23 febbraio 2021

E se la biblioteca di Gerardo fosse stata in San Luca?

Secondo la tradizione tramandata da vari testimoni di epoca medievale, la biblioteca scientifica di traduzioni dall’arabo eseguite da Gerardo da Cremona a Toledo tra il 1134 ed il 1187 venne trasportata a Cremona dal nipote Pietro e depositata nella chiesa di S. Lucia. Sia una nota che chiude la traduzione gerardiana del trattato di Euclide Sulle divisioni delle figure, sia il Cronicon redatto all’inizio del Trecento dal domenicano bolognese Francesco Pipino, sia le Note di Gasapino da Cremona, concordano nell’indicare la chiesetta di S. Lucia, dove in seguito il nipote dell’illustre Maestro cremonese proseguì l’opera dello zio, con l’obiettivo di far rivivere il modello “cattedrale” della grande scuola toletana dei traduttori e rendendo la biblioteca scientifica di Santa Lucia un polo culturale di notevole interesse sia per l’Italia Settentrionale che per altre zone.

Tuttavia, riguardo alla collocazione della sua biblioteca a Cremona, è possibile considerare, con molteplici cautele, un’ipotesi differente, forse bizzarra di primo acchito. Lo spunto è offerto dal Penzani, che nel saggio Illustri medici cremonesi pubblicato su ‘Castalia’ nel 1957, scrive che Gerardo sarebbe stato sepolto in San Luca. Senza poter verificare se si trattasse di un refuso o di una convinzione dell’autore, si può però notare che anche la chiesa di S. Luca potrebbe forse essere timidamente candidata a luogo di deposito sia dei libri, sia della salma dell’illustre scienziato cremonese. Va premesso, per correttezza scientifica, che gli indizi sui quali è possibile avanzare siffatta ipotesi non sono suffragati da alcun dato concreto e certo.

Il Pipino, nella sua Chronica, afferma che Gerardo venne sepolto nel monastero di S. Lucia (“sepultus est Cremonae, in Monasterio Sanctae Luciae”), al quale lasciò in eredità anche la sua biblioteca (“ubi suorum librorum bibliothecam reliquit”).

Di quel monastero però doveva essersi già persa ogni traccia nel XVI secolo, giacché non compare nella pianta di Cremona disegnata da Antonio Campi nel 1583. V’è da chiedersi se, più verosimilmente, quel che Pipino definisce “monasterium” non venisse confuso con quella che Gasapino definì  la sagrestia della chiesa (“segrestia dicte ecclesie”). Effettivamente esistette un monastero annesso a Santa Lucia, pure dotato di una ricca biblioteca, ma venne eretto dai Padri Somaschi nel 1583 quando si insediarono nella chiesa e poi demolito nel 1818 (i Somaschi lo descrissero come «di buona fabrica, di trentasei camere, incluse le officine publiche», più o meno corrispondente al blocco che oggi è compreso tra le vie Bissolati, Pettinari e Ruggero Manna). Inoltre in un documento del 1650 i Somaschi affermano che nel 1583 il preposito Cristoforo Brumano rinunciò a S. Lucia «dando la chiesa, una casetta et un horticello», senza menzionare monasteri preesistenti.

In attesa che una consultazione delle carte relative alla fondazione ed alla demolizione di questo piccolo convento possa forse offrire qualche spunto, si può notare che alla chiesa di S. Luca era invece annesso nel Medioevo un monastero, oltretutto culturalmente piuttosto attivo.

Secondariamente Lucia e Luca (anche nella loro declinazione latina) differiscono per una sola lettera: circostanza che aumenterebbe non poco la possibilità di ipotizzare qualche errore di trascrizione, comprensibile soprattutto per cronisti, quali ad esempio il Pipino, esterni a Cremona e quindi poco o per nulla pratici dell’urbanistica cittadina; del resto persino Gasapino Antegnati, che certamente fu cremonese, dice di trascrivere i fatti narrati nelle sue Note dal racconto orale di suo padre, attraverso una modalità di trasmissione, quindi, dove maggiore è la possibilità di alterazioni involontarie nei nomi (va però tenuto conto del fatto che Gasapino era un giudice – di parte guelfa e vicino alla famiglia dei Torriani – nonché uomo di buona cultura che mostra di conoscere i classici – soprattutto Virgilio e Giovenale, assieme a Paolo Diacono e Gregorio Magno – e ciò abbassa notevolmente la possibilità di errori di trascrizione da parte sua); peraltro il Gualazzini è convinto che l’Antegnati si sia in realtà affidato anche ad una fonte molto più circostanziata e puntuale del mero racconto orale paterno, in particolare per le precisazioni in materia scientifica inserite nel paragrafo in cui parla di Gerardo da Cremona (data la sua cultura principalmente giuridica): questa fonte viene identificata nell’opera storica del prete Giovanni da Cremona, che doveva quindi contenere interessanti informazioni su Gerardo, sulla sua biblioteca e sulla prosecuzione in città delle ricerche arabistiche da parte del nipote Pietro; purtroppo, il manoscritto è andato perduto, senza che vi sia la possibilità di ricostruire anche pressapoco il suo contenuto. In terzo luogo l’evangelista cui è dedicata la chiesa all’angolo tra Corso Garibaldi e viale Trento Trieste, era secondo una certa tradizione medico, e divenne in seguito patrono dei medici (oltre che degli artisti). Una chiesa dedicata al santo protettore dei medici, con annesso un attivo monastero e con un nome assai confondibile con quello di S. Lucia, potrebbe sembrare non meno consona ad accogliere le traduzioni scientifiche di Gerardo (tra le quali figurano parecchie opere dedicate al sapere medico, tra le quali il celebre Canon medicinae di Avicenna e la Chirurgia di Albucasis) assieme ad una sua ipotetica sepoltura.

In aggiunta a ciò, si potrebbe osservare che nel Medioevo la chiesa di S. Luca si trovava a non molta distanza dal monastero di S. Guglielmo, edificio domenicano nei pressi di Porta Tintoria.

Questo edificio, secondo il Gualazzini, avrebbe ospitato extra moenia lo studium cremonese per le discipline giuridiche, mentre nella chiesa annessa (ora non più esistente) sono testimoniate alcune sepolture di maestri deceduti a Cremona. Lo stesso Gualazzini, nel suo Nuovi contributi per la storia dello «studium» di Cremona nel Medioevo, osservava che «si hanno motivi per credere che anche la facoltà di arti liberali e medicina non fosse mancata» e che «nate insieme, in quanto la filosofia naturale in antico era insegnata con le discipline del quadrivio, medicina ed arti liberali vennero via via differenziandosi. Trivio e Quadrivio costituirono la vera e propria facoltà di arti liberali, e quella di medicina assunse una propria autonomia. Di quest’ultima, gli statuti fanno cenno, molto prudentemente, dettando disposizioni del tutto marginali».

Che sul finire del XII secolo a Cremona dovesse già esistere, o stesse nascendo, una facoltà dedicata alle discipline scientifiche (oltre a quella di giurisprudenza), è testimoniato chiaramente da Gasapino Antegnati nel paragrafo delle sue Note dedicato alla biblioteca di Gerardo, quando afferma che da Toledo i libri furono destinati «alla città ed allo studio di Cremona» (“civitati et studio Cremonae“): è logico dedurre che quella nutrita serie di opere scientifiche non trovasse certo posto all’interno della facoltà di giurisprudenza; se ne deduce che Gasapino, quando scrive “in studio Cremonae“, deve per forza riferirsi ad un’istituzione relativa alle discipline scientifiche. Sull’esistenza a Cremona nel Medioevo di una facoltà di medicina sono emersi recentemente altri concreti riscontri: Emilio Giazzi ha rinvenuto frammenti pergamenacei che attesterebbero l’esistenza a Cremona, nel XIII secolo, di un insegnamento medico di livello superiore; e gli studi di Gabriella Zuccolin hanno raccolto indizi sufficienti per confermare la presenza, nello Studium cremonensis tra XIV e XV secolo, di una vera e propria “facoltà di medicina”, della quale a tutt’oggi è ancora ignota la localizzazione.

E’ davvero difficile scartare l’ipotesi, anche in assenza di riscontri certi, che, se non nella nascita almeno nello sviluppo di quella “facoltà di medicina”, abbia giocato un ruolo chiave la biblioteca delle traduzioni scientifiche di Gerardo (alla quale attinsero sicuramente illustri docenti, medici e uomini di scienza del secolo successivo, quali Urso da Lodi, Adamo da Cremona e Giambonino da Cremona), ovunque essa si trovasse.

Ma se la biblioteca di Gerardo si fosse trovata non a S. Lucia bensì nel complesso monasteriale di S. Luca, allora prenderebbe forma nell’attuale zona di Viale Trento e Trieste una sorta di “polo” culturale di epoca medievale, del quale il complesso di S. Luca avrebbe potuto verosimilmente costituire la parte scientifica, mentre quello di San Guglielmo quella di area giuridica.

Michele Scolari


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commenti


Michele de Crecchio

27 febbraio 2021 21:22

Ipotesi affascinante, soprattutto per chi, come il sottoscritto, ha trascorso gran parte della sua vita proprio in tale quartiere.