Quando la cucina diventa patrimonio: l’arte del gusto, un anno di tradizioni per gli "Amici della Cucina Cremonese" e Cremona celebra il suo Natale di sapori con il piatto d'arte dei blisgòn
Si è chiuso ieri, in un’atmosfera densa di gratitudine e memoria, il ciclo di appuntamenti degli Amici della Cucina Cremonese, l’associazione gastronomica che da oltre cinquant’anni custodisce, studia e valorizza i sapori autentici della Provincia di Cremona. Una realtà che opera con la cura degli artigiani e l’occhio dei cronisti, raccontando attraverso i piatti una terra fatta di fiume, di pianura e di tradizioni tenaci.
La missione dell’associazione: dare lustro alla gastronomia locale, non è solo un obiettivo culturale, è un atto d’amore verso un patrimonio fragile e prezioso. Le cene conviviali, le serate tematiche, gli incontri divulgativi sono diventati negli anni una sorta di archivio vivente, un diario di bordo della cucina cremonese che si aggiorna ad ogni annata, ad ogni stagione.
Anche quest’anno, come da tradizione, cucina e arte hanno trovato un punto d’incontro in un oggetto dal fascino discreto: il piatto artigianale a tiratura limitata, divenuto ormai un simbolo d’identità dell’associazione. A firmarlo, per questa edizione, è stato Giovanni Sartori di Casalmaggiore, ex professore universitario di chimica e artista che ha scelto la sabbia del Po come pigmento e materia poetica. Le sue opere, create con una tecnica che restituisce fisicamente la ruvidità e il respiro del fiume, portano sulla superficie un mondo di ricordi e radici.
Il tema scelto: i blisgòn, piccola gemma gastronomica del casalasco. Un piatto che pare parlare sottovoce, come certe storie di paese che si tramandano solo a chi ha la pazienza di ascoltare. La sua presenza nel piatto commemorativo è un gesto che unisce passato e presente, racconto e gusto.
Il tutto in una settimana in cui la cucina italiana ottiene un riconoscimento storico: l’ingresso ufficiale tra i patrimoni culturali immateriali dell’umanità dell’Unesco.
Una decisione unanime, presa a New Delhi, che consacra la cucina italiana come la prima al mondo ad essere riconosciuta nella sua interezza. È un traguardo simbolico, che avvalora anche il lavoro silenzioso e costante di realtà come gli Amici della Cucina Cremonese, custodi di saperi locali che alimentano, insieme, il grande mosaico gastronomico del Paese.
Mentre l’anno si chiude, resta il sapore delle emozioni condivise e dei piatti ritrovati.
Perché i blisgòn non sono solo un tema artistico o un piatto da riscoprire: sono un rituale, un ricordo, un profumo di casa.
Piatto immancabile nella sera della Vigilia di Natale, portano con sé l’immagine delle tavole della bassa illuminate da una luce calda e incerta, mentre fuori, un tempo, la neve copriva silenziosamente i cortili. Sono i blisgòn, i marubini, il gran bollito, la mostarda ed il torrone e tutto quell’insieme di sapori che fanno riaffiorare quelle sere in cui il fuoco del camino scaldava i cuori della famiglia riunita, ed ogni ingrediente raccontava la pazienza delle mani che lo avevano preparato.
Richiamo di tempi antichi, quando si raccoglieva il muschio per costruire il presepe, quando si cercavano rami o ceppi per creare la capanna, quando le lucine nelle casette dei pastori erano un piccolo lusso e l’albero, un abete discreto in un angolo, era decorato con poche palline, spesso spaiate. Ma non importava: c’era l’abbondanza più grande, quella dell’amore di una famiglia intera riunita intorno alla tavola.
Quello era il Natale. E, grazie anche a piatti come i blisgòn, quello continua ad essere.
Nel video l’intervista di Beatrice Ponzoni a Davide Mometto, consigliere degli Amici della Cucina Cremonese, guida naturalista e selezionatore dell’antica razza di gallina nostrana cremonese.
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