7 ottobre 2024

Per il Politeama Verdi adesso bastano 100mila euro. Deserta anche l'ultima asta per quel che resta del teatro che faceva concorrenza al Ponchielli. Il silenzio della città indifferente alla sua storia

Chi vuole il Politeama Verdi? Adesso bastano 100mila euro per portarselo a casa. E' andata infatti deserta anche l'ultima asta del 26 settembre 2024 che aveva come prezzo per lo storico immobile tra via Arisi e via Cesare Battisti praticamente sul corso Campi, 162mila euro. La prossima asta, forse entro fine anno, si abbasserà ulteriormente a 121.500 euro ma secondo le notizie che provengono dagli uffici del curatore fallimentare, Alberto Valcarenghi di Crema, oggi l'immobile potrebbe essere assegnato direttamente anche con una offerta diretta inferiore (centomila euro o addirittura meno). Stupisce il silenzio della città, del Comune, degli operatori culturali, delle associazioni. Tutti pronti a stracciarsi le vesti per le operazioni dei privati ma senza coraggio nel cercare di trovare una strada per ridare l'ex teatro alla città. Del vecchio cinema, e ancor prima glorioso teatro, non è rimasto molto: il grande vuoto della platea, il palcoscenico, il primo ordine di palchi, il foyer. Anche recentemente le porte traballanti delle uscite di sicurezza permettono di scrutare all'interno. Lo spazio della platea del teatro c'è ancora. Mancano gli arredi, mancano gli stucchi ma quella che la Soprintendenza definisce "spazialità" c'è ancora tutta. Purtroppo sono spariti i palchi, il loggione, le gallerie. Il tutto per ricavarvi degli alloggi recuperati anche nei locali accessori. Un'operazione sciagurata che ha privato la città di un gioiello, restituendo una sala vuota. Anche perchè la "salvaguardia della spazialità" voluta dalla Soprintendenza, che invece ha permesso gli altri interventi, impedisce la realizzazione di una soletta che dimezzi l'altezza tra l'ex platea ed il vertice del cupolone: una ventina di metri almeno. A disposizione però c'è un progetto dell'architetto Sergio Carboni per farlo diventare teatro-sala concerti (era una soluzione cara all'architetto Massimo Terzi che ne conservava copia in studio) e un altro di Giorgio Palù che ne aveva immaginato una salita fin all'alto della cupola con una scala in ferro battuto, con soste ai vari piani quando il cavalier Arvedi ne aveva prospettato all'architetto la sede per la biblioteca della musica e della liuteria (un recupero alla francese, come già realizzato Oltralpe su vecchi teatri). Chi avrà il coraggio di tentare il recupero? Magari ricorrendo ai cospicui fondi di Regione Lombardia per il recupero delle sale cinematografiche e teatrali dismesse in Lombardia.

Mario Silla


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti


Michele de Crecchio

7 ottobre 2024 18:07

Certo l'oscena mortificazione del povero, quanto illustre, Politeama fu la peggiore operazione urbanistica realizzata, sul finire del secolo scorso, ai danni del nostro già molto martoriato centro storico. Tra le molte imperfezioni di tale operazione ci fu anche quella che il Comune, assentendo il "delitto urbanistico", non si fece assicurare, nei molti modi allora possibili, il ripristino di una funzione di interesse pubblico e culturale! D'altra parte mi pare che, nonostante l'evidente urgenza di porre finalmente, almeno parziale rimedio, ai danni di quella sciagurata vicenda, anche il programma della nuova amministrazione, non destini a questo tribolato tema nemmeno una parola.

Marco

7 ottobre 2024 19:18

Ammesso che si giunga al recupero dell'immobile utilizzando i fondi per il recupero delle sale cinematografiche e dei teatri dismessi poi quanto ne costerebbe la gestione?
Chi sarebbe in grado di sostenerla?





Manuel

8 ottobre 2024 04:27

Proviamo ad indovinare?
LUI fa tanti miracoli!

Giorgia

8 ottobre 2024 07:42

Io ci farei una biblioteca/sala studio, piccola sala conferenze, la conformazione si presta bene.

Paola

8 ottobre 2024 09:29

Succederà come l'ospedale Robbiani di Soresina, troppo vincolato per poter essere recuperato, stanno solo aspettando che crolli del tutto per darlo in mano al solito squalo.

Manuel

8 ottobre 2024 20:15

Ci sono tante persone in pensione, di tutte le categorie (ingegneri, geometri, operai, muratori, etc., etc.), in più i volontari, capaci di offrire il loro contributo pratico alla conservazione, la tutela, il restauro di beni pubblici dimenticati: basterebbe che l’autorità organizzasse una specie di protezione paesistica (tipo protezione civile) e accompagnasse le esigenze economico/burocratiche che inevitabilmente si paleserebbero.
I privati, le associazioni di categoria, se interessate, potrebbero contribuire alla buona riuscita gli obiettivi, pur costatando, in alcuni casi, un possibile mancato affare. Il bene pubblico (o privato di interesse pubblico) è proprietà di tutti, dunque anche di grandi imprenditori (come di straccioni) e già solo questo motivo dovrebbe gratificare e stimolarne la preservazione.