9 settembre 2023

La Casa S. Giuseppe e S. Lorenzo delle "Suore tedesche" in via Altobello Melone compie 120 anni. A volerle fu il vescovo Geremia Bonomelli nel 1903

Compie 120 anni di presenza a Cremona la Casa S. Giuseppe e S. Lorenzo delle Suore Carmelitane del Divin Cuore di Gesù, come annuncia lo striscione appeso in questi giorni nella sede di via Altobello Melone 3. L’inaugurazione vera e propria dell’Istituto, nella sede originaria di via Belvedere, avviene il 1 novembre 1903, dopo una breve permanenza nel palazzo di via Oscasali. Ad invitarle a Cremona era stato il vescovo Geremia Bonomelli, dopo una visita alla prima casa della Congregazione all’asilo San Giuseppe di Pappelallee a Berlino. Così, dopo il Natale del 1902, Madre Maria Teresa (al secolo Anna Maria Tauscher van den Bosch), accompagnata da un consorella, Suor Giovanna, partì alla volta dell’Italia, e dopo una fortunosa attraversata delle Alpi dovuta ad una grande nevicata, giunse a Cremona il 2 gennaio 1903, accolta dal segretario personale di Bonomelli, don Emilio Lombardi.

Il primo problema da affrontare fu il reperimento di un alloggio, che Lombardi trovò nel palazzo di via Oscasali 3, proprietà degli eredi della marchesa Ala Ponzone. Altro scoglio da superare fu la lingua, dal momento che nessuna delle suore parlava italiano, difficoltà che Lombardi aggirò rivolgendosi a Ernestina Ronconi, vicina d’alloggio delle religiose, nelle vesti di interprete. Il piccolo gruppo di suore, così diverse dalle altre per la loro cuffia e il loro soggolo particolarmente vistosi, e per la loro lingua di difficile comprensione, destava l’attenzione dei cremonesi e degli stessi preti diocesani che, per semplicità e brevità, presero a chiamarle “Suore tedesche”.

Nel frattempo restava ancora da risolvere il problema di una sede definitiva, che Madre Maria Teresa aveva individuato in un ampio stabile di via Belvedere, dove poter aprire un asilo per bambini abbandonati e una casa per lesse suore. Peccato che la casa fosse di proprietà dell’avvocato Ettore Sacchi, di sentimenti fortemente anticlericali, socialista e legato alla massoneria, tan’è vero che la diceria popolare raccontata distrarre e spaventose presenze in quella casa. Ma madre Maria Teresa non si lasciò intimorire e l’8 aprile 1903 scrisse di proprio pugno una lettera a Sacchi, che accettò la proposta di acquisto. Così ricorda la Madre l’inaugurazione: “Nella festa di Ognissanti, ci trasferimmo nel nuovo convento. Venne allestita una Cappella con grande zelo e grande gioia, e presto vi fu introdotto il SS. Sacramento. Ugualmente, il più presto possibile, la casa fu preparata per l’accoglienza dei fanciulli. Poche settimane dopo, tutte le grandi stanze erano ripiene di vispi bambini dagli occhi neri e dal cuore d’oro. Fu una grande gioia per me”. In un altro brano della lettera spiega quali fossero stati i sentimenti a guidarla nella sua missione: “Condotta qui dal grande amore all’Italia ed agli emigranti Italia, vidi subito quanto lavoro ci può essere anche per noi e quanto bene si potrà fare ai poveri ed i fanciulli dappertutto e specialmente intorno a Roma, dove regna così terribile la miseria. Quanti fanciulli buoni ed intelligenti ingombrano le strade davanti alla porta di S. Lorenzo, alla porta San Giovanni, ecc. Vi è forse un campo di lavoro più bello che quello dell’infanzia? Un lavoro più meritorio che quello d’innestare nelle anime dei fanciulli l’amore a Dio ed alla Chiesa? L’impartire una buona educazione a questi poveri fanciulli, i cui genitori sono occupati durante la giornata, ed il ritenerli presso di noi nel tempo lasciato libero dalla scuola, ecco lo scopo delle Case di S.Giuseppe. Ed una volta che si siano guadagnati i cuori dei fanciulli, per loro mezzo si riconducono poi alla Chiesa anche i loro genitori, dato il caso, come è purtroppo di tanti, che abbiano perduta la fede”. 

Il 4 gennaio 1904 Madre Maria Teresa lasciava Cremona alla volta di Roma e Rocca di Papa. I primi tempi di attività non furono facili, in quanto l’Istituto viveva in estrema povertà e gravato dai debiti, aiutato solamente dalle consorelle di Berlino e delle altre Case. Per questo motivo il 14 dicembre 1908 il vescovo Bonomelli ordinò l’espulsione della Congregazione da Cremona, in seguito ritirata dopo le rimostranze di Madre Alessandra Störmann, con la motivazione che si fosse trattato di un “malinteso”. Un nuovo rischio fu rappresentato per le “Suore tedesche” dalla minaccia di essere considerate “spie” del nemico durante la prima guerra mondiale, sventato poi con l’emanazione di un decreto che consentiva di assumere la cittadinanza italiana agli stranieri che fossero stati disposti a lavorare a favore della popolazione.

Nel 1916 apprendiamo dalla visita fatta dal vescovo Giovanni Cazzani che la comunità era costituita da 8 suore professe e 4 novizie ed ospitata 60 bambini tra i 2 i 12 anni. Questi ultimi verso la fine del 1919 furono colpiti dall’epidemia di “Spagnola” e 4 di loro morirono. Nel dopoguerra la casa fu visitata dalla Madre fondatrice Maria Teresa, che così la descrive: “Le suore d’Italia appettavano già da lungo tempo la nostra visita. La nostra prima tappa fu Cremona. Qui trovammo ancora ben sensibili le conseguenze della guerra. Le povere suore dovettero davvero patire. Esse mancavano di tutto. L’Italia non ha carbone proprio; e così, in quel tempo, per i poveri non c’era nè carbone, nè gas, nè legna per il riscaldamento e la cucina. La segatura di legno bruciava, anzi fumigava, sotto le grandi caldaie, dove cuoceva il cibo per gli 80 vivaci ragazzi che riempivano la casa fino al tetto. Naturalmente, la povera suora cuciniera era tutta avvolta da un alone, non di gloria, ma di densissimo fumo, e di fumo profumavano tutti i cibi, tanto dei bambini quanto delle suore. Queste conducevano a Cremona una vita di vero sacrificio. Per giunta, quasi nessuno mandava sussidi in Italia; perciò non restò loro che soffrire e pazientare, per molti anni. Questo fecero le ‘suore tedesche’, per amore dei bambini italiani, i ui padri, forse, combattevano al fronte contro i loro fratelli o i loro padri! Piene di tristezza e compassione, lasciammo Cremona e le nostre care suore con la loro schiera di fanciulli, e ci affrettammo all’ultima stazione del nostro pellegrinaggio: Roma e Rocca di Papa”.

Il problema maggiore era la mancanza di spazio a causa del numero sempre crescente di bambini da ospitare. Dopo aver tentato inutilmente di chiedere al demanio la disponibilità di uno spazio chiamato “Tettoia della Cavallerizza di San Pietro”, nel 1927 il parroco di S. Imerio don Luigi Brasca, grande amico dell’Istituto e presidente della Commissione di vigilanza, segnalò la disponibilità di un locale della sua parrocchia in via Altobello Melone, già adibito alla confezione di berretti e di ghette, ma abbandonato da anni e gravato da una forte ipoteca. Il fabbricato era proprietà degli eredi Colombi, ed era costituito da grandi cameroni con porticati e un ampio cortile. Le trattative per l’acquisto furono completate nel 1930 e lo stabile venne intestato alla “Fondazione per bambini abbandonati” con sede in Olanda, a Sittard. Da lì le “suore tedesche” non si sono più spostate, se non nel periodo dell’ultima guerra, quando furono temporaneamente sfollate nella “casa littoria” di Sospiro.

Fabrizio Loffi


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commenti


Ziglioli Piermoreno

9 settembre 2023 10:33

Sono stato in passato ospite del collegio e suor Maria Cecilia cesinaro nonostante la sua dipartita x me resterà sempre la mia suora

claudio

9 settembre 2023 19:58

Anch'io, per motivi di lavoro dei miei genitori, settan'anni fa, dal sabato sera, dopo l'uscita dall'Asilo Aporti, sino al lunedì mattina, prima del'entrata alla stesso, dove ci attendeva la mitica Maestra Mainardi ed i giorni festivi, ero ospite "pagante" dell'Istituto, oltre che per tre mesi in colonia a Clusone. Sempre con amore e rimpianto ricordo Suor Romana (Deker?), che quando accompagnava i piccoli suoi ospiti, passando da casa mi richiedeva alla mamma per poi accompagnarci tutti in fila, cantando "...siamo tutti orfanelli..." nei campi circostanti l'argine (allora ancora argine) di Panizza a giocare. Bei tempi della mia fanciullezza!!!!!!!!!!!! Permettetemi un ultimo commovente aneddoto: da adulto, quando incontravo Suor Romana, ormai anziana, mi riconosceva e si ricordava visivamente perfettamente dei miei genitori e di me, ma mai del mio nome, ero Giuseppe, Luigi , Francesco, Roberto ecc.

Ivano

22 gennaio 2024 19:33

Leggo commenti positivi e mi fa piacere, io ospite dell'istituto 1946-1955, ho un bel ricordo di Clusone, il resto.....meglio dimenticare!!