22 luglio 2025

"Tra piene e secche il silenzio assordante della politica sul fiume", così al summit delle Cittaslow d’Acqua Dolce a Pieveottoville (Parma)

Disegnare insieme un futuro sostenibile per i territori d’acqua, e del Po in particolare. Lungo un fiume che deve essere rispettato, migliorandone la gestione e tenendo conto di problemi annosi come quelli legati alla grave crisi dei ghiacciai, all’inquinamento ed ai conflitti tra portatori di interesse.

Questi alcuni dei temi principali affrontati al teatro “Angelo Frondoni” di Pieveottoville (Parma), nel fine settimana appena trascorso, in occasione del  secondo Summit Internazionale delle Cittaslow d’Acqua Dolce, col futuro del Grande fiume  al centro di un dialogo globale con che ha coinvolto anche le Cittaslow da Australia, Cina e Turchia. Autorità di bacino, docenti universitari, esperti e sindaci della rete mondiale delle Cittaslow si sono confrontati insieme per disegnare insieme un futuro sostenibile per i territori d’acqua: “sempre più convinti che l’acqua sia un bene prezioso, da rispettare e proteggere – ha detto il presidente di Cittaslow International Mauro Migliorini che ha aggiunto che - Le Cittaslow-rete internazionale del Buon vivere, hanno ben presente la problematica che a fronte dei cambiamenti climatici coinvolge i fiumi i laghi ed anche a valle il mare del quale ci siamo occupati all’ultima Assemblea a Wando in Sud Corea”.

Per il cremonese era presente il sociologo Mauro Ferrari di Piadena, ma sarebbe stato auspicabile certamente un maggior coinvolgimento di Enti lombardi e cremonesi per l’importanza dei temi trattati così come sarebbe auspicabile che, proprio per migliorare il confronto e trovare soluzioni condivise, anche un po’ di Comuni cremonesi che vivono e operano lungo corsi d’acqua (e sono tanti) entrassero quanto prima tra le Cittaslow d’Acqua dolce. Anche la politica deve fare la sua parte e deve riservare al fiume, alle sue problematiche e al suo futuro, una maggiore attenzione. Non lo sostiene solo chi scrive queste righe (che lo ribadisce inutilmente ed inascoltato da anni) ma lo ha detto anche uno che il politico lo fa a tempo pieno ed è stato Andrea Massari, ex presidente della Provincia di Parma, oggi consigliere regionale dell’Emilia Romagna nelle fila del Pd. Massari ha evidenziato come la politica si interessi del fiume nei diversi momenti di emergenza, come possono essere le piene e le secche, ma non quando il Po è in condizioni normali e ordinarie. “In quei periodi (e sono lunghi) che intercorrono tra piene e secche – ha lamentato – la politica va in un silenzio assordante”. Detto da un politico, questo, fa chiaramente un certo effetto e c’è da aggiungere che era ora che qualcuno, con chiarezza e senza veli, lo dicesse senza mezzi termini sottolineando anche come in condizioni di ordinari età la politica sembra essere più impegnata a competizioni ed a sollevare polemiche. Meno polemiche e più risultati, aggiunge chi scrive queste righe: meno chiacchiere e più fatti,, col timore più che fondato che ancora una volta l’appello cadrà nel vuoto. Massari ha anche indicato, per l’immediato futuro, un maggiore confronto con gli atenei avendo come pinti cardine l’identità, la riscoperta e la resilienza dei territori. Pier Giorgio Oliveti, segretario generale di Cittaslow International ha invitato quindi a “conservare il patrimonio, anche ambientale, che c’è a nostro beneficio mentre Paolo Angelini del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e Capo della Delegazione italiana in Convenzione delle Alpi, ha rimarcato i conflitti che esistono tra chi utilizza l’acqua per scopi agricoli, energetici e turistici sottolineando la necessitò di favorire soluzioni legate alle gestione idrica anche tenendo conto deli fatto che da alcuni anni la piovosità è diminuita ed ha indicato anche l’importanza di promuovere la cooperazione transnazionale orientata ad uno sviluppo sostenibile a capace di favorire la cosiddetta ingegneria naturale lamentando anche il fatto che “nelle misure di adattamento ai cambiamenti climatici le amministrazioni locali sono lasciate eccessivamente sole”. A proposito di cambiamenti climatici, il professor Walter Maggi, glaciologo e presidente del Comitato Glaciologico Italiano e professore all’Università Milano – Bicocca, ha portato l’attenzione dei presenti alla crisi che da anni attraversano i ghiacciai e, rilevando il fatto che la temperatura del pianeta a livello globale si sta alzando, ha rimarcato che questo “impatta su tutto”. “Venticinque giorni fa – ha detto Maggi – lo zero termico sulle Alpi era a 5mila e 400 metri di quota. Tutto questo crea un impatto mostruoso sui ghiacciai che si stanno ritirando. Si tratta di un problema che va avanti da decenni e e che, specie nella stagione estiva, porta ad una considerevole perdita di massa che finisce in torrenti e fiumi e tra i fiumi principali che ricevono acqua dai ghiacciai c’è il Po. A marzo 2022 (l’anno della storica magra del Grande fiume) non c’era già più neve sulle Alpi e tutti i ghiacciai hanno iniziato a ritirarsi perdendo più del doppio di quanto perdono normalmente.  Se quell’anno il Po, che pur era in condizioni di grande magra, aveva un minimo di acqua, un grande contributo è stato dato proprio dai ghiacciai oltre che dall’acqua di falda”. Ma, in parole povere e semplici, se perdiamo in ghiacciai, perdiamo anche l’acqua in Po e, di questo passo, secondo le stime del professor Maggi e del Comitato Glaciologico Italiano, tra il 2050 ed il 2060 il 50 per cento dei ghiacciai alpini potrebbero sparire e la percentuale potrebbe addirittura salire all’80 per cento entro il 2100, con la conseguenza di una grave perdita della quantità d’acqua nei fiumi e nei torrenti italiani, con gravi perdite  anche sugli ecosistemi. Un problema dalla gestione assai complicata che richiede non solo una presa di coscienza ma decisioni e fatti da parte di tutti, perché parlarne e basta non serve. Alle parole del professor Maggi hanno fatto seguito quelle dell’ingegner Andrea Colombo, segretario generale (facente funzioni) dell’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po che ha illustrato caratteristiche, scopi e funzionamento della  Riserva Mab Unesco Po Grande, di cui Autorità di bacino distrettuale del fiume Po è Segreteria Tecnica. Riserva che è stata riconosciuta ufficialmente il 19 giugno 2019 e si pone in un’area centrale e strategica, rappresentando un’opportunità di connessione importante con gli altri siti presenti lungo l’asta Po e suoi affluenti. In particolare, l’ingegner Colombo  ha parlato del progetto di rinaturazione del fiume Po, finanziato con 357 milioni di euro del Pnrr, che mira a ripristinare l'habitat fluviale e migliorare la biodiversità lungo il corso del fiume. L'obiettivo principale è ridurre l'artificialità dell'alveo e promuovere un equilibrio tra attività umane e processi naturali. Il progetto coinvolge le regioni Emilia-Romagna, Piemonte, Lombardia e Veneto, e prevede interventi per il ripristino della naturalità dell'ambiente fluviale, l'incremento della funzionalità ecologica e la conservazione di aree naturali. A proposito di aree naturali, della loro funzionalità e dei problemi che li investono, ecco che il professor Marco Bartoli del Dipartimento di Scienze chimiche , della vita e della sostenibilità ambientale dell’Università degli studi di Parma ha evidenziato che l’uso eccessivo di fertilizzanti porta a gravi perdite per l’ambiente: “la sovrafertilizzazione del territorio – ha spiegato – aumenta l’inquinamento. Una agricoltura d’eccellenza – ha continuato- non deve mettere in crisi le risorse da cui dipende”. In particolare ha osservato come le erosioni del terreno peggiorino la presenza di azoto nelle acque così come è sensibilmente aumentata la presenza di fosforo nel suolo. Per quanto riguarda quest’ultimo elemento, da anni viene evidenziato che l’inquinamento da fosforo sta soffocando laghi e corsi d’acqua e l'eccesso di fosforo nel suolo, spesso causato da pratiche agricole intensive, può portare a inquinamento ambientale, in particolare attraverso il dilavamento verso le acque superficiali e sotterranee, causando eutrofizzazione e danni agli ecosistemi acquatici. Ecco quindi che ha indicato la necessità di prevenire le erosioni, migliorare la qualità delle acque e quindi preservare la biodiversità. Gli ha fatto eco il suo collega professor Rossano Bolpagni dello stesso Dipartimento di scienze chimiche, della vita e della sostenibilità ambientale dell’Università di Parma rimarcando con forza che la biodiversità dei sistemi acquatici è fondamentale per il mantenimento degli ecosistemi. In particolare, quelli d’acqua dolce stanno subendo effetti molto negativi per il mantenimento della biodiversità e, a sua volta, il professor Bolpagni ha ribadito che il Po, tramite i terreni, riceve azoto e fosforo dai contesti agricoli con inevitabili e pesanti danni. Ecco quindi che, in questo senso, tra le operazioni che si stanno facendo va considerato di estrema importanza il progetto di Rinaturazione del fiume Po proprio perché mira a ripristinare l'habitat fluviale ed a migliorare la biodiversità lungo il corso del fiume. Una sfida importante, per il benessere di tutti, che deve vedere anche Cremona e gli Enti cremonesi, in prima fila, a beneficio del fiume, dei nostri territori e, di fatto, della nostra salute: contro tutti quelli che, aggiunge chi scrive queste righe, in nome del vil denaro (che nessuno, giusto ricordarlo, si porta nella fossa) non hanno alcuna considerazione verso il benessere (a partire dalla salute) delle nostre comunità fluviali (e non).

Eremita del Po

 

Paolo Panni


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