Pieveottoville, Castelvetro Piacentino e Trigolo: tre paesi, tre guarigioni miracolose. La malattia terminale senza speranza di cura, i medici già parlavano di morte, ma a Lourdes il male guarisce
Pieveottoville, Castelvetro Piacentino, Trigolo: cosa hanno in comune le tre località di pianura poste tra le province di Parma, Piacenza e Cremona? In apparenza praticamente nulla se non che due di queste (Pieveottoville e Castelvetro) appartengono alla medesima diocesi (Fidenza) e sono entrambe bagnate dal fiume Po. C’è invece un legame che va ben oltre la geografia ed affonda le proprie radici alla storia e, in particolare, alle miracolose guarigioni di tre donne, avvenute esattamente un secolo fa, tra il 1925 ed il 1926. Le tre donne sono Ines Cattivelli di Castelvetro Piacentino (la cui prodigiosa guarigione avvenne nel 1925), Corinna Galli di Pieveottoville e Antonia Capetti di Trigolo (entrambe al centro di grazie avvenute nel 1926). La prima, Ines Cattivelli, affetta da tubercolosi ossea e da paralisi ad una gamba, fu curata senza esito a Cremona ed a Desenzano del Garda. Nel 1925, cento anni fa, fu trasportata in barella a Lourdes e, durante il pellegrinaggio, si alzò e camminò da sola. Ancora oggi quell’evento prodigioso è ricordato nella chiesa di Croce Santo Spirito, a Castelvetro Piacentino, in un pannello di Pietro Tavani (1898/1960, ricorre quindi il 65esimo della scomparsa) che raffigura da una parte i miracoli di Gesù e, dall’altra, proprio la guarigione di Ines Cattivelli.
Il 1926 fu l’anno invece delle prodigiose guarigioni di Corinna Galli (1895-1933) e di Antonia Capetti. Per quanto riguarda Corinna Galli, la sua vicenda è ampiamente descritta nel bollettino parrocchiale di Pieveottoville “Nuovi Orizzonti” del 24 novembre 1927, messo gentilmente a disposizione dallo storico locale ed ex sindaco di Zibello Gaetano Mistura. Da sei anni Corinna Galli era affetta da gravi problemi di salute, che l’avevano resa inferma, come attestato dal medico curante dottor Pietro Corbellini con una dichiarazione scritta di suo pugno. Dichiarazione in cui, tra le altre cose, si legge che la donna iniziò ad avere problemi nel 1920, tra cui forti dolori alla spina dorsale che non le consentivano di mantenersi in posizione eretta, vomito e cefalea. Si rivolse ad un chirurgo ortopedico di Parma, il professor Giuseppe Vecchi, che le diagnosticò la spondilite con carie ossea tanto che si rese necessario un apposito corsetto gessato che tenne fino al 1924, ma che non placò i dolori né tantomeno la nausea. Cambiò quindi cura e, nel 1925, venne rinnovato l’apparecchio gessato ma la situazione si aggravò ulteriormente con forti dolori alla zona occipitale, vomito con qualsiasi tipo di cibo e forte stitichezza. Le fu anche applicato un nuovo apparecchio che tenne fino al settembre del 1926, ma la situazione continuò comunque ad aggravarsi.
Anche il dottor Giulio Gandini ne rimarcò la gravità diagnosticando il morbo di Pott con “grave dispepsia gastrointestinale con vomito continuo”. La donna, che all’epoca aveva 30 anni, presentava inoltre i segni di un grave deperimento organico. Lei, tuttavia, fin dal 1925, spinta dalla sua profonda fede, espresse il desiderio di recarsi a Lourdes e, nonostante la condizione fisica molto precaria, partì il 30 agosto 1926 in ambulanza assistita dal medico curante dottor Corbellini, dal fratello del parroco di Pieveottoville don Carlo Azzolini e, mentre tutti piangevano, lei sorrideva perché grande era la speranza e la la fede che la animava. “Le condizioni della paziente – scriveva quel giorno il dottor Corbellini – erano nel verso senso della parola disastrose, sia dal lato fisico che dalla debolezza estrema che s’era impossessata della paziente”. Una volta giunta in stazione a Piacenza, coricata su una barella, fu circondata da tanti dei presenti. Tra questi proprio Ines Cattivelli, graziata a Lourdes proprio l’anno prima. Durante il lungo viaggio in treno non mangiò nulla, la suia salute si aggravò e forte era il timore che potesse non farcela. Giunta in terra francese fu ricoverata nell’Asilo degli ammalati della sala Santa Giovanna d’Arco e durante i cinque giorni di pellegrinaggio partecipò a diverse funzioni eucaristiche, fu portata alla Grotta ai piedi della Vergine e fu immersa nelle piscine. Fra coloro che la visitarono, anche la presidente generale della G.i.c.i Armida Barelli, la marchesa Teresina Pallavicino, la serva di Dio Pierina Belli e padre Gemelli ma tutti poterono solo constatare il suo ulteriore e grave peggioramento. Invece, l’ultimo giorno del pellegrinaggio, durante la processione, fu presa da una grande commozione e, quell’esile corpo piegato dalla malattia, ebbe una evidente agitazione spinta dalla fede e poco dopo, all’Asilo degli Ammalati, fu evidente il notevole cambiamento, anche sotto gli occhi dell’allora parroco di Croce Santo Spirito di Castelvetro Piacentino don Giovanni Allegri. Corinna Galli dormì profondamente tutta la notte (cosa che non succedeva da anni) e il giorno dopo riprese anche a mangiare. L’imminente partenza del viaggio verso casa non diede la possibilità di presentarla al Boreau del constatations medicales, ma in tanti la videro da subito sul treno muoversi e camminare speditamente tra lo stupore e l’entusiasmo dei pellegrini che da subito elevarono preghiere e lodi alla Vergine.
Anche il direttore del pellegrinaggio monsignor Ciccone ed i medici presenti constatarono e confermarono il prodigio. Giunta a Torino scese dal treno senza alcun aiuto, mangiò abbondantemente e rimase alzata fino a tarda sera. Commovente fu poi l’incontro col fratello alla stazione di Fidenza, condensato da un lungo abbraccio e da un fiume di lacrime di gioia e di fede. Fu un vero giubilo anche il suo ritorno a casa e qui sono eloquenti le parole scritte nella relazione del medico curante che da subito constatò l’evidente miglioramento della paziente che “camminava speditamente – si legge nella relazione del medico – senza avvertire nessun disturbo, mangiava con appetito e dormiva tranquillamente. Stando così le cose e continuando il miglioramento la paziente mi invitata a togliere l’apparecchio, cosa che io procrastinavo non volendomi riserbare qualche sgradita sorpresa. Dopo tanta insistenza mi decisi a togliere l’apparecchio e la paziente si reggeva senza il minimo disturbo. Le condizioni della colonna vertebrale erano: nessun dolore alla percussione, né alla pressione. Rimaneva solo la ciffosi precedente. Fatto una nuova radiografia questa risultava identica a quella del 1924 con postumi di lesione vertebrale.
Le condizioni della paziente (marzo 1927) sono ottime, nessun dolore, nessun disturbo, il ritorno cioè della primitiva salute”. Il parroco di allora, monsignor Carlo Azzolini, alla domanda se fu quello un vero miracolo (il fatto stesso che i medici constatarono il prodigio lascia chiaramente propendere per la grazia ricevuta, oltretutto di fronte ad una situazione che era molto grave) ebbe a scrivere: “Non sta a noi dare la risposta, ma noi lo crediamo. E il popolo che ammira la grazia segnalata fatta ad una umile sua figlia oggi tripudia e magnifica l’Immacolata Prodigiosa e a Lei canta gli inni entusiasti dell’amore intenso e della gratitudine sconfinata”.
Fu in quello stesso pellegrinaggio che fu graziata anche la cremonese Antonia Capetti di Trigolo, affetta da ulcere allo stomaco e peritonite tubercolare e “aveva disturbato il treno malati nel viaggio – si legge nella relazione di allora – per la gravità del male: vomiti di sangue e gemiti continui. Durante la processione fu istantaneamente guarita e fu per gridare la sua gloria ma un brancadier le chiese la bocca, coperse la barella e la trasportò all’ospedale. Più tardi potè mangiare cibi solidi, che da anni non prendeva e fu poi esaminata da 16 medici”.
Tornando alla figura di Corinna Galli, il fatto miracoloso diede ulteriore impulso alla devozione ed alla gratitudine popolare che ebbero come coronamento e segno di fede esteriore la riproduzione della grotta di Massabielle in una delle cappelle della collegiata dediucata a San Giovanni Battista. Nel 1939 ne fu affidata la progettazione al cremonese Giuseppe Moroni, pittore che in quel di Pieveottoville, per un lungo periodo, stabilì la sua “seconda casa”.
Con una colata di cemento, come ricorda anche il compianto don Paride Godi nelle sue memorie, ricreò la grotta anche nelle conformazioni rocciose dando vita ad una fedele riproduzione, anche del torrente Gave che rappresentò cin vetro colorato e illuminato; collocandovi anche un altare di modeste proporzioni di marmo verde e ornati musivi. Fu artefice del tutto Giuseppe Soldi (Gepa), bravo cementatore locale. La statua della Vergine Immacolata, priva di valore artistico e materico venne fatta arrivare direttamente da Lourdes. La data dell’11 febbraio da allora entrò nel novero delle feste più sentite e significative della parrocchia rivierasca, sia per il favore e la benevolenza accordati dalla Madonna alla comunità locale, che per essere stata scelta ovviamente come giornata degli ammalati. Se la festa dell’11 febbraio continua ad essere un richiamo annuale molto forte per tanti fedeli che arrivano anche da altre località, la visita quotidiana alla grotta di Massabielle collegiata è diventato da molto tempo un momento irrinunciabile della giornata di tanti pievani. Anche quest’anno è in programma, per martedì 11 febbraio (XXXIII Giornata mondiale del malato) una solenne cerimonia che avrà inizio alle 14.30 con l’esposizione del Santissimo, la recita del rosario, la benedizione eucaristica e la messa con possibilità di ricevere l’unzione degli infermi.
Una ricorrenza, quella dell’11 febbraio, dedicata appunto alla Madonna di Lourdes, sempre molto attesa e sentita. E’ giusto ricordare che Lourdes è meta incessante, ogni anno, di milioni di pellegrini che invocano protezione, grazie e conforto. La celeberrima grotta di Massabielle, sui Pirenei francesi, evoca le apparizioni mariane più famose della storia, riconosciute ufficialmente dalla Chiesa. Sono quelle che si verificarono nel 1858 ed ebbero come protagonista la 14enne Bernadette Soubirous. La Vergine le apparve per ben diciotto volte nella grotta lungo il fiume Gave. Le parlò nel dialetto locale, le indicò il punto in cui scavare con le mani per trovare quella che si rivelò una sorgente d’acqua, al contatto con la quale sarebbero scaturiti molti miracoli. Tutto iniziò giovedì 11 febbraio 1858, quando Bernadette si recò a raccogliere legna secca nel greto del fiume Gave, insieme ad una sorella e ad una loro amica.
Un rumore che proveniva dal cespuglio che si trovava nella grotta attirò la ragazzina alla quale apparve la Vergine presentandosi come Immacolata concezione e confermando quindi il dogma del concepimento immacolato di Maria promulgato da papa Pio IX l’8 dicembre 1854, quattro anni prima. Dogma secondo il quale Maria è santa, senza la macchia del peccato originale (“… et macula originalis non est in Te”) e piena di grazia. La parola e l’intuizione del pontefice venne suggellata quindi nel 1858 proprio in seguito all’apparizione Madonna che a Bernadette Soubirous, disse “Io sono l’Immacolata Concezione”. Da allora la devozione mariana si intensificò largamente e da ogni parte del globo cominciarono ad affluire, come affluiscono tuttora, sul luogo dell’apparizione, frotte di pellegrini, soprattutto malati nel corpo e nello spirito, sorretti da grande fede e da immensa speranza. Nacque così, e si protrae tutt’oggi un fenomeno molto singolare e, per consentire ai fedeli un più facile accostamento all’Immagine Santa vennero realizzati santuari e furono costruite, in molte chiese, dalle più umili, alle più eleganti e sontuose, riproduzioni della grotta delle apparizioni. Alla memoria della Madonna di Lourdes, il papa San Giovanni Paolo II decise poi di associare la Giornata Mondiale del Malato.
Le apparizioni di Lourdes, va ricordato, vennero ufficialmente riconosciute dal vescovo di Tarbes il 18 febbraio 1862. Molto presto fu eretta una grande chiesa così come la Vergine aveva richiesto e Lourdes continua ad essere il più celebre dei luoghi mariani. Un ufficio speciale (le Bureau médical) fu incaricato di vagliare scientificamente le guarigioni che iniziarono a verificarsi immediatamente. Di miracoli finora ne sono stati riconosciuti una settantina, ma di fatto sono molti di più. Numerose anche le conversioni.
In quanto alle riproduzioni della celebre grotta di Massabielle, una di queste, nel Casalasco, è ben conservata a Solarolo Monasterolo di Motta Baluffi, proprio a due passi dalla chiesa parrocchiale. Fu eretta per iniziativa dello storico parroco don Antonio Ghidoni, che guidò ininterrottamente la comunità rivierasca dal 1913 al 1963 ed era animato da una notevole fede mariana (per questo andava di frequente a Lourdes in pellegrinaggio) e fu animato dall’idea di realizzare, in parrocchia, una grotta simile a quella di Lourdes. Fu Paolo Gabelli (1846-1928) a finanziare interamente l’opera. Nel corso dei lavori, avviati nel 1931, si presentarono diversi problemi specie per la realizzazione della volta, tanto che ad opera quasi ultimata questa crollò travolgendo l’operaio Paolo Fanti che, fortunatamente, riportò solo la frattura di una gamba (ed anche questo, a fronte del fatto che le conseguenze avrebbero potuto essere ben peggiori, fece pensare ad una grazia).
I lavori ripresero subito e la grotta fu ultimata, ed inaugurata l’11 febbraio 1932. Tuttora il luogo è meta di tanti devoti e martedì sera, 11 febbraio, alle 21 vi sarà pregato il rosario (in mattinata, invece, alle 9.30 sarà celebrata la messa alla Fondazione Germani della vicina Cingia dè Botti e sarà impartita l’unzione agli ammalati). In terra parmense esistono riproduzioni a Santa Croce di Polesine Zibello, nella collegiata di Busseto (qui la cappella della Beata Vergine di Lourdes fu eretta negli anni Trenta del Novecento nel sacello che in precedenza era dedicato a San Bernardo) e, appunto, nella collegiata di San Giovanni Battista, a Pieveottoville. Nel Piacentino, proprio a Castelvetro, ecco quindi, in località Mezzano Chitantolo, il santuario diocesano di Nostra Signora di Lourdes, di origine probabilmente settecentesca, che apparteneva al convento cremonese delle monache Penitenti, che svolgevano attività assistenziali in un ospedale (ricovero) per pellegrini, poi soppresso, che insieme al chiostro si trovava nel grande edificio adiacente la chiesa. E’ noto che la località di Mezzano Chitantolo sorgeva in epoca remota un ospedale per pellegrini con annessa chiesa e monastero di religiose. In una pergamena cremonese del 24 dicembre 1164, pubblicata dall’Astegiano, è citata una chiesa situata a Sud di un lotto di terreno del quale venivano anche indicati i confini. Molto probabilmente si trattava della chiesa di Santa Maria (Sancta Maria de Monacabus) prossima ad un complesso monastico di religiose, l’una e l’altro scomparsi da molti secoli ma citati ancora in un atto dell’11 febbraio 1221 pubblicato sempre dall’Astegiano.
Nel quadro generale del Catasto la sezione A, nella parte nord della strada statale Padana Inferiore, è indicata col nome di chiesa “delle Moniche” perché evidentemente il convento vi teneva possedimenti le cui rendite dovevano in parte essere destinate all’assistenza dei pellegrini che, attraversato il Po, sostavano nell’ospedale prima di riprendere il viaggio alla volta di Roma. Una chiesa sorta in seguito era dedicata quindi a Maria Madre del Signore, ricordata nelle bolle pontificie di erezione delle collegiate di Busseto (1436) e di Monticelli d’Ongina (1470)) ma dovrebbe trattarsi, pare, della prima chiesa di Fogarole. La chiesa attuale e l’attiguo convento sorsero molto più tardi, indemaniati dal Governo francese, passarono poi di proprietà dello Stato Parmense che, nel 1818, accogliendo una istanza rivolta dall’arciprete don Luigi Sterzi alla sovrana Maria Luigia d’Austria, granduchessa di Parma, cedette in perpetuo la sola chiesa alla fabbriceria di Croce Santo Spirito affinchè il sacro edificio venisse riaperto al culto pubblico. Nel 1913, in occasione del centenario del decreto costantiniano che permetteva alla Chiesa la piena libertà di professare il culto cristiano e quindi anche di costruire chiese ed edifici religiosi, nel tempio fu eretta una bella riproduzione della grotta di Lourdes con solenne inaugurazione che avvenne la prima domenica di giugno dello stesso anno, nonostante gli ostacoli posti nei modi più violenti e assurdi da una stampa anticristiana, sovversiva e alquanto materialista oltre che da una forte propaganda blasfema. L’edificio fu anche, più volte, danneggiato dalle frequenti inondazioni e nel 1937 furono realizzati importanti restauri grazie all’interessamento del parroco don Giovanni Allegri, che fece apportare anche interventi di ampliamento.
La chiesa fu anche arricchita con rinnovato altare e con una pregevole Via Crucis bronzea realizzata da Pietro Tavani (lo stesso che riprodusse anche la miracolosa guarigione di Ines Cattivelli). Internamente la chiesa vede tutta la parte terminale occupata dalla grotta che, al centro, ha l’altare donato dall’associazione parrocchiale Donne di Azione Cattolica, con arredi in bronzo realizzati sempre dallo stesso Tavani. Il luogo, da sempre meta di numerosi pellegrini e devoti, è stato al centro, nel tempo, anche di numerose grazie e, per questo, il vescovo monsignor Mario Vianello, uno dei suoi più illustri pellegrini, con suo decreto dell’11 febbraio 1937, lo proclamò santuario diocesano di Nostra Signora di Lourdes, con tutti i privilegi annessi. Un altro vescovo, il cremonese monsignor Paolo Rota, durante il suo episcopato si attivò anche per demolire l’edificio facendone costruire uno più grande e solido ma l’iniziativa non andò in porto a causa della morte del presule che era profondamente devoto alla Vergine, alla quale aveva affidato la sua attività sacerdotale ed episcopale.
Un “ponte” nel solco della storia, e della fede mariana, quindi, quello che unisce Parmense, Piacentino e Cremonese (terre dove, tra l’altro, tra chiese, santelle, maestà, sacelli ed affreschi murali sono innumerevoli i luoghi dedicati a Maria Vergine) nel ricordo di tre grazie che, cento anni dopo, meritano di essere ricordate con gratitudine.
Eremita del Po
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti