La Lombardia perde l'Acquario del Po di Motta Baluffi. Tante parole, nessun aiuto. Vitaliano e Roberta chiudono dopo 17 anni
Fare turismo e cultura sul Grande fiume, specie dopo la pandemia, dovrebbero essere assi nella manica da mettere in campo per una ripresa vera, costruita sui fatti e non sulle parole, creando nuove occasioni di lavoro e di sviluppo a favore dei giovani, per il bene di tutto il territorio. Purtroppo, però, troppo spesso si continua e perdersi fra molte parole e pochi fatti, ma anche tra cavilli burocratici che, anziché favorire chi crede e scommette nelle potenzialità di un territorio, finiscono per frenare, se non addirittura spegnere, capacità e idee.
Fare cultura e turismo sul Po non è solo possibile, ma necessario. Sono passati due anni da quando il tratto medio padano del Po ha ottenuto, a Parigi, nella sede dell’organizzazione delle Nazioni Unite, il riconoscimento di Riserva Mab Unesco Po Grande, grazie al progetto coordinato dall’Autorità Distrettuale del Fiume Po e sostenuto dal ministero dell’Ambiente e dal Governo.
Solo pochi giorni fa, molto giustamente per altro, il segretario generale dell’Autorità Distrettuale del Fiume Po-Ministero della Transizione Ecologica Meuccio Berselli, in una intervista in esclusiva rilasciata a Cremonasera.it, tra le altre cose, diceva: “Il potenziamento delle opportunità per favorire un turismo slow sul Grande Fiume per l’Autorità Distrettuale del Po e soprattutto per la Riserva MaB Po Grande é un imperativo da concretizzare concertando e mettendo a sistema ricchezze locali, valori ambientali, storici architettonici ed economici di tutte le aree che ne fanno parte integrante ed attiva. Puntiamo ad un mosaico colorito in cui ogni tessera locale ed unica possa ravvivare grazie alla sua peculiarità distintiva il quadro complessivo”.
Ma il mosaico, purtroppo, ha perso un tassello prezioso, e anziché fare passi avanti se ne è fatto uno, pesante, indietro.
Cremona e la Lombardia hanno perso l’Acquario del Po, realtà culturale e turistica unica nel suo genere che da quasi vent’anni aveva sede nella piccola Motta Baluffi. Un progetto lungimirante, nato sotto i migliori auspici, anche con sfarzo, come spesso accade nella nostra ”italietta”: ma alla fine tramontato dopo una agonia che era fin troppo evidente. E pensare che l’Acquario del Po, numeri alla mano, ha portato in diciassette anni qualcosa come cinquantamila visitatori/turisti in un minuscolo comune della pianura cremonese che arriva forse a fare mille abitanti, a contarli tutti. Ha portato il nome di Motta Baluffi su tutte le principali televisioni nazionali (e non), su un numero incalcolabile di quotidiani e periodici. Questo grazie all’intraprendenza dei suoi gestori, Vitaliano Daolio e Roberta Panizza. Due innamorati del fiume; un uomo e una donna che sul Po hanno costruito il loro nido familiare, hanno investito tempo e denaro, hanno creduto e credono tuttora nelle sue risorse e nelle sue potenzialità.
Due eremiti, non per il fatto di vivere in una cascina isolata in golena, ma per il fatto di essersi spesso trovati a predicare nel deserto, a lottare contro i mulini a vento, sentendosi circondati da tante parole, tanti complimenti, ma pochissimi fatti. A Motta Baluffi, all’Acquario, in diciassette anni sono passati politici di ogni ordine e grado, di destra, sinistra e centro, tanti incravattati dal deretano piatto e pelato come li definisce, senza paura alcuna, il sottoscritto. Molti di loro hanno speso fiumi di parole e paroloni, hanno fatto belle promesse e usato frasi, più o mano fatte, a dismisura. Ma oggi, l’Acquario ha chiuso. E non si dia la colpa al Covid, per tanti divenuto la scusa buona, o il capro espiatorio, per giustificare le proprie manchevolezze e le proprie incapacità. Il Covid ha solo contribuito, in parte, a mettere la parola “fine” ad una realtà che era di straordinario interesse. Nella quale non si è creduto abbastanza, lasciando spesso soli ed isolati Vitaliano e Roberta.
La chiusura dell’Acquario non è una sconfitta di Motta Baluffi, non è nemmeno la sconfitta di Vitaliano e Roberta. E’ una perdita per Cremona (dove anni fa si era parlato, con progetti alla mano, di realizzare una struttura simile a quella di Motta Baluffi nei pressi delle Colonie Padane, ma come spesso accade le carte dei progetti sono finite a far polvere negli scaffali di qualche armadio), per la Lombardia e per tutti quelli che credono nelle potenzialità del Grande fiume e lo amano.
Per un Comune piccolo come quello di Motta Baluffi, le spese, anche per la necessaria messa a norma dell’Acquario, erano proibitive e la burocrazia, purtroppo, non è stata d’aiuto.
“A noi – ha detto Vitaliano Daolio – dispiace tantissimo; abbiamo lavorato diciassette anni, abbiamo visto passare quattro amministrazioni e abbiamo cercato in tutti i modi di tenere viva questa realtà unica nel suo genere. Ma ora, a fronte anche delle normative in vigore, che sono per altro molto chiare, non è possibile andare avanti”. Si tenga anche conto che la struttura, per quanto comunale, si trova in una cascina privata ed anche in questo le normative non aiutano.
“Noi – ha detto ancora Daolio – ringraziamo tantissimo la famiglia Bresciani, proprietaria della cascina, che negli ultimi dieci anni ha addirittura messo a disposizione gratuitamente l’edificio che ospita l’acquario”. Ma anche questa disponibilità non è stata sufficiente; le spese sono troppe e le regole vigenti non aiutano. Per un Comune piccolo, dove far quadrare i conti è impresa talvolta colossale, non è semplice. Gli Enti sovraordinati (come vengono definiti dai politicanti) avrebbero potuto fare di più, con i fatti? Sicuramente sì, ma troppo spesso mancano i fatti e con le parole non si va da nessuna parte. Del turismo fluviale ci si è spesso riempiti la bocca, si sono riempite le pagine dei giornali e si sono organizzati fior di convegni. Ma i fatti sono ancora pochi.
“In Lombardia – ammette Vitaliano Daolio – manca una progettualità legata al Grande fiume”.
Parole pesanti come un macigno, dette da chi al fiume ha dedicato e sta dedicando la vita, la salute e il cuore. Sul fiume, Vitaliano e Roberta hanno scelto di sposarsi, di vivere e di investire. Continueranno a farlo, perché chi ama il fiume, chi lo vive e lo narra, non lo lascia mai.
“Il nostro auspicio – afferma Vitaliano – è che i nostri 17 anni di esperienza sul Po e la nostra idea di Acquario non vadano perse e possano comunque continuare”.
Non tutto, quindi, è perduto? Sicuramente il riconoscimento di Riserva Mab Unesco Po Grande che interessa tutta l’area mediana del Po può e deve permettere di guardare avanti con rinnovata fiducia, eliminando finalmente ogni forma di campanilismo.
“I campanili – osserva Vitaliano – devono servire soltanto per capire dove ti trovi quando sei in mezzo al fiume. Per tutto il resto devono essere messi da parte. L’auspicio è che tutte le realtà turistiche, museali e culturali delle due sponde facciamo finalmente rete, si mettano in collegamento tra di loro, anche con progetti concreti a livello di navigazione”.
Solo così il turismo fluviale potrà diventare una realtà, con i fatti. Portando nuove occasioni di sviluppo, rinnovate possibilità per i giovani, benefici reali ai nostri territori. Così i campanili potranno servire, con il melodico suono delle loro campane, anche a salutare una nuova rinascita delle nostre terre e si potrà dire, tutti insieme, riprendendo le parole di Giovannino Guareschi, che si sta meglio qui, su questa riva: e non importa, aggiunge il sottoscritto, se la riva è quella destra o quella sinistra.
Eremita del Po
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commenti
Paolo
15 giugno 2021 12:41
I politici e i partiti sono interessati a lavori ed a imprese,importante pero' che si movimentino ingenti somme di denaro,e con questo non voglio dire oltre.Chi vuol capire capisca.