24 settembre 2021

Voltido, quel soldato ungherese "nemico" morto a Voltido nel 1919, assistito da due samaritani italiani. Il sindaco ricostruisce la storia

Un altro al posto suo avrebbe lasciato perdere. Invece Giorgio Borghetti, 68 anni, sindaco di Voltido, ingegnere in pensione con l'hobby della pittura e una passione divorante per la storia, ha voluto andare sino in fondo e risolvere il 'giallo': chi era quel soldato dell'esercito austro-ungarico deceduto in circostanze misteriose nel municipio del piccolo paese circondato dai campi e bagnato dal canale Delmona?
Borghetti, qualche tempo fa, aveva deciso di scrivere un libro sui caduti, in combattimento o per malattia, di Voltido nella Prima Guerra mondiale: 65 dei 1.200 abitanti e su 240 giovani di leva.

Sono andato al piano di sopra, nell'archivio comunale. All'inizio non sapevo dove sbattere la testa, non trovavo nulla”. Poi, dai grandi volumi con la copertina nera, i primi lampi di luce. “Frugando tra i registri degli atti di morte dal 1915 agli anni successivi è spuntato un cognome molto strano”. Era quello di Miklòs Tavassy, caporale ungherese che prima di arruolarsi faceva il macellaio, un prigioniero di guerra spirato, come si legge nel certificato, il 4 febbraio 1919 nella casa comunale di Voltido.

“Il conflitto era finito da tre mesi ma Miklòs era ancora qui. Non ci è dato sapere perché ma una cosa è sicura: era ospitato nel nostro municipio e con lui c'erano due soldati italiani che hanno fatto da testimoni del suo atto di morte”. Si tratta di Battista Marchini, 23 anni, di Orzinuovi (Brescia) e Fiorentino Degli Alberti, 24, di Varzi (Pavia). Entrambi contadini tornati dal fronte.

“Mi sono chiesto dove fosse morto il loro commilitone ungherese. In Comune c'è uno scantinato che presto svuoteremo della terra e dell'acqua: il luogo potrebbe essere quello. Miklòs era un prigioniero di guerra. Meglio, un ex prigioniero. Non c'è da stupirsi: i campi di concentramento di quel conflitto erano tantissimi e poteva essercene uno anche da queste parti. Quei tre ragazzi, l'ungherese e i due lombardi, condividevano la stessa stanza e si stavano aiutando in attesa di separarsi per tornare nelle loro case. Sono convinto, anche se non ci sono le prove, che Battista e Fiorentino abbiano assistito Miklòs, da pochi mesi non più loro nemico, sino alla fine. Lo lascia supporre il fatto che i testimoni per redigere l'atto di morte siano stati proprio loro e non, come succedeva quasi sempre, il fabbro e l'oste del paese, facilmente reperibili. La pace era tornata, mi piace pensare che la solidarietà e la compassione avessero ripreso il loro posto. Il militare straniero se n'è andato lontano dai suoi cari, ma ha incontrato quella coppia di samaritani”.
Il sindaco ha inondato di lettere i diplomatici ungheresi in Italia per ricostruire la storia del loro concittadino. Il consolato magiaro si è mobilitato disponendo una ricerca presso gli archivi dell'Istituto e Museo di Storia della Guerra di Budapest.

Ne è scaturita una risposta dettagliata: “Il caporale è nato a Miskolc il 12 agosto 1896. Padre: Rezsò Tavasy (di confessione augustana); madre: Vilma Szlavkovszky (di confessione luterana). Nel 1915 il figlio è stato arruolato nell'esercito regio ungherese. E' stato inserito nella 10a fanteria dal 1916. Durante il suo servizio presso il 3o battaglione mitraglieri, fu decorato, per il suo atteggiamento eroico, della medaglia di bronzo al valore militare il 24 novembre 1917”. Postilla: “Purtroppo il nostro ufficio ausiliare presso l'Archivio di Storia bellica di Vienna non ha trovato informazioni sulle circostanze della sua cattura”. Riprende Borghetti: “Probabilmente venne sepolto a Voltido ma nella cartografia datata 1940 del cimitero del paese il suo nome non compare. E' possibile che sia stato esumato e traslato nell'ossario comune”. Il sindaco ha indagato anche sui suoi due amici italiani, avversari di un tempo. Mentre non sono arrivate risposte su Battista, il Comune di Varzi ha fatto sapere che Fiorentino è spirato nel 1966. “Una sua parente ha detto che aveva un figlio, Antonio, contadino come il padre. Diventato partigiano, Antonio è stato preso dai tedeschi e deportato a Mauthausen, da dove non è più tornato”.
E così molti tasselli dell'avvincente 'giallo' di Miklòs si sono incastrati. Voltido lo ha adottato: il suo nome è stato scolpito sulla lapide di marmo, scoperta nel novembre scorso al cimitero, accanto ai 17 caduti durante la Prima Guerra mondiale nati in paese ma emigrati altrove e per questo non inseriti nell'altro monumento, quello addossato alla facciata comunale e da poco restaurato, opera di Aldo Balestreri, scultore sordomuto di Solarolo Rainerio.

Il console generale ungherese, Jeno Csiszàr, ha ringraziato Borghetti “per la sua infinita gentilezza ed umanità con le quali si è impegnato per commemorare anche il nostro giovane caporale”. Parole simili dall'ufficio del sindaco di Miskolc: “Apprezziamo molto i suoi sforzi che preservano la memoria delle vittime della Grande Guerra e la ringraziamo per aver ricordato il soldato nato qui e morto lì. Sfortunatamente non abbiamo trovato elementi utili per risalire a suoi parenti e non abbiamo una sua fotografia ”.

Perché ha fatto tutto questo? Il sindaco si schermisce e cita i 'Sepolcri': “Celeste dote negli umani per cui si vive con l'amico estinto e l'estinto con noi”. Per poi aggiungere: “Come ingegnere, cerco di andare al cuore, alla fonte delle cose. Da foscoliano, credo che l'esistenza non possa essere solo presente e futuro, ma voglio anche immaginare chi ci ha preceduto e unirmi a lui

Gilberto Bazoli


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commenti


François

25 settembre 2021 05:59

Piccolo paese, grande Sindaco.

Giorgio borghetti

25 settembre 2021 16:04

Questa storia ha un valore universale...è la storia dell'uomo solidale con l'altro uomo, che agisce secondo coscienza e amore verso il prossimo, nonostante le apocalissi della barbaria umana. Una piccola luce che si staglia contro le macerie di distruzione causate dall'arbitrio inumano dei potenti

Giorgio

26 settembre 2021 16:17

Eppure, il destino cieco ha colpito il samaritano Fiorentino degli Alberti. Tornò a casa a Varzi, e nel 1927 nacque un figlio, l'unico, che entrò tra i partigiani e diciottenne morì a Mathausen.
Sono convinto che il dolore della perdita del figlio deve essere insopportabile come ho visto e sentito da mia nonna che ha perso un figlio di 19 anni e che ha pianto fino alla morte. Eppure, queste tragedie che durano tutta la vita possono essere tenute sotto "controllo " con la forza d'animo, la forza del cuore che non cede sotto i colpi del destino. Questi sono i giganti dell'umanità

Luana Capelletti Griffini

25 settembre 2021 07:21

Bravissimo Giorgio! La storia dei piccoli paesi fanno la grande storia!!! Complimenti e avanti tutta con le tue ricerche!

Giorgio borghetti

25 settembre 2021 15:58

Grazie, condividiamo gli stessi obiettivi!

Fiorenza

26 settembre 2021 20:18

26 settembre 2021 Senza memoria non c'è futuro. Il Comune di Voltido ha un grande futuro perché il sig. Sindaco Giorgio Borghetti non lascia nulla di intentato per ricostruire la memoria storica ricercando approfonditamente tutti i possibili tasselli, inondando di lettere chiunque possa contribuire a ricostruire le memorie e ritrovare le radici. Gli elogi sono ben meritati. Grazie sig. Sindaco Giorgio Borghetti. Auguri di buona continuazione.

Giorgio borghetti

27 settembre 2021 16:31

Grazie Fiorenza,
Sono felice di averla conosciuta e i suoi suggerimenti sono preziosi, Lei che è la memoria storica di Melzo e giustamente insignita cavaliere della Repubblica italiana. La sua famiglia andava a rifocillare i prigionieri piombati nei vagoni fermi alla stazione di Melzo prima di proseguire per la destinazione tragica Germania durante la seconda guerra. Grazie Fiorenza