Riparte la scuola, in pensione a San Daniele la maestra Graziella tra ricordi e analisi dei cambiamenti. "Si torni al grembiulino. E facciamo usare ai bambini le mani per metterci la testa"
Settembre, andiamo. E’ tempo di tornare sui banchi!
Non me ne voglia D’Annunzio se mi permetto di adattare l’incipit di una delle sue più famose liriche, ma come ogni anno l’inizio di settembre riporta nelle aule migliaia di ragazzi e ragazzini e segna la fine indiscussa dell’estate e delle vacanze.
Ormai ci siamo: il primo giorno di scuola è lì ad attendere bambini e genitori, ma soprattutto loro: gli insegnanti. Educatori, maestri, professori, come ogni anno attendono i loro ragazzi al rientro dalle ferie.
Se oggi l’anno scolastico parte ad inizio settembre, con date variabili a seconda delle regioni, fino al 1977 su tutto il territorio nazionale la scuola partiva il 1° ottobre, giorno di S. Remigio, ed i piccoli scolaretti che si accingevano ad iniziare la prima elementare erano chiamati proprio ‘remigini’.
- Signora maestra, lo raccomando a lei. E se ha bisogno di una marciatina sul sedere io non vengo a reclamare- scriveva nel suo romanzo ‘Dove non viene mai sera’ il maestro Gianni Tortini, che racconta la realtà semplice di San Daniele Po nella metà del secolo scorso. Una circostanza che oggi non sarebbe nemmeno pensabile, ma che fino a qualche decina di anni fa era la prassi: se serviva, una sculacciata o uno scappellotto erano lo strumento didattico di cui si faceva più spesso uso per rimettere in riga gli studenti troppo vivaci e indisciplinati. E per gli scolari guai a lamentarsene a casa con mamma e papà, o la dose sarebbe raddoppiata in quanto i genitori, anche non avendo studiato il latino, sapevano bene il significato di ‘repetita iuvant'.
Oggi la scuola naturalmente è una cosa molto diversa da quella raccontata da Tortini e ce lo facciamo raccontare da un’altra insegnante sandanielese, la maestra Graziella Polenghi, che ha iniziato ad insegnare nel 1987 e che dal ‘91 è stata di ruolo proprio nel suo paese, coltivando generazioni di ragazzini di San Daniele e Pieve d’Olmi. E che dal 1° settembre è ufficialmente in pensione e quindi dopo una vita trascorsa in aula, per la prima volta per lei settembre non significherà ‘ritorno a scuola’.
«Quando andavo alle elementari io, le insegnanti erano più rigorose -racconta Graziella. Ho frequentato la pluriclasse ad Isola Pescaroli. Al tempo c’era una sola maestra per classe ed il suo ruolo era ben chiaro a tutti». Che l’insegnante unica fosse un bene o un male, è difficile da dire anche da parte di una maestra: «Di positivo c’è che si poteva instaurare un bel legame nel tempo. Ma se non invece si creava feeling tra gli alunni e la maestra, toccava portarsi avanti questa tensione per tutti e 5 gli anni. Io ho avuto la fortuna di avere un'insegnante molto dolce alle elementari».
Parlando della scuola di oggi, Graziella racconta di come naturalmente sia diversa dal passato, evidenziando aspetti sia positivi che negativi in questa evoluzione.
«Sono convinta che la scuola elementare debba insegnare per prima cosa a leggere, scrivere e far di conto, deve dare al bambino gli strumenti per formare il pensiero divergente, che serve a riflettere e ragionare con la propria testa. ‘Fare’ e soprattutto fare a mano: i bambini hanno bisogno di usare le mani per metterci la testa». A San Daniele, la grande fortuna di avere la scuola proprio sopra il Museo Paleoantropologico, fonte di spunto e di azione diretta sul campo.
«Un’altra cosa che non condivido è il fatto che alle elementari, invece di dare i voti, oggi si devono rinchiudere le valutazioni dei ragazzi in solo 4 livelli, molto ampi e che quindi ogni insegnante può interpretare a modo proprio».
Oggi quindi il mondo della scuola quindi è peggiorato rispetto a quello degli anni passato?
«Ogni generazione è figlia del suo tempo. Pensa che io ho frequentato la scuola superiore (le magistrali) negli anni della contestazione giovanile ed anche in quel periodo se ne vedevano delle belle. Il nostro preside era rigido, non giustificava chi usciva da scuola per andare alle assemblee ed a noi ragazze imponeva il grembiule fin sotto il ginocchio. Oggi tocca a me a volte riprendere alunne -ma anche colleghe è capitato- che ritengo abbiano un abbigliamento non consono al luogo della scuola».
Quindi maestra Graziella, sei favorevole al grembiulino? «Certamente, ma non solo per un aspetto di decoro. Già si ostentano zaini e astucci, almeno sul lato dell’abbigliamento andrebbe ad appianare le differenze»
Ma come sono oggi i ragazzini rispetto a qualche decennio fa? «Quello che ho notato, è che manca un leader positivo nel gruppo, manca il motivatore, quello che da’ la spinta in positivo a tutto il gruppo. Oggi spesso passa l’idea che ‘tanto non mi puoi bocciare’». E proprio sulla parola gruppo ci soffermiamo, soprattutto in funzione dei recenti fatti di cronaca che hanno visto gruppo di ragazzi protagonisti negativi, dove nessuno di loro è stato in grado di fermarsi a riflettere su quanto stavano facendo, senza aver coscienza delle sulla gravità delle azioni. Ed a questo punto la riflessione passa all’altro grande attore della scuola, oltre ad alunni ed insegnanti: la famiglia.
«In effetti in passato la famiglia collaborava di più, oggi abbiamo difficoltà a farci percepire dai genitori come un ente educativo e non un parcheggio. Oggi la famiglia si è tirata molto fuori dal ruolo dell’educatore. Naturalmente non è una situazione generalizzata, la maggior parte dei genitori collabora ed è presente, ma ci sono molte realtà davvero problematiche e questo penalizza tutti».
Infine una riflessione anche sugli strumenti che oggi la scuola ha a disposizione. «Come ho detto, per noi il Museo è e resta uno strumento fondamentale. Poi naturalmente l’avvento dei computer ha messo a disposizione strumenti innovativi ed anche indispensabili in certi frangenti, basta pensare alla DAD durante la pandemia. Anche se, ripeto, alle elementari serve sviluppare il pensiero dei ragazzi, più che il tecnicismo. Comunque la mia idea è che non servono le nostalgie del passato fini a sé stesse: è giusto adeguarsi ai tempi che cambiano cogliendo il meglio che viene messo a disposizione».
Quindi maestra Graziella, tornassi indietro, rifaresti questo lavoro? «Assolutamente sì, tutta la vita! La mia grande soddisfazione: la commozione dei bambini che piangevano l’ultimo giorno di scuola perchè l’anno prossimo non ci sarò più a scuola».
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