci guida. In questa Pasqua, dolente per tanta pace smarrita e rifiutata, ripartiamo dalla Sua preghiera, in cui siamo nati e di cui siamo impregnati. In questa Chiesa, sinodale nell’ascoltare la Parola eterna per offrirla agli uomini e alle donne di oggi e di domani, mettiamo la nostra preghiera nella Sua. Con la certezza che “quando si prega accade sempre qualcosa. Che cosa accade? Ci vorrebbe l’occhio dello Spirito per saperlo. La preghiera solca la vita. Se si prega, la Chiesa si rinnoverà”».
La liturgia è proseguita con i due momenti caratteristici di questa celebrazione: il rinnovo delle promesse sacerdotali e la benedizione degli oli sacri. Anche quest’anno l’olio usato è stato quello donato dal questore di Cremona e fatto con il frutto degli ulivi del Giardino della Memoria “Quarto Savona Quindici”, sorto a Capaci nel ricordo del sacrificio dei magistrati Giovanni Falcone e Francesca Morvillo e dei poliziotti di scorta Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo. Insieme all’olio dei Catecumeni e a quello degli Infermi, il vescovo Napolioni ha quindi consacrato l’olio del Crisma aggiungendovi un profumo: un’essenza di bergamotto donata a tutte le Diocesi italiane dalle Chiesa di Locri-Gerace. Al termine della Messa gli oli santi sono stati consegnati ai vicari zonali perché possano arrivare nelle comunità.
La mattinata si è conclusa in modo fraterno con il pranzo comunitario in Seminario, a cui è state dedicata la raccolta delle offerte del clero che come sempre accompagna la celebrazione del Giovedì Santo. (www.diocesidicremona.it)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti