Nicolò Sfondrati, Papa Gregorio XIV, nasceva 490 anni fa. Fu l'unico vescovo Cremonese a salire al soglio pontificio. La sua storia e quell'errore nel nome sul cartello della via a lui intitolata
L’11 febbraio di 490 anni (nel 1535) fa nasceva, a Somma Lombardo, Nicolò Sfondrati, (figlio di Francesco, conte di Riviera, discendente di una delle più nobili famiglie cremonesi, e di Anna Visconti dei Signori di Somma) che in futuro divenne papa col nome di Gregorio XIV dopo aver retto la diocesi di Cremona. Ad oggi l’unico vescovo di Cremona ad essere salito al soglio pontificio. Della stessa Cremona fu vescovo anche Francesco Sfondrati (padre di Nicolò) che, dopo essere rimasto vedovo, e dopo una importante carriera da giurista e senatore, abbracciò lo stato clericale, divenne cardinale nel 1544 e, dopo avere occupato altre sedi episcopali, nel 1550 venne trasferito proprio alla diocesi di Cremona dove fu praticamente una “meteora”; infatti morì improvvisamente due settimane dopo la presa di possesso.
Per quanto riguarda invece la figura di Nicolò, questi, appena quattordicenne, il 21 marzo 1549, subentrò al padre nella dignità di abate commendatario del monastero olivetano di Civate e il 20 giugno 1552, a soli diciassette anni fu chiamato da Filippo II a far parte del Senato milanese, il supremo organo politico-amministrativo del Ducato di Milano. La nomina era certamente espressione della benevolenza dimostrata da Filippo II nei confronti del figlio di un autorevole personaggio, il quale aveva, a suo tempo, goduto della fiducia di Carlo V. A questi sentimenti di benevolenza il giovane Niccolò non esitò del resto ad appellarsi qualche anno più tardi, nel 1557, quando il cardinale Federico Cesi, allora titolare della diocesi di Cremona (nella quale, per inciso, mai mise piede), si dimostrò disposto a cedere al giovane abate quel seggio vescovile in precedenza occupato dal padre.
Filippo II appoggiò questa candidatura, non solo perché gli Sfondrati rappresentavano una famiglia la cui fedeltà alla Corona era stata ampiamente dimostrata, ma anche perché, come doveva specificare al proprio rappresentante presso la Santa Sede, il cardinale F. Pacheco, la preparazione, le qualità personali e la vita esemplare del candidato gli erano note sin dall’epoca della sua nomina a senatore. Ma a dispetto delle insistenti pressioni della diplomazia spagnola (o, forse, proprio a causa di esse), papa Paolo IV non si dimostrò disposto a concedere al troppo giovane Nicolò la dispensa necessaria per ricevere la consacrazione episcopale. La nomina sarebbe venuta soltanto dopo la morte di papa Carafa, il 3 marzo 1560, all’inizio del pontificato di Pio IV, il cui cardinale nipote era proprio quel Carlo Borromeo con il quale Sfondrati era già da anni in relazione ed al quale sembra fosse legato da non meglio specificati vincoli di parentela.
Fu lo stesso Carlo Borromeo a consacrarlo vescovo mentre nel 1583 papa Gregorio XIII lo creò cardinale. Per quanto riguarda il periodo del suo episcopato a Cremona, va ricordato che nel 1566 eresse il Seminario diocesano ma non vanno dimenticati nemmeno i suoi contrasti con il capitolo della Cattedrale. Risollevò le scuole della dottrina cristiana già esistenti a Cremona per l'istruzione dei fanciulli ed ebbe particolare anche per le comunità religiose femminili, dove l'intervento contro l'indisciplina trovava spesso ostacoli nelle influenti famiglie delle fanciulle mandate nei monasteri quando non potevano essere avviate al matrimonio. Monsignor Sfondrati, che partecipò attivamente al Concilio di Trento, ripristinò la rigorosa osservanza della clausura e impose il rispetto della disciplina regolare. Nelle situazioni più gravi fu costretto ad agire anche con severità, come nel caso della badessa del monastero di San Quirico, che nel 1565 si oppose alla visita episcopale e fu quindi sospesa dalla carica.
Al fine di riportare l'ordine dove era più compromesso, nel 1571 lo Sfondrati chiese e ottenne un breve pontificio che gli conferì la facoltà di affidare il governo di benedettine e di clarisse a religiose, dello stesso o anche di altro ordine, da lui designate. In questo senso si avvalse dei nuovi ordini religiosi nati nella temperie spirituale pretridentina. Nel 1566, chiamò a Cremona i cappuccini; nel 1570, grazie ai suoi antichi legami con il Sauli, in quel momento preposito generale dell'Ordine, chiamò i barnabiti ad aprire il collegio di S. Giacomo; nel 1579 ottenne, con non poca fatica, che vi si istallassero i teatini, a disposizione dei quali mise il convento di Sant’ Abbondio, mentre dal 1561 consegnò ai somaschi la chiesa di San Geroldo per ospitare, nell'edificio adiacente, un orfanotrofio e nel 1583 affidò loro anche la chiesa parrocchiale di S. Lucia. Del tutto fallimentare fu, invece, il tentativo di portare in città i Gesuiti.
Il 5 dicembre 1590, dopo un conclave durato quasi due mesi, Nicolò Sfondrati fu nominato Papa e, in omaggio proprio alla memoria di Gregorio XIII che lo creò cardinale assunse il nome di Gregorio XIV. Apertosi la sera del 6 ottobre 1590, il conclave si concluse il 5 dicembre successivo con l’elezione, appunto, del vescovo di Cremona, dopo che le candidature dei soggetti più quotati erano naufragate una dopo l’altra. Fu il 229esimo papa della Chiesa cattolica ed il 137esimo sovrano dello Stato Pontificio e morì a Roma il 16 ottobre 1591, anno che fu per altro funestato da una grave pestilenza ed in quella circostanza lo Sfondrati si adoperò largamente in elemosine ed aiuti e favorì anche l’apertura di lazzaretti per gli appestati. Nel soccorso agli ammalati si distinsero Camillo de Lellis e i suoi confratelli, nonché il giovane Luigi Gonzaga il quale, spinto dal suo ardente spirito di carità, finì con il contrarre il morbo, morendo a soli ventitré anni. In terra di fiume, a Pieveottoville di Polesine Zibello, allo Sfondrati è dedicata una via, un fatto che è presto spiegato. Infatti Nicolò Sfondrati, nel 1576, stanziò più volte e periodicamente in paese dove eresse un ospedale detto “dell’Amor di Dio”. L’alto prelato era solito soggiornare in quella signorile villa, tuttora esistente e denominata Villa Rastelli, che sorge a due passi dalla chiesa collegiata di san Giovanni Battista.
Si tratta di un palazzo dal corpo quadrato che culmina in una modesta colombaia ottagonale ed è coronato da grossi comignoli merlati. Il fabbricato è a due piani e pare che, in passato, fosse anche circondato da un fossato e dotato di un modesto ponte levatoio. Internamente è privo di decorazioni e gli ambienti sono piuttosto modesti, e tutti a travatura. Il caseggiato è molto antico e fu dei Marchesi Pallavicino che lo destinarono a sede del loro amministratore o luogotenente. Nel tempo l’edificio ebbe parecchi passaggi di proprietà e, per un lungo periodo, fu della famiglia Frondoni prima di passare alla storica famiglia Rastelli. Leggenda vuole che vi abbia alloggiato anche san Luigi Gonzaga (figura legata a quella di papa Gregorio XIV, come già evidenziato, per la pestilenza del 1591) . Monsignor Sfondrati, allora vescovo di Cremona, come ricorda lo storico locale ed ex sindaco Gaetano Mistura, compì a Pieveottoville due visite pastorali, una nel 1576 e l’altra nel 1583: già nella prima visita promosse e dettò norme regolamentari per la gestione dell’Opera Pia “Spedaletto dell’Amor di Dio”, che all’epoca era ancora in una fase embrionale, mentre nella seconda visita redasse un vero e proprio statuto, del quale purtroppo si perse l’originale essendo andato distrutto a causa di un incendio sviluppatosi negli ambienti della Curia Vescovile di Cremona nel XVII secolo. La Pia istituzione, come ricorda ancora Gaetano Mistura, raggiunse nel tempo un patrimonio fondiario, e non solo fondiario, ragguardevole con il quale si potevano sostenere molte persone bisognose del paese.
Dopo il secondo conflitto mondiale, le finalità statutarie dell’Amor di Dio, anche a seguito delle provvidenze statali introdotte in proposito, nonché la perdita di valore dei fondi rustici e dei loro prodotti, esaurirono la loro valenza sociale. Per tale ragione gli amministratori dello “Spedaletto dell’Amor di Dio e della “Casa di riposo S. Lucia”, entrambi tuttora impegnati nel sostegno delle persone più fragili, all’inizio di questo secolo, intesero fondere i loro statuti e le loro finalità, ma la secolare istituzione voluta dall’Arciprete Frondoni e consolidata da Mons. Nicolò Sfondrati continua a sopravvivere. Sempre secondo Mistura, è lecito supporre che tra il prelato cremonese e la famiglia Frondoni, che aveva dato alla parrocchia pievana due sacerdoti (Vincenzo ed Ippolito, zio e nipote), alternativamente entrambi divenuti parroci della stessa, si sia stabilito un rapporto che andava oltre quello tra l’Ordinario diocesano e i due membri del suo clero per diventare un rapporto di amicizia e di frequentazione, tanto che lo Sfondrati, divenuto cardinale, si dice sostasse nella villa dei Frondoni durante i suoi viaggi da e per Roma.
“Non si può peraltro escludere, ed anche questa è una voce ricorrente – spiega Mistura – che il prelato durante le sue soste pievane, di buon mattino si recasse a caccia nella tenuta del “Marzano” che pure apparteneva ai Frondoni”. Un legame quindi importante, nel solco della storia, che “abbraccia” anche due figure di santi lombardi, san Carlo Borromeo (patrono del Comune) e san Luigi Gonzaga. Resta purtroppo, però un errore materiale, quello della denominazione della via di Pieveottoville. Infatti sul cartello che, da anni, campeggia sul muro all’ingresso della strada, a due passi da piazza Battisti, si legge “Via Nicolò Sfrondati” (con lo stesso errore riportato purtroppo sul cartello precedente e poi su quello attuale). Ci sono certamente problemi ben più importanti che non un errore di una sillaba messa al posto sbagliato. Ma, per onore della storia e di un personaggio di così notevole rilevanza, c’è da sperare che nel 490esimo della nascita (ed in vista del quinto centenario che ricorrerà tra dieci anni) il cartello venga sistemato e, magari, si dia anche avvio ad una serie di celebrazioni ed eventi, tra le due rive del Po, a beneficio della storia e della cultura dei territori stessi.
Eremita del Po
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