Novant'anni fa il Duce inaugurava la Galleria. Purtroppo oggi è lo specchio della crisi del cuore di Cremona
Ottobre 1934, novant'anni fa il Duce inaugurava solennemente (per la seconda volta, la prima era avvenuta nel 1933 a edificio non ancora completato) la Galleria 23 marzo con tanto di troupe cinematografica al seguito (guarda il video dell'Istituto Luce). Il progetto era stato fortemente voluto da Roberto Farinacci su progetto dell'ingegner Mori. Le cronache dell'epoca lo definivano "il maggior edificio civile di carattere monumentale sorto dopo il Medioevo" (Rivista Cremona, ottobre 1934); una costruzione che riusciva anche a vincere la sfida con la Galleria di Milano per grandezza in proprozione al numero dei cittadini. Si trattava di una città nella città con negozi, uffici, abitazioni e una vasta porzione destinata al pubblico passeggio. Era dedicata al 23 marzo in memoria della data di fondazione dei Fasci di Combattimento nel 1919. La costruzione riprende l'ispirazione dall'architettura imperiale romana, tanto cara al Regime: gli archi, le linee del porticato, la scelta del materiale marmoreo e granitico, le colonne monumentali ricordano Roma e la sua grandezza.Vi sono 5 livelli rivestiti di marmi diversi, fra cui il granito rosso di Baveno per le colonne dell’interno; la galleria è lunga 75 metri e larga 10, con 130 metri di portici. Attraverso un ingresso angolare da via Gramsci e dai portici di Piazza Roma, il percorso della galleria magnetizza i visitatori e li porta nella luce zenitale dell’interno, realizzata per la prima volta in Italia, con una copertura in vetrocemento. La torre, alta più di 50 metri, rivestita in travertino, domina il complesso, che ha una matrice neoclassica, mentre la pianta diagonale della Galleria lega il tessuto ortogonale del centro storico. Sostanzialmente doveva essere la porta d'ingresso pedonale alla progettata piazza Littoria (l'attuale piazza Stradivari). La galleria, nel bene e nel male, è stata un po’ lo specchio dei cambiamenti attraversati dalla città sia in campo edilizio che in quello del costume. Forse ha pagato il prezzo dell’essere stato un progetto velleitario , un po’ palazzo e un po’ luogo di passaggio, senza una fisionomia propria, realizzato dopo aver demolito lo storico isolato dei liutai (con la casa di Stradivari) davanti alla piazzetta di San Domenico.
Oggi buona parte dei negozi se ne sono andati: resistono l'oreficeria Pellegrini, Diba abbigliamento, un altro negozio di orologi nella zona centrale e un altro d'abbigliamento. Il resto (a parte le vetrine chiuse specialmente su via Guarneri del Gesù) sono tutti bar e food. Anche la zona verso corso Campi, nei locali che furono di Grom e di Liu Jo, dopo l'estate avranno una trasformazione in spazi per i pasti e l'aperitivo con la storia bottega di "Ugo Grill" (che manterrà comunque anche il locale di via Gramsci). Purtroppo i problemi della Galleria sono ben lontani dall'essere risolti: il velleitario tentativo di inserire al soffitto della parte centrale una artistica creazione del fiume Po con tanto di cartelli di navigazione applicati alle colonne, non è servito per rigenerare la novantenne Galleria 25 aprile (il nome è cambiato con la Liberazione). I piccioni continuano a farla da padrone, così la sporcizia, l'illuminazione scadente (se si esclude quanto fanno alcuni negozianti), la scarsa vigilanza, la difficoltà d'accesso e la poca frequentazione (che nostalgia delle affollate "vasche" di qualche decennio fa!). Le due edicole agli ingressi hanno chiuso: una è già stata rimossa, l'altra è in attesa di demolizione. Insomma per rilanciare questa novantenne c'è ancora tanto da fare. E mentre quella milanese è restata ed è diventata sempre più salotto di Milano (con affitti da capogiro ma anche con le più grandi marche del mondo), purtroppo nonostante le velleità dei costruttori, la galleria cremonese andrebbe davvero ripensata e rilanciata con un progetto complessivo. Chissà, forse lo farà la prossima amministrazione...
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commenti
Piero
7 giugno 2024 21:50
Siamo nel 2024, qualsiasi amministrazione non potrà cancellare la grande distribuzione, l'e-commerce e soprattutto l'alto costo della vita comparato agli stipendi fermi da decenni.
Pensare di competere con Milano è assurdo, nella loro galleria aprono Louis Vuitton, Prada, Gucci e balle varie, non significa arricchire la città ma arricchire i ricchi e Cremona non devediventare un luogo solo per chi può permetterselo
Gianni
8 giugno 2024 08:03
Un articolo avvilente e troppo negativo, che sviscera problemi quasi inconsistenti come per esempio la difficoltà d'accesso. Mi spiace leggere che il giornalista ne ha tratto uno scenario drammatico. Il problema dei piccioni è reale ma non sembra così irrisolvibile. I negozi chiusi rappresentano un problema reale. La nuova amministrazione, se veramente sarà nuova e non il proseguimento della vecchia che non si è mai interessata a rilanciare il centro, dovrà interessarsi a farla risorgere magari con nuove iniziative nel fine settimana.
La precedente istallazione artistica non serviva nella sua pochezza a valorizzare la galleria e , se mai a quella ne dovevano seguire altre, tematiche, a seconda della stagione o degli eventi. Far morire anche la galleria sarebbe un suicidio per il centro. Si muova a dovere la nuova amministrazione.
Giovanna Visigalli
8 giugno 2024 12:55
Non sono di Cremona, ma ho sempre trovato la galleria brutta, ora capisco il perché, architettura periodo fascista, con quel grigio più adatto ad un camposanto, non vedevo l'ora di uscire all'aperto, mi opprimeva
Marco
8 giugno 2024 13:01
Certo che eliminare la ZTL (già con ampi orari d'accesso libero per i residenti e non) vorrebbe dire la morte certa del centro già moribondo d'inverno , considerato che non può competere con i centri commerciali frequentati anche da chi li demonizza.
Nella bella stagione tutte le settimane ci sono eventi per tutti i gusti e non ci si annoia.
Quello che rimarco sono i commenti che negano a prescindere la vivacità del centro cittadino nei fine settimana.
Daniro
9 giugno 2024 09:17
Mi sembra veramente una polemica sterile e depistante rispetto alla realtà dei problemi. A parte il fatto che l'edificio è di proprietà privata e il Comune dovrebbe solo assicurare la fruizione pubblica, dovrebbero essere i privati a farsi carico del decoro dell'edificio che in effetti, essendo un brutale fuori scala frutto del regime fascista farinacciano che ha stravolto edifici e piazze del centro, ancora adesso fa fatica ad omogeinizzarsi con l'intorno anche se già molto "modernizzato".
enzo
9 giugno 2024 15:00
Giustissimo, l'articolo è l'ennesima riproposizione dello stantìo provincialismo cremonese, che tacitamente rimpiange persino la fortunosa assenza della piazza Littoria unico obbiettivo andato buco al ducetto molisano. Meglio goderci sotto la Bertazzola lo splendido doppio altorilievo, appena ripulito, illustrante peccato originale e cacciata dall'Eden (Genesi, 3), probabile solo lascito di un progetto interrotto dal disatroso terremoto di Valpadana del 1117.
Amedeo
9 giugno 2024 16:32
Il comune farebbe bene a rimunciare alla servitù di passaggio, che i proprietari la chiudano con due cancellate e non pensiamoci più.
Michele de Crecchio
10 giugno 2024 15:54
L'ambizione cremonese di emulare la splendida Galleria Vittorio Emanuele II, costruita decenni prima a Milano, era stata ripresa dal primo Piano Regolatore cittadino progettato nel 1910 dall'ingegnere-assessore Remo Lanfranchi, il quale aveva ipotizzato di realizzarla sul tracciato, opportunamente ampliato, della via Solferino.
L'ipotesi di dotare anche Cremona di una grande strada commerciale coperta rimase inattuata sino agli inizi degli anni trenta, quando si pensò di realizzarla collegando corso Campi con i giardini pubblici ottenuti dalla sciagurata demolizione del monumentale complesso di San Domenico, della relativa grande torre e del contiguo grande convento, già da molti decenni riutilizzato come convento.
Come era, ormai da molti anni, sua consolidata prassi, il "ras" di Cremona, Roberto Farinacci, affidò la gestione dell'intera operazione, all'amico-camerata Nino Mori. Purtroppo, in questo caso, le modeste capacità compositive del Mori (e del suo coadiuvante di studio, il disegnatore Bentivegna) si rivelarono inadeguate al punto che lo stesso Farinacci impose l'intervento, che si rivelò decisivo, di un giovane allievo (il Baciocchi) dell'ottimo architetto milanese Portaluppi. Grazie a questo provvidenziale aiuto (anche se mai ufficialmente riconosciuto) le prime banali ipotesi di realizzazione della nostra Galleria, grazie alla geniale disposizione in diagonale del braccio principale, molto acquistarono in funzionalità e monumentalità. La grande volta in vetro-
-cemento armato fu realizzata dalla cremonese ditta dei fratelli Cabrini. Nel secondo dopoguerra l'architetto Baciocchi, divenuto, tra l'altro, progettista di fiducia di Mattei e , di conseguenza dell'AGIP, si segnalò come uno dei migliori e prolifici architetti italiani.