27 gennaio 2024

La storia di Vittorio Finzi letterato e bibliotecario capo della Biblioteca di Cremona. Ebreo, fu costretto a firmare il suo ultimo libro con lo pseudonimo di Vittorino Finni

Pubblichiamo una ricerca sul direttore della Biblioteca di Cremona, Vittorio Finzi, costretto a pubblicare il suo ultimo libro con lo pseudonimo di Vittorino Finni. Lo scritto è del collega Angelo Locatelli, purtroppo portato via dalla prima ondata di Covid.

Si chiamava Vittorio Finzi ma, in quanto ebreo, fu costretto a pubblicare il suo ultimo libro con lo pseudonimo di Vittorino Finni. Un diminutivo ed una doppia “n” per celare le vere origini evidenziate dal cognome. La pubblicazione in oggetto era dedicata a due personaggi cremonesi, due tipografi del periodo in cui la stampa era ancora in fase evolutiva. Il titolo: “Pietro e Tommaso Piasi, tipografi cremonesi del secolo XV”. Naturalmente il lavoro non venne affidato ad una tipografia locale in quanto tutto, in quel periodo, era sotto il diretto controllo di Farinacci. L’argomento avrebbe, inoltre, attirato subito l’attenzione del gerarca molto attento a tutto quanto veniva pubblicato.

Per aggirare l’ostacolo, imposto con numerose altre limitazioni nel 1938 alla popolazione di religione ebraica, Finzi ricorse al nominato pseudonimo e a “Bibliopolis”, Libreria Antiquaria Editrice di Firenze. Era il 1941. Naturalmente la cosa non passò inosservata dato il titolo “cremonese”. Il personaggio era molto conosciuto negli ambienti culturali di città e provincia dato il ruolo di bibliotecario capo presso la struttura cittadina e le altre pubblicazioni dallo stesso eseguite. Non si sa se e quali fossero le ritorsioni, data la tarda età del Finzi.

Egli, letterato di valore di religione ebraica, lavorò più di vent’anni presso la Biblioteca Governativa di Cremona dove pure rivestì la carica di bibliotecario capo. Egli si era coniugato con la correligionaria Silvia Jona (o Iona); rimasto vedovo prese in moglie Novella Miotti. Alla data del decesso, avvenuto nel 1942, abitava al n. 5 di Viale Margherita.

Nei primi anni di residenza in città profuse il proprio impegno nella valorizzazione della nominata biblioteca. Un appunto sulla sua scheda personale accenna, praticamente, all’incuria in cui venne lasciata la biblioteca stessa nel periodo immediatamente successivo al suo mandato. Egli riscoprì, come aveva fatto altrove, vecchi codici o scritti di personaggi degni di essere tramandati nella storia. La sua prima pubblicazione “cremonese” è del 1919 e ha per oggetto gli incunaboli della Biblioteca civica; l’ultima, del 1941, sarà quella firmata con uno pseudonimo a causa delle leggi razziali antiebraiche.

Il Finzi era nato a Mantova da genitori ebrei, Angelo e Rachele Cuzzeri, il 15 ottobre 1860. Volendo frequentare la Facoltà di Giurisprudenza, optò per l’Università di Bologna. Dalla sezione dell’Archivio Storico dello stesso istituto risulta che, in data 2 luglio 1882, ventunenne, presentò la sua tesi su un argomento d’avanguardia per il periodo intitolata: “Della condizione giuridica della donna maritata e del suo desiderabile miglioramento”. In seguito, fino al 1885, frequentò l’Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze fondato, con apposito decreto Ricasoli-Ridolfi, nel 1859. Il 1° aprile 1883 entrò nei ruoli delle biblioteche governative come sottobibliotecario e, per alcuni anni, lavorò presso la Biblioteca Estense di Modena.

La sua prima pubblicazione, in ordine di tempo, consiste nella traduzione in prosa del poema trecentesco “De lapidibus praetiosis” attribuito a Mardobo vescovo di Rennes. La Biblioteca Governativa di Lucca divenne il suo nuovo luogo di lavoro dal 1892 /1893. In detta città collaborò con Eugenio Boselli, persona di grande cultura che, dal 1887 alla morte avvenuta nel 1920, aveva lavorato presso la Biblioteca Nazionale di Firenze e, in qualità di direttore, alla Biblioteca Universitaria Alessandrina di Roma e alla Biblioteca Sta- tale di Lucca.

Il Finzi, nel 1893, curò la pubblicazione di un inedito codice estense volgarizzato dell’ “Imago Mundi” di Onorio D’Autun pubblicato l’anno seguente su “Zeitschrift für Romanische Philologie”, una rivista sulla quale compariranno alcuni suoi saggi. Lo stesso anno manderà in stampa “Il pianto della Vergine” contemplato in due codici lucchesi e attribuibile, forse, al maestro Antonio da Ferrara. Lettere e sentenze di Caterina de’ Ricci vedranno la luce l’anno successivo tramite l’Ufficio della Rassegna Nazionale di Firenze. Nel 1896, Vittorio Finzi, diede alla stampa un contributo all’edizione critica di codici Jacoponici lucchesi e un inedito poema sincrono sull’assedio di Lucca dell’anno 1430. Nello stesso 1896, egli venne nominato sottobibliotecario di 2a classe. Due anni dopo pubblicava notizie storiche sulla Biblioteca Estense di Modena, su due Bibbie Maguntine ivi conservate e notizie su Francesco Quercente ignoto umanista del secolo XV. Per le capacità dimostrate, per la stima guadagnata nella pianificazione dei lavori e per l’impegno culturale, che già dal 1897 lo vedeva tra gli associati alla Società Bibliografica Italiana, nel 1900 venne nominato direttore reggente della Biblioteca Universitaria di Sassari. L’anno prima, a Lucca, nella rivista di “Studi giuridici”, aveva dato alle stampe alcune considerazioni su “Francesco Carrara e la campagna per l’abolizione della pena di morte”; il testo venne steso in occasione delle onoranze funebri di que- st’ultimo, in relazione di amicizia e stima con il Finzi. A Sassari si distinse per la serietà e l’impegno a riprova dei quali stanno alcune sue pubblicazioni apparse sulle riviste “Studi sassaresi”, “Archivio Storico Sardo” o tramite tipografie diverse. Importanti, nel 1901, le sue analisi, da esperto in giurisprudenza, sulle “Questioni esplicative della carta de Logu”. Seguirono altre pubblicazioni: sull’origine della chiesa - convento dei minori conventuali di Bottida (1905); su un privilegio inedito concesso alla città di Oristano il 12 agosto 1479 da Ferdinando II il Cattolico (1905); su “I sardi pelliti”(1907); sugli statuti della Repubblica di Sassari (1909 e 1911); sulla vita e sulle opere di Pasquale Tola; su una Bolla inedita di Papa Clemente VIII del 1597 (1912).

Nel 1912, passò alla direzione della Biblioteca governativa di Cremona succedendo a Giulio Monti che aveva ricoperto detto incarico dal 1905. Dopo anni di sacrifici che lo videro dimorare per lavoro in diverse regioni d’Italia, tornò in Lombardia, in una provincia confinante con quella della nativa Mantova. Dopo quattro anni, nel 1916, venne promosso sottobibliotecario di 1ª classe. La prima pubblicazione locale, come accennato, risale al 1919 e ha per oggetto gli incunaboli della biblioteca Civica. La riforma del 1923 lo portò a rivestire la qualifica di bibliotecario. Nel dicembre dello stesso anno venne promosso bibliotecario capo.

L’attenzione al suo lavoro lo portò a partecipare, nel 1929, al 1° Congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia. L’anno successivo fu tra i primi iscritti all’Associazione Italiana Biblioteche, istituzione alla quale resterà iscritto finché gli fu permesso dalle leggi razziali antiebraiche del 1938. Dopo un vuoto di dodici anni (il Finzi ne aveva compiuti settanta) nel 1931, giunsero due pubblicazioni destinate al “Bollettino storico cremonese” e alla divulgazione tramite stampa dell’U-nione Tipografica Cremonese del Bignami. Si tratta di scritti di personaggi cremonesi del ‘400: Alberico Chizzoli, filosofo, e Nicolò Lugari, umanista. Il 1933, fu l’anno del pensionamento, ma Vittorio Finzi continuò a pubblicare sul “Bollettino Storico Cremonese” con il quale aveva iniziato a collaborare nel 1931. Seguirono importanti saggi su tipografi cremonesi del ‘400 che avevano contribuito efficacemente alla diffusione della stampa: Antonio Strada (1935), Bartolomeo da Cremona (1937), Pietro e Tommaso Piasi (1941), l’ultima pubblicazione del Finzi firmata con lo pseudonimo purtroppo mancante presso la biblioteca cremonese. Qualche anno prima, aveva pubblicato senza pregiudizio, alcuni pezzi sulla rivista fascista “Cremona”.

Vittorio Finzi morì a Cremona il 10 febbraio 1942.

 

Angelo Locatelli


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