Verso il Palio dell'Assunta a Siena (16 agosto). Quando anche un cremonese gareggiò nel 1461 in piazza del Campo
Si avvicina il Palio dell'Assunta a Siena, che si correrà mercoledì 16 agosto con le dieci contrade pronte a darsi battaglia. Il carissimo collega e storico Angelo Locatelli, purtroppo portato via prematuramente dal Covid, in una sua preziosa ricerca individuò un cremonese che nel 1461 partecipò come fantino alla corsa di cavalli più famosa al mondo. Ecco il suo articolo.
Correva l’anno 1461. Al palio di Siena prese parte anche un cremonese: “Furaboscus de Cremona”. Di lui, come personaggio, si conosce solo il cognome, la città di provenienza, l’anno in cui partecipò al palio e il nome dei suoi avversari.
Le cronache senesi dell’epoca lo ricordano, praticamente con poche parole. Ma stessa sorte, a volte ancor meno fortunata, toccò a gran parte dei partecipanti alle dispute fino alla metà del ‘600.
Il giorno del palio era una grande festa alla quale partecipava il popolo senese ma anche i grandi nomi dell’aristocrazia “del sangue e del denaro” proveniente da tutta Italia: i Medici, i Malatesta, i Borgia, i Visconti, i Gonzaga che facevano gareggiare i loro fantini. Imbrogli e scorrettezze avvenivano anche a quei tempi.
Nel 1492 il palio venne assegnato al marchese di Mantova, piazzatosi al secondo posto, in quanto il fantino di Cesare Borgia aveva compiuto delle irregolarità. Ad assistere al palio erano presenti anche teste coronate d’Europa, nel 1432 l’imperatore Sigismondo, e alte cariche ecclesiastiche.
Il giorno 16 agosto si svolge, a Siena, il palio dell’Assunta, (pur ricadendo la festa il giorno 15), la manifestazione pubblica più famosa d’Italia insieme al palio della Madonna di Provenzano, che si corre il 2 luglio nella stessa città. Ad uno degli antichi palii cittadini, che affonda le proprie radici lontano nei secoli e dal quale i due nominati derivano, nel 1461 partecipò un cremonese: certo “Furaboscus de Cremona”, un Foraboschi. Il suo nominativo compare accanto a quello di altri cinque concorrenti alcuni dei quali con il nome “cammuffato” ma con cognomi e località di provenienza reali: un anticipo di quanto è stato tramandato fino ai nostri giorni con l’utilizzo di pseudonimi anche ridicoli per fantini come come Aceto, soprannome che ha reso famoso Andrea Degortes, Trecciolino (Luigi Bruschelli), Gobbo Saragiolo (Francesco Santini), Diavola o Rompicollo (Rosanna Bonelli, la fantina), ecc.
In gara con il cremonese Furaboscus c’erano: Paganinus Pagani de Romània, (Paganino era un nome personale ancora in voga a quei tempi; Romània sta per Romagna, corrispondente in antico alle zone dell’esarcato di Ravenna), Fallatutti Factinnanzi de Schiavonia (località in provincia di Forlì), Tremalmondo de Ferraria (Ferrara), Setacchiappo Barilis di Montefiascone (in provincia di Viterbo), Fiascus Barilis de Montefiascone (Viterbo) quasi nomi di gavazzieri dediti agli sfrenati piaceri della vita. Nominativi che possono apparire inventati in occasione della gara ma che in realtà, come visto per le località, sono reali e di antica formazione.
Tranne Pagani, frequentissimo in Lombardia ed Emilia, presente complessivamente in 1215 comuni di tutta Italia, tutti i cognomi dei nominati fantini hanno subìto il logico processo di italianizzazione.
Tre di essi dovuti all’agglutinazione, cioè all’unione di due parole distinte, sono ormai rari: quello del cremonese Foraboschi o Forabosco è ormai scomparso dalla provincia di Cremona ma è ancora presente, nella prima forma, in 33 comuni italiani di Lombardia, Friuli, Trentino, Emilia e Marche e, nella seconda, in 26 comuni di Friuli, Veneto, Emilia, Lombardia e altre regioni in misura minore; Fattinnanzi è riscontrabile in soli 18 comuni specialmente di Lazio e Marche; Tremamondo, rarissimo, sopravvive in sole sette località. Barili è presente invece in 116 comuni di numerose regioni, ma particolarmente in Emilia, Lombardia e Toscana. Questo è un cognome ancora attuale nel viterbese, provincia della quale erano originari due dei partecipanti al palio.
Degli esiti di quel palio poco si sa e se il cremonese si sia fatto onore; se abbia corso per sé stesso o per conto di qualche nobile... E’ comunque certo che egli non avrebbe fatto tanta strada se non avesse avuto i necessari requisiti. Anche perché, sulla famosa piazza, non poteva correre chiunque lo volesse.
Il premio del palio (dal latino “pallium”, mantello di lana), a quei tempi, consisteva in un tessuto prezioso che veniva tenuto dal vincitore o riconsegnato agli organizzatori in cambio del suo valore in denaro. Nel 1430, ad esempio, per foderare il palio di “rosado” di seta lungo diciotto braccia senesi (13 metri e 42 centimetri) con decorazioni e bande di seta e d’oro, ci vollero 1400 pelli di vaio. Nel 1447 il palio, di velluto cremisi, misurava più di 22 metri. Una ricchezza per quei tempi.
Le corse, o meglio le “carriere” con i cavalli e l’ambìto premio, con gente proveniente un po’ da tutte le parti, fanno pensare a certi film americani, tratti dalla realtà quotidiana, in cui i protagonisti sono i piloti con le loro auto e la vincita un grosso premio in denaro.
La foto della mossa da facebook del Palio di Siena
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