L'autostrada A21 compie cinquant'anni, figlia del boom economico e un miracolo dell'ingegneria italiana
C'era un cielo gravido di pioggia quella mattina dell'11 novembre 1971, cinquanta anni fa, ad accogliere il ministro dei lavori pubblici Salvatore Lauricella e gli amministratori di tre province al casello di San Felice, che da quel giorno diventava ufficialmente l'ingresso cremonese all'autostrada A 21. Era tutto iniziato una decina di anni prima quando il 19 dicembre 1960, per iniziativa delle Camere di Commercio di Piacenza e Cremona, si era costituita, con sede a Cremona e capitale sociale di un milione di lire, la “Autostrada Piacenza-Cremona-Peschiera Spa”, di cui era diventato presidente Giuseppe Maffei, che ne stato anche il promotore. Il 10 gennaio 1962 la società aveva assunto la denominazione di “Spa Autostrade Centro Padane”, con l'ingresso in qualità di soci delle amministrazioni provinciali e comunali di Cremona, Piacenza, Brescia e Genova, dell'Ente del Turismo e del Consorzio Autonomo del Porto di Genova, portando il capitale sociale a 500 milioni di lire. Due anni dopo, nel febbraio del 1964, venne approvata e resa esecutiva la convenzione tra l'Anas e la società per l'affidamento in concessione della costruzione e dell'esercizio dell'autostrada e nel dicembre 1965 venne approvato dal ministero per i lavori pubblici il progetto esecutivo, anche se i lavori di costruzione vera e propria iniziarono il 4 marzo 1968, a conclusione id un iter che aveva inizialmente visto la progettazione di massima affidata agli ingegneri Pier Luigi Crippa per Piacenza, Andrea Magrograssi per Brescia e Mauro Rusconi per Cremona. In seguito la progettazione esecutiva venne affidata all'ingegnere trentino Bruno Gentilini, già progettista dell'autostrada del Brennero, che assunse anche la direzione dei lavori: un'autostrada lunga 87 chilometriche che poteva, però, vantare lungo il suo percorso due delle realizzazioni più significative del tempo nel nuovo ponte sul Po lungo oltre 1600 metri e nel tratto di pavimentazione in cemento di oltre 13 chilometri, il primo del genere mai costruito in Italia.
Per la progettazione sono stati eseguiti rilievi a terra su oltre cinquemila ettari e sono state eseguite trivellazioni per un totale di oltre cinquemila metri che hanno impegnato per oltre sei mesi uno staff di cinquanta tecnici dello studio Sepi di Trento. Per la realizzazione dell'autostrada sono stati necessari scavi per un milione di metri cubi, riporti per sette milioni di metri cubi, costruiti sei ponti per una lunghezza complessiva di 2600 metri, 73 sovrappassi o sottopassi, posti un opera un milione di metri quadrati di pavimentazioni bituminose e 200 mila di pavimentazioni in calcestruzzo, sono stati realizzati trecentomila metri lineari di pali per fondazioni e installati centomila metri di barriere di sicurezza.
Ma la realizzazione sicuramente più straordinaria, con l'intervento di tecnici e tecnologie importate direttamente dall'Olanda, è stato il ponte per l'attraversamento del fiume Po, situato immediatamente a valle di Cremona: è lungo 1673,50 metri e largo 24, ha una superficie di oltre 40 mila metri quadrati, ed all'epoca era il più grande manufatto mai realizzato sul Po. Venne portato a termine in trenta mesi richiedendo l'impiego di 4 milioni di chilogrammi di acciaio e di 400 mila metri cubi di calcestruzzo. La vicinanza al porto fluviale di Cremona ha imposto particolari accorgimenti nello studio delle pile, che si spingono ad una profondità di oltre 40 metri sotto l'alveo del fiume, e degli impalcati. La realizzazione del ponte sul Po, costituito da elementi prefabbricati della lunghezza sino a 86 metri e della larghezza di 4, ha richiesto l'impiego di particolari attrezzature per la fabbricazione delle travi a terra, il loro trasporto e il collocamento successivo. Il peso di ogni elemento è di 4500 quintali. Il ponte di varo delle travi, lungo 180 metri, costituito da due tralicci del peso di 5000 quintali e alti 12 metri, era in grado di porre in opera le travi poste a catena in direzione di varo. Le pile in alveo, distante l'una dall'altra 61,50 metri, poggiano su pali di metri 1,50 di diametro approfonditi nell'alveo del fiume sino a 45 metri; sulle pile poggiano travi della lunghezza di oltre 80 metri, che a loro volta sostengono le travi di collegamento. Le pile del ponte associano un motivo estetico ad una necessità idrodinamica: sono infatti costituite da sottili lamine di cemento armato dello spessore variabile da metri 0,70 a metri 1,50 per le pile fuori alveo, e da metri 1 a metri 2,50 per le pile in alveo.
Per un tratto dell'autostrada tra Cremona e Brescia, della lunghezza di circa 14 chilometri, si è adottata la pavimentazione in calcestruzzo. Il terreno di sedime, tra Brescia e Manerbio, presentava buone caratteristiche di compattezza e ha consentito così di porre in opera una pavimentazione di maggior durata e portanza rispetto alle pavimentazioni bituminose. La lastra in calcestruzzo, della larghezza di 7,50 metri e dello spessore di 24 centimetri, è stata realizzata in un'unica soluzione. I giunti di dilatazione longitudinale e trasversale sono stati realizzati mediante tagli della larghezza di tre millimetri successivamente riempiti con materiale elastico. Il giunto longitudinale è unico, e corrisponde alla mezzeria della lastra, mentre i giunti trasversali hanno una leggera inclinazione rispetto all'asse autostradale e sono stati realizzati a distanza variabile da 4 a 6 metri. Sulla superficie della lastra è stata realizzata una striatura trasversale con profondità di 2 millimetri, che consente una maggiore aderenza degli pneumatici e nel contempo facilita lo smaltimento dell'acqua.
Così il quotidiano “La Provincia” dava l'annuncio dell'avvenuta inaugurazione: “L'autostrada Piacenza-Cremona-Brescia è stata aperta al traffico. Dalle 18 di ieri gli esattori in divisa blu (per ora sono 36) sono al loro posto per riscuotere i pedaggi. Dal giorno dell'inizio dei lavori sono trascorsi solo 4 anni. Mancano ancora i raccordi: a Piacenza per Fiorenzuola e a Brescia con le altre autostrade, ma questi, come ha confermato il ministro Lauricella, saranno pronti entro il prossimo anno. L'Anas ha infatti già approvato i relativi progetti. Anche il tempo ha 'aiutato' i dirigenti della Società Autostrade Centro Padane che ha sede nella nostra città e che è presieduta dal professor Coppetti. Verso le 10 (mezz'ora prima dell'inaugurazione) il cielo plumbeo si è squarciato lasciando intravedere l'azzurro. Quando il ministro dei lavori pubblici Lauricella, accompagnato dal prefetto e dai deputati cremonesi è stato ricevuto dal prof. Coppetti, dai sindaci delle tre città interessate dall'autostrada e da tutte le autorità civili e militari dei capoluoghi di provincia, non cadeva neppure una goccia d'acqua. Per paura del maltempo il sottopasso che porta sulla corsia per Brescia era stato debitamente chiuso con teli ed un pannello. Qui è stato eretto un palco da dove hanno parlato prima il presidente della Società Autostrade Centro Padane prof. Coppetti e il ministro Lauricella”. Nel suo discorso Coppetti ringrazia innanzi tutti quanti, già nel frattempo scomparsi, hanno dato il loro contributo di esperienza: Giuseppe Maffei, primo presidente della società; Emilio Franchi, presidente della Camera di Commercio di Brescia, Giuseppe Ghisalberti, presidente dell'amministrazione provinciale di Cremona ed il sindaco di Piacenza Giovanni Cerlesi. “Ritengo che la nostra – dice Coppetti- come le altre autostrade, abbia una funzione importante da svolgere, accorciando le distanze, riducendo i tempi di percorrenza, offrendo altresì maggior sicurezza particolarmente in zone di intense nebbie come le nostre. Inoltre, convogliando su di sé parte dei veicoli, soprattutto di transito, potrà contribuire a rendere meno pericolosa la circolazione sulle strade normali, evitando che gran parte di essa abbia ad attraversare continuamente i centri abitati con gravi pericoli per i Paesi interessati, come avviene ora, in particolar modo, fra Cremona e Brescia. Ma ritengo anche che l'autostrada possa e debba generare essa stessa nuovo traffico e possa rappresentare, per le provincie attraversate, un grande elemento per il decollo e la creazione di nuove attività apportatrici di lavoro e quindi di benessere. Permettete che io consideri questa autostrada- prosegue Coppetti- realizzata praticamente senza alcun contributo da parte dello Stato, una grande opera, non solo per l'imponenza dei lavori eseguiti, ma soprattutto perchè è il simbolo, am io avviso, della oscura ma tenace volontà che caratterizza le nostre genti quando entrano in gioco problemi vitali, soluzioni che possono realmente trasformare il volto, da un punti di vista economico e quindi sociale, di intere zone. Non occorre essere esperti economisti e sociologi, per comprendere quanto ormai è intuitivo, quanto la realtà ci ha messo di fronte: laddove arterie autostradali, sono state aperte, linfa vitale è stata introdotta, attività economiche sono sorte, il benessere ha investito zone che ne sembravano escluse, Ora, nella nostra pianura padana resa fertile attraverso secoli di continui faticosi lavori di bonifica, nella quale esistono tutte le premesse naturali ed umane per un rilancio economico, l'autostrada che oggi apriamo al traffico non può non risolversi, a maggior ragione, che in un fattore di stimolo estremamente ricco di favorevoli prospettive. Elemento strategico primario per superare gli squilibri territoriali, infatti, è la rete infrastrutturale delal viabilità, essa consente di orientare diversamente la mobilità sociale all'interno del territorio e di produrre decisioni preferenziali di sviluppo regionale che contrastino quelle tendenze centripete e congestionanti, che le stesse ipotesi di assetto territoriali cercando di bloccare. In sostanza – conclude Coppetti, ritengo di poter affermare che la concorde volontà realizzativa degli enti pubblici cremonesi, piacentini e bresciani abbia dato corpo, tramite la Società che ho l'onore di presiedere, ad un'iniziativa in tutto conforme agli interessi delle tre provincie, in linea con le ipotesi programmatiche di decentramento industriale, pregna di prospettive sicure per un migliore avvenire di tutti”.
Il progetto esecutivo dell'autostrada A 21 è stato realizzato dall'ingegnere Bruno Gentilini titolare, con Lino Gentilini, della S.E.P.I. (Studio Esecuzione Progetti Ingegneria) di Trento, l'impresa che qualche anno prima aveva realizzato l'autostrada 22 del Brennero, aperta al traffico nel primo tratto, tra Bolzano e Trento, il 28 dicembre 1968, di cui la nostra è in qualche modo figlia. Un vero e proprio capolavoro di ingegneria, con 33 chilometri di ponti e viadotti, 29 gallerie unidirezionali per una lunghezza complessiva di 12.330 chilometri e con un prodigio come il ponte di Cardano di due sole campate, di cui una lunga centoventicinque metri o il grandioso viadotto di Colle Isarco, che ha una campata di 163 metri. D'altronde occorre ricordare che l'ingegneria italiana, tra la metà degli anni Cinquanta e la metà dei Sessanta, visse il suo momento di maggiore splendore. Nel 1960 fecero parlare di sé gli impianti costruiti in tempo record per le Olimpiadi. Così le strutture e i padiglioni di Torino del 1961 per le celebrazioni del Centenario dell'Unità nazionale curate dall'ingegnere Pier Luigi Nervi. Anche l'ing. Riccardo Morandi era un italiano che si distinse internazionalmente per aver costruito a Maracaibo il ponte allora più lungo del mondo. Questo fiorire dell'ingegneria italiana coincise con il cosiddetto miracolo italiano, il boom economico che si portò dietro tanto entusiasmo, diffuso benessere fra la popolazione e la capacità di grandi investimenti da parte dello Stato repubblicano. La prima pietra fu posta il 19 maggio 1956; il primo tratto aperto fu da Milano a Parma; il tratto del valico appenninico, da Bologna a Firenze venne aperto alla fine del 1960 e quello da Roma nel 1962. I raccordi e l'intera autostrada A1 fu completata e inaugurata, in diretta televisiva, il 4 ottobre del 1964 dall'allora presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Aldo Moro. Gli artefici del grande progetto viario italiano furono due ingegneri, in ruoli diversi, Giuseppe Romita del Politecnico di Torino, in qualità di ministro dei Lavori pubblici e Fedele Cova, in qualità di amministratore delegato di Autostrade per l'Italia e direttore dei lavori. Il grande progetto nella sua forma definitiva fu elaborato dall'ingegnere del Politecnico di Milano, Francesco Jelmoni. Il tronco di oltre 760 chilometri era composto da circa quattrocento viadotti, alcuni dei quali capolavori di estetica, funzionalità e solidità. In circa otto anni, dal 1956 al 1964, l'Italia si conquistava il plauso del mondo costruttivo e finalmente aveva la percezione che la sua industria e la sua scuola ingegneristica era riuscita non soltanto a riprendere i vantaggi e le competenze di altri paesi più floridi e meno danneggiati dalla seconda Guerra mondiale, come la Francia e l'Inghilterra, ma addirittura a diventare esempio di capacità progettistica, volontà politica, soddisfazione sociale.
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commenti
Michele de Crecchio
19 giugno 2021 12:03
L'autostrada PC-CR-BS arrecò relativamente pochi danni al territorio cremonese, allungato da ovest verso est, perché lo attraversò nella direzione più breve possibile (cioè da sud verso nord). Ne derivarono, di contro, grandi benefici per Cremona che si ritrovò così benissimo integrata alla rete autostradale italiana. L'errore urbanistico più evidente fu quello di farla passare ad est della città, mentre il locale sviluppo industriale era previsto ad ovest. Il guasto ambientale peggiore fu realizzato in località Bosco ex parmigiano dove il tranquillo paesello fu barbaramente sovrappassato dal tracciato autostradale. La pavimentazione in calcestruzzo, fortemente sollecitata dal potentissimo industriale Pesenti (proprietario dell'Italcementi) che contava, così facendo, di inserirsi nel fiorente mercato delle nuove strade, si rivelò un disastro.