Quel tormentato "Rigoletto" cremonese tra cambi di nomi (Viscardello) e gelosie wagneriane
Torna il 12 dicembre Rigoletto al Teatro Ponchielli. Da quella lontana sera veneziana, al Teatro La Fenice, dell’11 marzo 1851, Rigoletto, opera in tre atti. di Giuseppe Verdi (libretto di Francesco Maria Piave, da Le roi s’amuse di Victor Hugo) è stata presente al teatro cremonese per un gran numero di stagioni. Senza tema di smentita è stata sicuramente uno dei lavori più messi in scena del maestro delle Roncole in tutto l’Ottocento.
Dopo il debutto in laguna, sotto il Torrazzo arriverà nel 1854, nel 1860, nel 1869, nel 1886, nel 1891 e nel 1895. Tantissime le rappresentazioni anche nel Novecento in cui in ordine di tempo sarà quella in programma giovedì 12 dicembre (ore 20); con replica sabato 14 dicembre (ore 15.30).
Tante sono le ‘spigolature’ storiche cremonesi che hanno caratterizzato le vicende del buffone di corte di Mantova e della sua triste vicenda con la figlia Gilda.
A Cremona, viene sottolineato secondo il volume La scena della città di Francesco Maria Liborio, uno dei tanti titoli con cui l’opera venne presentato a causa dei numerosi problemi imposti dalla censura austriaca. Porta il titolo di: Viscardello. Era la prima rappresentazione: si era nel 1854. L'opera era ambientata a Boston nel XVI secolo.
Verdi avrebbe voluto mantenere il titolo originario Le roi s’amuse o per aggirare la censura che non gradiva la cattiva rappresentazione di un sovrano ne La maledizione di Vallier. Ma anche il termine di ‘vendetta’ era evidentemente poco gradito ai censori austroungarici. E allora si virò su Triboletto traduzione ‘letterale’ dell’originale Triboulet da qui poi Rigoletto dal francese rigoler che significa scherzare. Ma le perizie dell’opera non erano finite. La vicenda mantovana, nella sua prima rappresentazione romana, divenne però, per ragioni politiche: Viscardello e così apparve al teatro cremonese. Titolo che si trova ripreso anche nelle rappresentazioni bolognesi del 1856.
La ripresa dell’opera nel 1869 è di quella da incorniciare. Era la stagione di Carnevale. In cartellone ben due opere del Maestro il Rigoletto appunto e il Ballo in maschera. I documenti riportano un direttore d’eccezione per entrambe le opere il cremonesissimo Amilcare Ponchielli.
Un altro dettaglio succoso legato al Rigoletto ‘cremonese’ la si trova nella stagione del Carnevale datata 1895; l’ultima del secolo. L’opera verdiana, oramai vecchia di quarant’anni è accostata a una delle opere di Richard Wagner più importanti come il Lohengrin, arrivata in Italia solo nel 1871 a oltre vent’anni dalla sua prima rappresentazione a Weimar. La terza opera in programma fu il Romeo e Giulietta del compositore francese Charles Gounod (libretto di Jules Barbier e Michel Carrè).
Sono ben note le tifoserie nei teatri ottocenteschi tra i due compositori, nati, guarda caso, esattamente in quel magico 1813. Tutte basate su una diversa percezione musicale piuttosto che per una diversità ideologica che venne, ben dopo, rispetto a quei tempi. Di certo l’accostamento delle due opere non sarà sfuggito al genio di Roncole, visto che anni prima aveva riempito di critiche, scritte, proprio quella partitura del Lohengrin che in quella stagione di fine Ottocento andava in scena al teatro cremonese subito dopo il suo Rigoletto.
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commenti
Francesco Capodieci
4 dicembre 2024 18:16
Sotto il profilo vocale il ruolo di Rigoletto si lega saldamente al grande baritono cremonese Aldo Protti (1920-1995) che, nella sua lunga carriera, lo interpretò più di quattrocento volte nei teatri più importanti del mondo. Protti interpretò anche tanti altri ruoli, soprattutto verdiani, riscuotendo vivi apprezzamenti dal pubblico e dalla critica musicale. Dispiace che, quando era ancora vivo, ma soprattutto dopo la sua morte, sia stato oggetto di critiche astiose da parte di una certa sinistra cremonese, a causa del suo noto passato fascista. Ricordo in proposito le accese polemiche per l'intitolazione al suo nome dell'ex via Strettalunga, con la targa - "via Aldo Protti" - più volte rotta o imbrattata di vernice. Ma ricordo anche che un uomo di sinistra recentemente scomparso, come Evelino Abeni, di grande cultura musicale e onestà intellettuale, non si oppose mai all'intitolazione della strada a Protti, di cui apprezzò costantemente l'arte musicale, pur non condividendo affatto le idee politiche.