Prese di posizione e dibattito sul referendum sulla giustizia di domenica 12
E' dibattito sul referendum di domenica. Presentiamo qui alcuni interventi arrivati in redazione.
Gentile Direttore,
sui referendum, almeno su un punto, siamo d’accordo: “ll tema in gioco è importante e riguarda tutti (la giustizia)”. Ecco, proprio perché la Giustizia è importante e riguarda tutti, la politica il proprio dovere l’ha fatto. Contrariamente a quanto scrive nel Suo editoriale del 5 giugno scorso, infatti, Lega Salvini Premier (assieme al Partito Radicale) ha lavorato e presentato una serie di proposte per rendere finalmente la Giustizia più efficiente, più equa e libera dallo strapotere delle correnti presenti nella magistratura. Per farlo, ci siamo mobilitati ovunque e in ogni sede. Abbiamo raccolto le firme necessarie, le abbiamo presentate e preso atto della decisione della Corte Costituzionale, che ha ammesso cinque dei sei quesiti depositati. E ora stiamo denunciando il vergognoso muro di silenzio calato su questo importantissimo appuntamento di partecipazione democratica alle urne. In proposito, ricordiamo che il senatore Roberto Calderoli, vicepresidente di Palazzo Madama, è da giorni in sciopero della fame per denunciare questo velo mediatico omertoso. Dunque, mesi e mesi di lavoro per offrire ai cittadini un’occasione storica - cambiare la Giustizia - e tutto ciò sarebbe una colpa? Dopo 30 anni di attesa, è colpa della politica promuovere e sostenere un referendum sulla Giustizia parallelamente all’esame di una riforma (quella del ministro Cartabia), che prosegue lentamente il proprio iter in Parlamento e che non risolverà comunque assolutamente nulla? A noi sembra esattamente il contrario. Rivendichiamo con orgoglio di aver portato fino in fondo tutto ciò che la Costituzione prevede per cambiare una o più norme. E se in Italia c’è un sistema sbilanciato e che va pertanto assolutamente cambiato, questo è proprio quello della Giustizia. Ci sono innocenti che hanno dovuto convivere con il ruolo di imputato anche per 10 anni, perdendo dignità, denaro e salute; donne morte in attesa di vedere fatta giustizia dopo un’aggressione; cittadini che attendono anni e anni prima di ricevere una sentenza. Per noi, sono ragioni più che sufficienti e pazienza se la pensiamo diversamente. In ogni caso, alcuni giorni fa, l’Agcom ha richiamato tutti i media – non la politica – affinché sia garantita la dovuta informazione sui cinque referendum di domenica 12 giugno. Sa perché? Perché due terzi degli italiani non sa nemmeno che domenica 12 giugno si vota, figuriamoci se conoscono i quesiti. Intendiamoci: ognuno voti come vuole, purché voti. Ma, in ogni caso, i cittadini elettori vanno informati, non scoraggiati.
Silvana Comaroli, Simone Bossi e Claudia Gobbato
parlamentari Lega Salvini Premier
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Sig. direttore siamo all’ultimo giorno di campagna e ieri sera ho finalmente assistito al primo confronto serio sui referendum giustizia, ancora non su RAI , ma dal bravo Mentana dopo il Tg. Pur essendo io da tempo impegnato sull’argomento, solo dai modi di un confronto come se ne dovevano tenere per tutta la campagna ho visto chiarire nettamente i termini del problema. Un esempio su due quesiti: quello sul decreto Severino e quello sull’ abuso della custodia cautelare. Prendiamo il caso del sindaco di Lodi perché vi intervengono entrambi. I NO al referendum dicono: è stato un caso sfortunato, lasciamo che si ripeta la rovina di persone innocenti pur di conservare al PM virtuoso la possibilità di incastrare un sospetto mafioso imputabile solo con una accusa facilmente sostenibile almeno fino al primo grado. (a questo riguardo chiedo se non possa bastare la possibilità acquisita con l’invenzione del reato di concorso esterno o con il coinvolgimento di altri due sospettabili per configurare l’associazione a delinquere) I SI dicono: la costituzione e la civiltà non lo permettono, il parlamento stenta a riconoscerlo, lo facciamo noi cittadini. Però i SI dicono anche che se è il PM a non essere virtuoso (o solo male informato ad arte), con i NO è la mafia che può rovinare più facilmente un suo sospetto avversario .
Ermanno de Rosa
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Articolo Uno Cremona esprime un giudizio decisamente negativo sui cinque referendum del 12 maggio 2022, perché hanno assai poco a vedere con una riforma della Giustizia, mentre sono un chiaro attacco all’autonomia della magistratura italiana e puntano ad un indebolimento delle misure previste a salvaguardia delle persone più indifese. Ci chiediamo perché forze politiche che siedono in Parlamento e che addirittura da più di un anno sono in maggioranza e al Governo abbiano deciso di scaricare sui cittadini quesiti non solo tecnicamente complessi e divisivi invece di trovare soluzioni legislative più adeguate proprio in Parlamento, onorando così il mandato ricevuto. Il Parlamento è la sede in cui questioni di così delicata valenza costituzionale possono essere meglio affrontate e risolte in modo duraturo, a meno che si preferisca rendere più acuto il conflitto tra politica e magistratura, tra avvocatura e magistratura, inseguendo uno spirito di rivalsa mai sopito dal tempo dei processi a Silvio Berlusconi.
Dai quesiti posti, secondo la nostra analisi, non deriva alcuna riforma del sistema giudiziario volta a tutelare i diritti e la domanda di giustizia dei cittadini. Come pensare che misure come l’abolizione completa della legge “Severino”, la separazione delle carriere tra Pubblico Ministero e Giudice, lo spazzare via tutte le misure cautelari, sia detentive sia non detentive, vadano nella direzione di migliorare il rapporto fra giustizia e cittadini ? Basti considerare che abolendo le misure cautelari non sarà più possibile allontanare un coniuge violento dalla famiglia e dai figli, o uno stalker dalla sua vittima; che abolendo la Severino un corrotto potrà tranquillamente continuare la sua attività politica.
L’istituto del referendum è fondamentale ed è uno strumento prezioso utile ad abrogare leggi o parte di leggi ritenute sbagliate da parte di chi non ha voce in capitolo nella loro formulazione, essendo minoranza nelle Istituzioni ma sentendosi maggioranza nel Paese. Ma questi 5 referendum non sono di iniziativa popolare, non sono stati presentati con la raccolta di firme fra i cittadini, per le quali non si è riusciti a raggiungere il numero minimo necessario, ma sono stati promossi e approvati dalle maggioranze di centrodestra di nove Consigli regionali. Si tratta di un’operazione politica voluta e orchestrata dalla destra italiana, formalmente legittima, ma funzionale ad un disegno che mira a stravolgere gli equilibri tra poteri dello Stato, equilibri stabiliti dalla nostra Costituzione, equilibri alla base di ogni democrazia. Rompere questi equilibri, tentare di ridimensionare ruolo e autonomia della magistratura ci fa scivolare verso quelle democrazie illiberali dove la politica tende a considerarsi non punibile, come sta avvenendo nell’Ungheria di Orban, dove la magistratura è ormai soggetta al condizionamento del governo (Risoluzione del Parlamento Europeo 2017 n. 2131).
Il coordinamento cremonese di Articolo Uno si schiera convintamente per il No e chiede a tutti i democratici coerenza con i principi della Costituzione italiana e dunque l’impegno a respingere questi 5 referendum. Comprendiamo la posizione dei molti cittadini che, davanti al tecnicismo dei quesiti, alla loro natura divisiva, all’uso strumentale che ne stanno facendo i promotori dei referendum, ritengono utile disinnescarli assumendosi la responsabilità di non recarsi alle urne o rifiutare le schede coi quesiti laddove si voti anche per il rinnovo delle amministrazioni locali.
Riteniamo quindi che il nostro compito di forza politica di sinistra sia rendere pubbliche le ragioni del “NO” ed esprimerle con forza, per evitare pericolosi scivolamenti del campo progressista verso posizioni di subalternità nei confronti della destra con cui si governa attualmente il Paese, magari con il retropensiero di non escludere del tutto ulteriori future collaborazioni.
Articolo Uno Cremona
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