19 gennaio 2023

Quando Cremona andava al cinema: negli anni 80 sei sale nel raggio di un centinaio di metri, oggi abitazioni, parcheggi e una piazzetta indecente

Fino agli anni Ottanta vi era l’imbarazzo della scelta. Se si esclude il glorioso Politeama, chiuso ormai dal 1969, lungo quel tratto di poche centinaia di metri che separa via Verdi da via Palestro, vi erano almeno quattro cinema. Ve ne era poi un altro, il Padus, a porta Po e il Filodrammatici, ad uso misto cinema e teatro, nella piazzetta omonima. Poi tutto è cambiato nel giro di pochi anni. Oggi hanno tutti chiuso i battenti, ad eccezione del Filo, ma solo grazie all’intervento comunale. Resiste ancora il CineChaplin nell’area Lucchini, prima periferia cittadina. Ormai qualche anno fa,  quando il fenomeno, nato in sordina, iniziò a farsi drammaticamente evidente, in un convegno dell’Anec, l’Associazione Nazionale Esercenti Cinema, si evidenziò come dal 2000 al 2009 avevano chiuso 615 cinema, 30 solamente nell'ultimo anno. Si sollecitò un piano di incentivi a sostegno delle sale cittadine che coinvolgesse tutte le categorie, ma soprattutto responsabilizzasse le Regioni e i Comuni. Si trattava dei cinema situati nei centri storici, il cui processo è stato inarrestabile. A Cremona la situazione è ancora drammaticamente evidente, ma ormai per questi cinema non vi è più nulla da fare. Vi sono motivazioni di ordine sociale e culturale che ne hanno determinato la crisi. Vi è poi il fatto che ancora non si abbia un’idea precisa di come rivitalizzare queste aree della città. Senza calcolare ovviamente le mutate abitudini del pubblico, molto più aperto ai new media e ad altre forme di intrattenimento diverse dal cinema classico.

Se si eccettua il Politeama, chiuso nel 1969 perchè la Commissione Prefettizia di Vigilanza sugli edifici destinati a pubblici spettacoli, per le norme di prevenzione degli incendi, tolse l’agibilità dopo l’incendio del cinema Statuto a Torino, per gli altri cinema, alle difficoltà che abbiamo detto, si sono aggiunti altri tipi di speculazione. Quando l’imprenditore piacentino Giorgio Leopardi decideva di buttarsi nell’avventura del cinema Tognazzi, era l’autunno del 1993, il cinema Corso, poco lontano, era già stato inserito nel nuovo piano della mobilità comunale per essere trasformato in autorimesse ad uso privato con 155 box a disposizione. L’Italia di via Anguissola, che Leopardi aveva fatto rientrare nel suo grande progetto di rilancio del cinema, sarebbe stato trasformato nel giro di due anni in sala Bingo, quando il proprietario, Francesco Camurri, avrebbe deciso di chiudere definitivamente i battenti, dopo il fallimento della seconda esperienza nel settore delle scommesse, tanto popolare in Spagna, ma mai molto seguito nel Bel Paese. Nell’estate del 2012 il cinema è stato demolito e sostituito da una struttura abitativa progettata dallo studio d’architettura Bianchi e Palù di Cremona per conto della ditta Rossini Costruzioni che aveva acquistato l’immobile da Camurri-Baldaro. Stesso destino dell’ex Supercinema: anche per la sala realizzata nel 1938 su progetto del perito industriale Guido Tarsetti in occasione della riforma di un altro cinema già esistente sul sito, denominato Cinema Reale si era in realtà pensato ad un parcheggio per altri 127 posti auto. Nel 2000 La Società AemService aveva rilevato la società proprietaria dell’ex Supercinema e accompagnato l'iter amministrativo e progettuale che porterà alla stipula della convenzione fra Comune di Cremona e Ministero dei Beni Culturali, e alla relativa concessione edilizia il 4 maggio 2001, quando l’edificio che ospitava il Supercinema venne ceduto in concessione al Ministero per i beni e le attività culturali per la durata di 99 anni. Era stata individuata quest'area, quella compresa tra via Palestro e via Goito non lontana dalla Biblioteca Governativa, di circa 870 mq. per costruirvi una mediata che non verrà mai realizzata. Poi nel 2019 sulle ceneri del Supercinema è stata realizzata la piazzetta intitolata a Mario Coppetti. Dunque un destino assurdo, accompagnato da scelte poco coraggiose, ha portato alla totale banalizzazione di questi spazi precedentemente destinati alla settima arte. Per il Tognazzi è naufragata l’ipotesi di realizzarvi un supermercato. La trattativa con il gruppo imprenditoriale interessato alla realizzazione è saltata poco più di un anno fa e tutto è tornato in alto mare per le ex sale comprese tra via Verdi e via Gramsci. L'ipotesi del supermercato avrebbe trovato disponibile l’amministrazione comunale che avrebbe visto positivamente l’insediamento di una struttura di vendita in pieno centro, spostando in questo modo il baricentro  commerciale dalla tangenziale o dalla prima periferia nel cuore della città. L’ex Padus, inaugurato nel 1964, nel 2008 è diventato sede della Cassa Padana, riservando la parte superiore ad appartamenti e uffici. Parcheggi, abitazioni, uffici. Difficile pensare ad una rinascita dei cinema cittadini in queste condizioni.

Fabrizio Loffi


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commenti


Pierpiero

19 gennaio 2023 17:39

Per chi, come me, ha una certa età, i ricordi di quelle sale sono tuttora vivi.
Andare al cinema era una festa ma già a un certo punto la fruizione era cambiata. Mentre prima si entrava in religioso o quasi silenzio e lo scartare una caramella era vissuto con riprovazione dai vicini, negli ultimi anni era un fiorire di cestini di pop-corn, che oltretutto ammorbavano l'aria.

E visto che siamo in tema di amarcord, ricordiamo anche il precedente nome del Tognazzi. Si chiamava Roxy ed era la sala più affascinante della città di allora.