7 giugno 2022

Sabato torna il cinema all'Arena. E' una tradizione cremonese, ecco la storia del cinema sotto le stelle

Sabato 11 giugno si rinnova la tradizione cremonese del cinema all'aperto. Riapre infatti l’Arena Giardino, di viale Po, ingresso Parco Tognazzi nell'ex Frazzi. Il calendario reso noto da Giorgio Brugnoli (in queste ore sta completando l'allestimento del cinema) è quanto mai interessante. L'apertura però avverrà con "il cammino della Postumia" il documentario per la regia di Alessandro Scillitani, con la preziosa collaborazione di Paolo Rumiz, scrittore e giornalista. Curatore del progetto è lo stesso Giorgio Brugnoli titolare dell'Arena. Il film, così per tutte le proiezioni di luglio e agosto, avrà inizio alle 21,40. Poi domenica le due proiezioni di "Ennio" il film di Tornatore dedicato al grande Morricone. (scarica il programma completo)

La storia del cinema estivo nella nostra provincia

La nascita del cinema estivo, per uno strano caso del destino,  non avvenne all'interno di uno dei grandi giardini di qualche antico palazzo storico, ma in un magazzino dismesso e polveroso di un piccolo paese a due passi dal Po, Torricella del Pizzo. Siamo nel 1929 e Renzo Cavalleri, tornato da poco a Cremona dalla guerra di Libia, cerca alla meglio di sbarcare il lunario, quando incontra un vecchio commilitone che, sentite le sue disavventure, in procinto di trasferirsi con la sua azienda agricola a Pavone Mella, gli offre di prendere in gestione il capannone dell'ex Consorzio agrario di Torricella. E' un vecchio magazzino che già in passato era stato adibito a cinema, ma chiuso da tempo. Il prezzo dell'affitto è di 1050 lire all'anno, compreso l'acquisto del proiettore per il cinema muto, delle panche e degli sgabelli. Cavalleri non ci pensa due volte ed accetta. Ripulisce il grande magazzino e con barattolo di pittura a calce dipinge lo schermo sul muro, si fa regalare quattro grandi fogli bianchi dalla tipografia di Mario Pedroni in viale Trento e Trieste su cui scrive i manifesti con inchiostro e pennello e noleggia un film western nel negozio di Giovanni Donzelli in via Mercatello.

Poi, alle quattro del mattino di domenica 1 ottobre, inforca la bicicletta con il suo carico di sei bobine del film, due per la comica finale e una con il cinegiornale dell'istituto Luce e pedalando sull'argine maestro sterrato si dirige verso Torricella dove, scelto il luogo adatto, incolla i quattro manifesti e per 1,50 lire assolda il ciabattino del paese in qualità di operatore del botteghino. Alle 20 tutto è pronto ed il cinema apre. L'ingresso costa una lira ma l'afflusso del pubblico è deludente: ad affollare la sala solo dieci adulti paganti, un ragazzino, ed un tipo che è voluto entrare gratis. La proiezione, compresa di tutto, è costata 14,50 lire e l'incasso è stato solo 10,5. La domenica successiva Cavalleri ci riprova con “Le due orfanelle”, l'ultimo grande successo americano di David Wark Griffith, che nelle sue intenzioni dovrebbe essere quel film strappalacrime in grado di intenerire i torricellesi, ma è un altro fiasco clamoroso. Sarebbe tentato dal mollare tutto ma invece, mentre pedala sotto il temporale sulla via del ritorno, Renzo ha un'idea formidabile: abbinare al film un programma di varietà, non un varietà qualsiasi, ma qualcosa di totalmente diverso ed a costo, ovviamente, contenuto. La mattina successiva si reca nell'officina meccanica di Ferruccio Ferrarini e chiede al fabbro di realizzare per il sabato successivo una gabbia in rete metallica con l'ossatura in ferro ed un fondo costituito da una sottile piastra metallica collegabile ad una presa di corrente elettrica. L'idea è di quelle destinate a far inorridire gli animalisti: chiudere nella gabbia quattro galli che, scaldandosi il fondo grazie alla corrente indotta da reostato, avrebbero alzato le zampe, e lo avrebbero fatto sempre più velocemente man mano che il calore sarebbe aumentato. Trova un pianoforte dall'ostetrica del paese ed ingaggia il maestro Telli, un personaggio “bohemièn” con un frack bisunto e baffi alla Mascagni. Al  necroforo del paese dà l'incarico di affiggere dodici manifesti, vergati a mano, dove si invitano gli spettatori a portare anche quattro galli per l'improvvisato balletto. Poi la domenica mattina carica sulla Fiat 509 che ha noleggiato all'autorimessa Manfredi la gabbia smontata e le bobine, con un carro agricolo fa trasportare il pianoforte verticale, giunto in paese rimonta la gabbia e la collega alla corrente elettrica con reostato dosatore. Alle 20 tutto è pronto ed entrano gli spettatori. Questa volta sono numerosi e qualcuno ha anche portato il suo galletto. Si spengono le luci, si proietta il film, poi la comica e il giornale Luce e quando il pubblico inizia a spazientirsi i galletti migliori vengono trasferiti nella gabbia ed il maestro Telli inizia a suonare. Cavalleri inizia a manovrare la “resistenza” facendo gradualmente aumentare la corrente: i galli iniziano ad alzare le zampe, prima lentamente, poi sempre più velocemente, iniziano a saltellare, poi la danza diventa frenetica mentre il maestro Telli incalza sulla tastiera con la musica più adatta. Il pubblico va in visibilio, l'incasso è stratosferico: 298 lire. Per due mesi Cavalleri va avanti a suon di incassi che vanno dalle 200 alle 250 lire ogni domenica fino a quando decide di cedere il cinema di Torricella alla bellezza di 16.800 lire. 

Ed è a questo punto che inizia la storia del cinema estivo a Cremona: in via Dante, quasi davanti al bar Dondeo, esiste un'ortaglia proprietà del commendator Antonio Auricchio concessa in affitto, ma ormai sull'orlo del fallimento. Decide di stipulare un contratto e poi con un potente rullo spiana tutta l'area. Per affrontare le spese con gli amici del Dondeo costituisce una società, dove ognuno dei soci versa cento lire per azione: ne fanno parte, tra gli altri, Lieto Mancini, l'ingegnere Parvis, Ettore Musa, Gino Ferrari. Il cinema estivo viene arredato con panche e sedie ripiegabili, la macchina per le proiezioni viene ospitata in una cabina di legno. Ad accompagnare i film muti c'è l'orchestra del maestro Guido Manfredini. La prima stagione estiva funziona bene, ma poi iniziano i problemi. Cavalleri si lascia distrarre dalla gestione del Filo, rilevato dall'Opera Nazionale Balilla, che riesce a riportare ad ottimi livelli, ma quando nella primavera successiva si presenta ai vecchi soci per programmare la stagione dell'Estivo, scopre di essere stato di fatto estromesso. La stagione estiva non funziona e nonostante lo stesso proprietario dell'area Auricchio gli chieda di tornare, Cavalleri in un primo tempo rifiuta, poi ad ottobre, quando la società si scioglie, decide di assumere l'incarico con un regolare contratto. Ma mentre sta per arrivare la guerra Cavalleri sembra essere più interessato al grandioso progetto del Supercinema, piuttosto che all'organizzazione delle stagioni all'Estivo e, quando viene richiamato sotto le armi, passa la mano al giovane Walter Sacchi che in quegli anni sta amministrando il Politeama. Lo scoppio del conflitto, con la necessità degli oscuramenti, segna la fine del cinema di porta Milano. Bisogna attendere la fine della guerra perché da Gussola, dove aiuta il padre a costruire scope di saggina e ceste di vimini, animato solamente da un grande coraggio e tanta buona volontà, arrivi Giulio Donzelli, fratello di Giovanni, titolare dell'agenzia di distribuzione di via Mercatello. Giulio ha già una certa esperienza anche con la macchina da presa perché nel 1923 il Podestà, sapendo che era già stato impiegato come autista in artiglieria sul Carso durante la grande guerra, gli aveva dato l'incarico di guidare un camioncino dell'Opera Nazionale Balilla dove era installata una macchina da proiezione con tre bobine di documentari, da proiettare nei cascinali. I tre film che Giulio proiettava ogni sera su grandi lenzuoli inchiodati al muro, documentavano “La battaglia del grano”, “Come si coltiva un campo” e “lotta contro le mosche”. Nel 1927, racimolato qualche soldo, aveva deciso di trasferirsi in città aprendo in via Ala Ponzone una piccola agenzia per il noleggio dei film, servendo tutti gli oratori ed i circoli cattolici. Qualche anno dopo, nel 1933, aveva trasferito l'agenzia in due cameroni di palazzo Martini, in via Cadolini, inserendo nel proprio giro anche gli oratori di campagna ed i primi cinematografi privati che stavano sorgendo un po' dovunque. Alla vigilia della guerra, nel 1939, si era nuovamente trasferito in via Verdi, nel negozio dove oggi vi è la cartoleria Bocelli. Terminato il conflitto, dunque, Giulio Donzelli, con i pochi soldi disponibili, corona il suo sogno: rappezza alla bell'e meglio il glorioso cinema Auricchio e lo inaugura il 24 maggio 1946, dotandolo di quattromila posti a sedere. Il primo film proiettato è “Vicino al cielo” , una pellicola francese del 1941 di Louis Daquin. Ma Giulio è ancora più ambizioso e non si accontenta del cinema estivo: con l'aiuto del sindaco Gino Rossini e dell'Ente dei Sindacato di Milano per l'Autogestione, organizza nell'agosto una “Stagione lirica estiva” che avrebbe dovuto rinverdire i fasti delle grandi rappresentazioni liriche in piazza del Duomo di qualche anno prima. Domenica 18 agosto va in scena “Aida”, con i cantanti: soprano Alma de Grassi, tenore Luigi Marletta, mezzo soprano Marù Faliani, basso Bario Caselli, basso Enzo Feliciati, baritono Renato Borghi. Il corpo di ballo, formato da dodici ballerine, è quello dell'Arena di Verona, con prima ballerina Mariuccia Galeani, con coreografie di Lina Borroni. Il coro è costituito da ottanta elementi, l'orchestra conta 70 professori. Maestro direttore e concertatore d'orchestra Mario Braggio, maestro del coro Ottorino Vertova, la direzione artistica è di Leone Paci. Mercoledì 21 agosto è la volta di “Tosca”, con soprano Delia Sanzo, tenore Francesco Carrino, baritono Antonio Salsedo e Luigi Siravo, tenore Uxa Guido. Maestro concertatore e direttore d'orchestra Rosario Castagnino, maestro del coro Ottorino Vertova. Sabato 24 agosto tocca a “Traviata”, con soprano Clara Frediani, tenore Carlo Alfieri, baritono Francesco Nascimbene e con Valentina Villa, Anna Orfei, Guido Uxa, Luigi Franco, Luigi Ardigò: maestro concertatore e direttore d'orchestra Alfredo Strano, maestro del coro Ottorino Vertova. Gli appassionati gremiscono il cinema ogni sera, arrivando anche da Parma Mantova e Brescia e per consentire loro di tornare a casa viene allestito un servizio supplementare di autobus e tramvie.

Ma Giulio Donzelli non si accontenta e, nonostante le ingenti spese per l'organizzazione della stagione lirica estiva nel 1947 si lancia in una nuova avventura e con l'aiuto dei tre figli, Franco, Mario e Gino, apre un nuovo cinema all'aperto in un campo lungo 50 metri e largo 35, posto tra il deposito di vecchi autocarri e rimorchi delle officine Aldighieri e la segheria dei fratelli Ciboldi, con 850 posti a sedere. Donzelli adotta la strategia di proiettare lo stesso film contemporaneamente nei due cinema all'aperto che possiede, il “Campo Auricchio” e “Arena Venezia”. Ma lo sforzo è eccessivo e alla fine del 1947 Donzelli rinuncia all'Auricchio, aprendo la strada all'ultimo dei grandi cinematografari nostrani, Sergio Capelli. Lui si è già fatto le ossa al cinema Zaccaria, gestito dai padri Barnabiti di San Luca, dove si proiettano film il sabato e la domenica sera dalle 14 alle 24, per cui a guerra terminata, è pronto per fare il grande salto e firma con Gennaro e Vincenzo Auricchio un contratto  di sei anni. Il vecchio materiale viene regalato a Giulio Donzelli per essere riutilizzato all'arena Venezia, mentre Capelli, per risolvere il problema del fondo del cinema Auricchio in terra battuta, che causa un fitto polverone ogni volta che gli spettatori si alzano a proiezione ultimata, propone all'U.S. Cremonese di realizzare il fondo in cemento, in modo che, quando il cinema estivo resta chiuso da ottobre ad aprile, possa essere utilizzato come campo di basket dalla Pallacanestro Cremona di cui è in quel momento presidente. La proposta viene accolta e si passa all'arredo: prendendo a campione una panchina dei giardini pubblici di piazza Roma, vengono allestiti dal falegname Azzali di via Milano e dal fabbro Orio di Porta Romana, 250 sedili per coprire l'area dei secondi posti e 600 poltroncine per le prime file. Venne costruito un grande schermo panoramico in muratura di dodici metri per sei e posizionate sei statue a grandezza d'uomo fornite da proprietari che durante gli intervalli vengono illuminate da potenti fari colorati, creando effetti suggestivi. Il locale viene inaugurato il 22 maggio 1948 con la riedizione di due capolavori del cinema italiano: “Noi vivi” e “Addio Kira” con Rossano Brazzi, Alida Valli, Carlo Ninchi e Fosco Giachetti. Regia di Goffredo Alessandrini.

Nelle foto Gennaro Auricchio e Renzo Cavalleri, poi il cinema Auricchio

Fabrizio Loffi


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti