20 settembre 2023

Un altro tesoro nascosto tra i campi: l'oratorio dei Santi Pietro e Paolo a Fontana, frazione di Cella Dati e parrocchia di Pugnolo. Il mistero delle lettere greche

Una chiesetta nascosta tra le mura di vecchie cascine, un po’ defilata rispetto alla strada bassa che collega Pugnolo a San Daniele Po; intorno un prato ben curato ed una stradina di sassi che conduce ad una cascina disabitata. Solo la cima della torre campanaria riesce a svettare sopra i tetti circostanti ed a farsi notare. Eppure quella pieve è lì da secoli, anzi, alcune di quelle pietre sarebbero state posate oltre un millennio fa. 

Parliamo dell’oratorio dedicato ai Santi Pietro e Paolo di Fontana, frazione di Cella Dati e parrocchia di Pugnolo.

Entrare oggi in quella chiesetta, chiusa ormai da anni, è un grande tuffo nel passato perché tutto sembra fermo e sospeso nel tempo. L’aria polverosa cattura la luce del sole formando raggi che entrano dalla finestra sopra il portone, rivolto ad ovest come vuole la tradizione cristiana. Al tramonto il fascio di luce illumina con la sua luce dorata proprio il leggìo a fianco dell’altare, racchiuso da un arco laterale. A terra, in un vaso di vetro, rimane ancora un mazzo di fiori gialli portato dai fedeli in occasione dell’ultima messa, cinque anni fa. Pensare che per anni, decenni, secoli le giornate sono trascorse così dentro questa chiesa, nell’assoluto silenzio della campagna, con la luce che entra dalla finestra disegnando ogni giorno il cammino del sole sui muri e sull’altare, tra le file composte dei banchi, seguendo l’alternarsi delle stagioni, con le pietre che assorbono il calore del sole d’estate ed il gelo dell’inverno, quando l’umidità entra fin dentro le ossa. 

Il toponimo: ‘Loca Fontana’

Era già presente su un documento datato 23 luglio 883, dove appunto era citato questo luogo ricco di sorgive (ricordiamo che il Po nei secoli passati scorreva molto più a nord rispetto all’attuale alveo, quindi la presenza di sorgive ed acquitrini era normale in questa zona). Ancora un documento, citato da Ludovico Muratori nel 1737 e datato 22 giugno 883, certifica la donazione fatta da Carlo il Grosso, nipote di Carlo Magno, ad un certo Giovanni di Murgola, della «massaritia (…) in loco qui vocatur Fontane, comitatu brixiensi, Parochia cremonensi». Quindi, la località ha origini davvero molto, molto antiche. 

L’oratorio dei Santi Pietro e Paolo.

Tornando al nostro oratorio, possiamo dire che l’edificio che vediamo oggi è il frutto di diversi rimaneggiamenti nel tempo, diverse fasi di costruzione, ristrutturazione e restauro, ma quello che è certo è che parte di quelle mura ha origini nell’epoca carolingia. Lo si nota (o meglio, l’hanno notato gli esperti della Soprintendenza di Brescia) dalla presenza dell’opus spicatum, -ossia dei mattoni disposti a spina di pesce, tipico dell’architettura romana- e della presenza di sette lesene e di due piccole monofore sul lato a sud della chiesetta, che ha permesso di far risalire questa porzione di muro al VII secolo. Inoltre è significativo notare come su alcune pietre siano ancora visibili dei graffiti e alcune lettere greche e gotiche, di difficile decifrazione, che però aiuterebbero ad identificare l’origine assai antica di questo muro. Perlomeno nella parte più bassa, dove sono presenti molti materiali di riporto e dove la disposizione dei mattoni è meno regolare rispetto alla parte più alta, che appare più ordinata nella sua composizione e verosimilmente meno antica. 

Naturalmente nei secoli molti furono gli interventi di rimaneggiamento della struttura e lo si nota subito guardando la facciata, rifatta probabilmente nel seicento -come suggerisce la forma della finestrella che sovrasta il portone- che differsice nettamente nello stile dal resto dell’edificio, così come risulta molto più recente pure la torre campanaria. 

Uno degli ultimi interventi di restauro fu proprio quello decisivo per definire l’origine antichissima dell’oratorio: nel 1983 la parrocchia di Pugnolo decise di ristrutturare l’edificio, perciò vennero scrostate le mura esterne e finalmente, una volta tolto lo strato di intonaco, l’oratorio potè mostrare di nuovo, dopo secoli, tutto il proprio valore artistico, riportando alla luce quelle pietre millenarie disposte ad opus spicatum che ne hanno costituito la parte strutturale fin dalle origini.

Sempre attraverso i documenti ecclesiastici, sappiamo che all’esterno di questo oratorio era presente un cimitero, come consuetudine fino al XIX secolo, e che nel 1500 fu circondato da una siepe su comando del Vescovo Speciano. Oggi non vi è più traccia della siepe e del camposanto, intorno alla chiesa sorgono altri edifici abitativi. 

Sempre Speciano ordinò la costruzione della sacrestia e degli ultimi interventi all’interno dell’edificio; da allora la chiesa, nella parte interna, non dovrebbe aver subito più rimaneggiamenti.

Oggi la struttura si compone di un’unica navata con due file di banchi; la pala d’altare è in muratura decorata in ‘pasta fiorata’, vale a dire marmo e cera. Sul muro a nord si nota ancora un affresco che raffigura il transito di San Giuseppe con la Madonna e Cristo, opera che potrebbe essere datata tra fine ‘400 ed inizio ‘500.

L’interno è piuttosto spoglio, quanto c’era di valore è stato portato al sicuro in altri luoghi, come ad esempio le due statuette lignee dei santi a cui è dedicato l’oratorio, Pietro e Paolo appunto. 

Ma il vero fascino di questa chiesetta di campagna, il suo valore inestimabile, non sta negli oggetti che custodiva, quanto nel suo essere ancora oggi lì, dopo aver attraversato i secoli, aver visto guerre e battaglie; quelle pietre sono state posate secoli prima che l’Italia nascesse, con incise parole in una lingua oggi quasi sconosciuta.

Che, seppur vecchio ed un po’ acciaccato, non ha mai perso la propria dignità e rimane ancora oggi a custodire la fede e la devozione di quel piccolo angolo di campagna cremonese vicino al Grande Fiume.

 

Michela Garatti


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