L'incendio che distrusse 65 anni fa il cinema Enic di via Verdi e il triste destino del Tognazzi (chiuso da 12 anni)
Quella del cinema Tognazzi è una storia costellata da disavventure. Era stato inaugurato la sera del 31 gennaio 1941 quasi in sordina, senza grandi cerimonie ufficiali, con uno dei film più in voga del momento, “Addio Giovinezza” di Ferdinando Maria Poggioli con Carlo Campanini e Clara Calamai. La nuova sala, in realtà, era nata come “Cinema Littorio”, ed era gestita dall'Enic, l'Ente Nazionale Industrie Cinematografiche, creato qualche anno prima dall'Istituto Luce nell'ambito di un grande progetto destinato a comprendere i nuovi studi di Cinecittà ed il Centro sperimentale di cinematografia per proporre in Italia l'idea di un cinema di Stato.
A realizzare la nuova sala, che ha sede nel palazzo della Previdenza Sociale, è l'ingegner Nino Mori, che ne dirige anche i lavori di costruzione. Il cinema “Littorio” è destinato a gareggiare in magnificenza e soluzioni tecniche con il “Supercinema”, inaugurato nemmeno tre anni prima, il 9 aprile 1938, su progetto del perito industriale Guido Tarsetti. Ed in effetti il regime non bada a spese: l'atrio è completamente rivestito in marmo cipollino verde delle Alpi Apuane e pavimentato di porfido sanguigno, le scale di accesso alla platea ed alla galleria hanno gli zoccoli realizzati in travertino antico e le due sale sono dipinte in modo uniforme in tinta giallo chiara.
Nell'atrio spiccano due altorilievi marmorei realizzati da Dante Ruffini su disegno di Mario Busini, che rappresentano due allegorie del genio artistico e dell'arte drammatica. Sui fianchi del palcoscenico sono incastonati due rilievi in terracotta di Aldo Andreani.
“I cristalli non mancano nell'atrio – scrive Anselmo Frosi nel 1941 – a produrre eleganti giochi di riflessi con la lucentezza dei marmi, mentre nella sala è invece diffusa una sola luce, morbida e lieve, ugualmente intensa sia nella platea che nella galleria. Nella sala trovano agevolmente posto millecinquecento persone. Comodissimi sono gli ingressi così come altrettanto comodi appaiono gli accessi alla platea e alla galleria. Nel nuovo magnifico locale, che è stato realizzato secondo gli ultimi dettami della tecnica di questo genere di costruzioni, un modernissimo impianto di condizionatura dell'aria ne permette il riscaldamento o il raffreddamento a seconda delle esigenze, mantenendo, in ogni caso, quella percentuale di umidità indispensabile all'organismo umano. L'aria viene così continuamente filtrata per estrarne il pulviscolo dannoso alla respirazione. Anche dal lato igienico il nuovo locale è quindi dotato di tutti i requisiti necessari. Le pareti e il soffitto della sala sono rivestiti di paraste in stucco bucate, completamente imbottite di lana di vetro, affinchè l'acustica della sal sia perfetta: infine l'impianto elettrico e l'impianto cinematografico son quelli che offre la più moderna tecnica. Concludendo: un nuovo cinematografo che riunisce in sé tutte le caratteristiche e i pregi per essere definito splendido ed offre ai Cremonesi, amanti del bello, un locale degno delle tradizioni artistiche della nostra città e dell'importante missione che nel nostro tempo ha il cinematografo per l'elevazione culturale e spirituale del popolo".
Ma 65 anni fa questa magnificenza viene cancellata: la notte fra il 1 ed il 2 febbraio 1957 scoppia un incendio che distrugge gran parte della sala. Sembra che il fuoco si sia sviluppato da una griglia dell'impianto di riscaldamento situata presso la conca dell'orchestra, dove potrebbe essere caduta della segatura utilizzata dalle inservienti per le pulizie su cui sarebbe finito accidentalmente il mozzicone di una sigaretta. Un'ipotesi un po' traballante alla quale non crede nessuno. Le fiamme sarebbero divampate fra la conclusione dell'ispezione notturna dell'inserviente, verso l'una e trenta, ed il momento in cui il direttore aveva dato l'allarme, circa due ore dopo. Il direttore, che dormiva nell'appartamento accanto alla sala, era stato destato da un bagliore proveniente dal vetro smerigliato inserito nella parete divisoria, ma non vi aveva dato peso, pensando si trattasse dell'impresa di pulizie. Ma quando, qualche ora dopo, fu costretto a svegliarsi all'improvviso, scosso dai crolli che interessavano il locale, il cinema ormai era andato in gran parte a fuoco. Lui stesso si provoca un'ustione alla pianta del piede nel tentativo di correre verso l'uscita del cinema per dare l'allarme. Mentre il personale in servizio viene impegnato nella rimozione delle macerie, giunge da Roma il capo dell'ufficio manutenzioni dell'Enic Martinelli per verificare l'entità dei danni, le coperture assicurative con i tecnici dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, proprietario dell'edificio, e fissare l'inizio dei lavori per il ripristino della sala.
Purtroppo l'incidente si è verificato in un momento molto delicato per il futuro dell'Enic, alle prese con un deficit che sembra superi i quattro miliardi di lire, ed il cantiere della ricostruzione si blocca, finchè giunge da Roma la notizia che con un decreto dei ministeri delle Finanze del Tesoro, registrato il 16 febbraio alla Corte dei Conti, è stato previsto lo scioglimento e la messa in liquidazione delle società di proprietà dello Stato che si trovassero in dissesto finanziario e, di conseguenza, vengono avocate al Ministero del Tesoro tutte le facoltà che competono allo Stato come azionista dell'Enic, che viene posto in liquidazione. I 71 cinematografi gestiti dall'ente non verranno chiusi, ma verranno ceduti ad un'altra società. Nel frattempo i dodici dipendenti agli inizi di marzo ricevono una comunicazione che li informa che sono ufficialmente licenziati fino a quando il cinema non verrà riaperto. Trascorrono altri sei mesi, si moltiplicano gli appelli al Prefetto perchè intervenga, la gestione della sala passa all'ECI (Esercenti Cinematografici Italiani), mentre l'Enic mantiene ancora l'affitto con l'Inps, ma le macerie stazionano ancora nell'atrio senza che nessuno le rimuova. Finalmente agli inizi di agosto si raggiunge un accordo tra la nuova gestione subentrata all'Enic e l'Inps perchè i lavori di ricostruzione del cinema inizino dopo ferragosto: dovranno interessare l'intera struttura e non solo la plafonatura, come si era pensato inizialmente, compreso il palcoscenico e l'impianto elettrico. Il ripristino sarà eseguito da una ditta scelta tra quelle che avranno presentato le migliori offerte e dovrà essere terminato nel giro di un paio di mesi, in modo da poter riaprire il cinema ad ottobre. Ma si arriva a metà settembre e tutto resta come prima, perchè il progetto è stato respinto dalla direzione generale dell'Inps, che chiede di rifarlo integralmente. A fine dicembre vengono licenziati anche gli ultimi due dirigenti rimasti, il direttore Garbagna ed il capo operatore Pastorio, mentre l'Eci firma con un contratto che la lega al proprietario, l'Inps, fino al 1964. Una situazione incomprensibile, che si sblocca solo per l'intervento del Prefetto alla fine di gennaio del 1958 che obbliga le parti a raggiungere un accordo per dare inizio ai lavori e completarli nel giro di 90 giorni. L'appalto è affidato alla ditta Giulio Pievani di Bergamo: i lavori prevedono il rifacimento del palcoscenico dotandolo di una diversa sagomatura, l'eliminazione della buca dell'orchestra, la sostituzione dell'illuminazione con tubi fluorescenti, la realizzazione della pensilina esterna e l'eliminazione dei rilievi marmorei dell'atrio.
Si decide anche di scegliere un nuovo nome, dopo “Littorio”, “Delle vittorie” ed “Enic”. Le proposte si sprecano: si va, con scarsa originalità, da ”Stradivari” a “Luigi Carini”, proposto da Umberto Sterzati, a “Centrale”, “Orfeo”, “Alle Muse”, “Parnaso” ed “Euterpe”, da “Torrazzo” a “Giuseppe Cremonini”, fino a quando un bel giorno, verso la metà di aprile 1958, compare la scritta “Roxy” con l'annuncio della riapertura sabato 26 aprile. Il film scelto per l'inaugurazione è “Domenica è sempre domenica” di Camillo Mastrocinque. Le maestranze hanno lavorato giorno e notte per arrivare puntuali all'appuntamento, trasformando l'atrio con pareti in legno pregiato e pelle, un nuovo soffitto ed un'illuminazione fluorescente. Il Roxy chiude per ferie nel 1980, senza più riaprire. Si parla di realizzarvi una galleria commerciale, ma la sera del 16 ottobre 1993 inizia la terza vita dell'ex cinema Enic, con l'inaugurazione della nuova sala, rilevata dall'imprenditore piacentino Giorgio Leopardi, per dedicarla ad Ugo Tognazzi. Alla proiezione del film “Sud” di Gabriele Salvatores, ci sono proprio tutti: da Paolo Villaggio, ad Ettore Scola, a Michele Placido, Francesca Neri a Diego Abatantuono, Pupi Avati, Edwige Fenech, Gillo Pontecorvo, Sandra Mondaini, Alessandro Benvenuti, Iaia Fiastri, Luigi Magni, Ruggero Mastroianni. Il nuovo locale è dotato di un migliaio di posti divisi in due sale da 450 e 550, schermo a resa fedelissima delle immagini, impianto dolby di ultima generazione, climatizzazione, spazi per i portatori di handicap. Grande hall, bar, servizio hostess per i ragazzi. Ma neppure questo basta a salvarlo ed agli inizi di luglio 2010 la società Roxy srl, proprietaria della multisala, comunica ufficialmente all'assemblea dei condomini l'intenzione di ripensare per il futuro alla destinazione dei locali. Ancora vuoti oggi, dodici anni dopo.
Nelle foto il cinema Tognazzi chiuso e l'incendio di 65 anni fa del cinema Enic (poi Roxy e quindi Tognazzi)
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