14 giugno 2025

Ulisse glorificato da Michele Pasotti, maiuscola la prova del direttore con l'orchestra La Fonte Musica. Bene tutte le voci

E’ stata una grande edizione al Monteverdi Festival quella del Ritorno di Ulisse in Patria tragedia di lieto fine in un prologo e tre atti di Claudio Monteverdi ( libretto di Giacomo Badoaro). E lo è stata soprattutto per la musicalità. La precisione. La forza. L’aderenza allo spirito monteverdiano di Michele Pasotti, concertatore della messa in scena, a cura del Teatro Ponchielli,  e direttore dell’Orchestra La Fonte Musica.

E’ stata una prestazione, a dir poco, maiuscola sotto ogni aspetto. Pasotti e gli strumentisti hanno saputo reggere con la medesima intensità espressiva dalla prima all’ultima nota, un’opera che presenta complessità non indifferenti. A partire ad esempio dell’accompagnamento delle voci. Un lavoro minuzioso. Certosino. Calibrato, di volta in volta, sulle diverse voci. Sui diversi momenti narrativi della vicenda di Odisseo che, contro la volontà degli Dei, ritorna in patria, a Itaca, e riabbraccia la fedele Penelope. Ha mescolato le carte con tutto il repertorio strumentale che Monteverdi usava per rendere il racconto il più piacevole possibile. Il più fantasmagorico immaginabile. E l’operazione gli è riuscita perfettamente. Bravo a modulare, senza soluzione di continuità, le parti vicine al ‘recitarcantando’ a quelle più antiche e strofiche della canzonetta. Attento nell’evidenziare l’infinita serie di ‘madrigalismi’ contenuti in un tutte le parti.

Effervescente nelle parti strumentali. Omogenia la sonorità dei fiati e degli archi. Poderoso il meraviglioso ritornello che annuncia l’arrivo in scena delle barche dei Feaci. E’ stato trascinante. Imperioso e coinvolgente.   

Molta parte del successo va anche al cast vocale.  Mauro Borgioni un Ulisse: perfetto. Senza sbavature. Solenne, ma mai accademico. Trascinante nell’arioso del risveglio sull’isola di Itaca dopo la scomparsa della nave dei Feaci. Così come tenerissimo nell’ultimo duetto d’ amore con la ritrovata sposa. Benissimo anche  Margherita Sala: Penelope. Voce importante la sua. Capace di curare i sentimenti. Raffigurare il dramma dell’attesa dell’eroe come quello del dubbio e infine quello dell’amore: che tutto vince. Convincente anche  Jacob Lawrence, nei panni del figlio della coppia: Telemaco. Un riconoscimento anche per Arianna VendittelliMinerva. Superlativa in alcuni passaggi narrativi. Cantante che ha personalità straripante. Il resto del cast tutto di grande livello: Luigi De Donato, il Tempo/Nettuno; Giulia Bolcato, Amore/Giunone; Cristina Fanelli, La Fortuna; Valentino Buzza, Giove ; Chiara OsellaHumana Fragilità; Francisco Fernández-Rueda, Eumete; Alberto Allegrezza, Eurimaco; Alena Dantcheva, Melanto; Davide Livermore, Iro; Arnaud Gluck, Pisandro; Roberto Rilievi, Anfinomo; Matteo Bellotto, Antinoo e Chiara Brunello, Ericlea.

Poi c’è il capitolo allestimento e regia. Il tutto firmato da  Davide Livermore. (Chiara Osella  assistente alla regia). Di certo non è stata una edizione improntata alla classicità. Né tanto meno al favoloso mondo barocco. Livermore ha cercato di attualizzare l’antica vicenda. Ha messo in campo tutti gli espedienti scenici anche per dissacrare il mito dell’Olimpio greco. Lo ha  abbassato a una quotidianità dell’umano. Lo ha portato, non dico ai giorni nostri, ma quanto meno agli anni Cinquanta del secolo scorso. Ci sono state intuizioni buone. Il mare in tempesta proiettato su teli mentre Ulisse si sveglia dal grande sonno dopo essere stato abbandonato sulla spiaggia della sua isola. La stanza neoclassica dove finalmente Penelope riconosce Ulisse come suo sposo. Altri passaggi, come ad esempio il Prologo, hanno lasciato qualche perplessità.  

Eleonora Peronetti, ha curato la scene;  Anna Verde: i costumi (Francesca Sartorio assistente ai costumi). Antonio Castro:  le luci. 

Il pubblico del teatro cremonese ha apprezzato. Tutto il cast è tornato più volte sul proscenio a raccogliere gli applausi. Si replica sabato 14 giugno allore ore 18.

Le foto sono di Lorenzo Gorini

Roberto Fiorentini


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti