Storie cremonesi sui giornali americani per gli immigrati d'inizio '900: Botti da operaio a sindaco poi picchiato per strada, il tema della maturità nascosto nel tamarindo, il truffatore da record
Un vecchio adagio racconta di come, per capire meglio la società in cui viviamo, diventa importante leggere le notizie nazionali anche, o soprattutto, sui giornali stranieri. La questione è relativamente semplice; il modo in cui vengono proposte notizie cambia a seconda di come, una testata, le sente proprie; ovviamente un giornale locale le vivrà in un certo modo, un periodico dall’altra parte del mondo le offrirà in maniera differente a seconda del tono che dovranno trasmettere. Gli archivi dei quotidiani, da questo punto di vista, offrono uno spaccato affascinante su notizie locali, vere o presunte che siano, che hanno accompagnato negli anni l’informazione locale in varie parti del mondo.
Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo la costa ovest degli Stati Uniti era oggetto di grandi cambiamenti che coinvolgevano anche i molti italiani che avevano deciso di trasferirsi in quelle zone, aree allora lontane da raggiungere, per cui il filo conduttore che legava i connazionali con la città nativa erano le lettere e i giornali. Per fare da tramite a questa esigenza, o voglia matta, di rimanere informati, nacque a San Francisco, nel 1887, il periodico Italia, giornale che raccoglieva il meglio – o il peggio – delle notizie dallo stivale per proporle rigorosamente in italiano dall’altra parte del mondo. I quotidiani statunitensi, successivamente, sceglievano i migliori – o peggiori – articoli per tramutarli in trafiletti da proporre in lingua inglese ai loro lettori. In pratica come avviene anche nel 2025, solo con strumenti più evoluti.
Leggendo le notizie da Cremona c’è da sbellicarsi dalle risate o da rimanere attoniti, il taglio delle informazioni, oggettivamente abbastanza “sterile”, racconta di fatti cittadini, magari neanche conosciuti in città, che sembrano più momenti di ordinaria follia e creatività che neanche informazioni strutturate.
Il campione del mondo Ugo Fellini, non si sa se parente del famoso regista ma di certo dotato di tutte le potenzialità per tributargli un film, giocò la sua ultima partita a Cremona nei primi giorni del 1927. Ugo divenne campione del mondo, secondo i quotidiani statunitensi, perché nei suoi primi 30 anni di vita, circa, fu in grado di raggiungere il numero – decisamente considerevole – di 133 proposte di matrimonio in tutta Italia suggellate da altrettante fughe poco prima di presentarsi all’altare. Il buon Ugo, che girava tra pubblicazioni su riviste per cuori solitari e 50 foto delle candidate in tasca, intascava parte della dote lasciando subito dopo le neo fidanzate con il bouquet in mano e gli invitati con il riso nei sacchetti, al pari di Jack nel film The Blues Brothers. Cremona gli fu fatale, perché quando si presentò per suggellare l’ennesima proposta con verosimile fuga successiva venne riconosciuto da una cittadina alla quale aveva tirato il bidone tempo prima; il risultato fu l’arresto dell’immarcescibile pseudo latin lover davanti a palazzo Comunale.
Se Ugo aveva il vizio di truffare fidanzate con continue e romantiche proposte di matrimonio un cittadino cremonese, A. B. residente nel 1904 in Corso Mazzini 15, dimostrava quanto avanti negli anni, non sempre in senso positivo, potevano essere i cremonesi di allora. A. B. divenne famoso negli Stati Uniti per aver organizzato una truffa da 30 milioni di lire di allora (circa 160 milioni di euro attuali) con l’inganno, oggi fin troppo diffuso, della famosa eredità milionaria. Una truffa che da più di un secolo si ripete ciclicamente e che è in grado di aggiornarsi mantenendosi al passo con l’evoluzione dei sistemi di comunicazione. In pochi mesi il cremonese aveva raggirato non solo le anziane vicine, ma anche cameriere, cassiere e altri tra Cremona e Milano diventando un punto fermo nella storia della truffa di inizio XX secolo, A. B. divenne, però, un punto fermo anche nelle patrie galere, ma di solito in quel luogo il voler raccontare ai compagni di cella le virtù della famosa eredità da incassare difficilmente trova grandi riscontri.
Il tamarindo, nell’agosto del 1897, diventò, secondo quanto riportato dai quotidiani, la bevanda delatrice per eccellenza in tutta la costa ovest degli Stati Uniti. Altro che in vino veritas, in tamarindo veritas, perché per un cittadino cremonese di 31 anni, notissimo in città come specificato dal paragrafo a lui dedicato, la prova d’esame come privatista di un istituto tecnico si era rivelata più dura del previsto proprio a causa della dissetante bevanda estiva. All’interno della bottiglia della bevanda, portata addirittura da una cameriera nell’aula d’esame, quasi come a rimarcare la notorietà del candidato, vi era arrotolato all’interno lo svolgimento del tema d’esame. Il professore, che aveva notato la stranezza, aveva requisito il foglietto lasciando al destino, ad oggi sconosciuto, il superamento della prova da parte del candidato. Probabilmente le bottiglie di tamarindo, da quel momento in poi, erano destinate a sparire dai tavoli degli studenti di tutta la città, si sa mai che il legume dalla polpa marrone si mettesse a raccontare tutti i trucchi possibili messi in campo dagli studenti, con o senza cameriera.
Ben più drammatica fu la notizia del agosto 1919 quando il sindaco Attilio Botti, mentre passeggiava in città con sua moglie, venne aggredito dal presidente di una Cooperativa che si occupava di forniture comunali. L’assalto alla coppia non aveva un fine politico ma era legato ad appalti per la fornitura di beni al Comune, purtroppo Botti e la moglie riportarono diverse ferite a causa delle violenze subite.
Lo stesso Botti, nel luglio 1914, salì all’onore delle cronache negli Stati Uniti in quanto eletto sindaco nonostante, di professione, fosse un’operaio, fatto che venne preso quasi come un esempio. Infatti, più che una stranezza, la visione oltreoceano di un “comune lavoratore” in grado di diventare sindaco era considerata il punto di partenza di un percorso democratico e di una carriera che valorizzavano la persona, non il semplice curriculum. Come si spera possa essere sempre.
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