25 giugno 2023

Il Titan e l'Oceano come Fetonte e il Po (con le sorelle tramutate in pioppi)

Il Titan è imploso, l’impresa ‘titanica’ è fallita e l’oceano si è preso le vite dell’intero equipaggio del sommergibile. 

Ancora una volta l’uomo ha perso la sfida cercando di compiere un’impresa fuori dalla propria portata, ad alto rischio, vivamente sconsigliato da molti. Così com’è successo innumerevoli volte nel corso della storia.

Ma questa tragica cronaca mi ha portato alla mente in particolare due dei miti greci più conosciuti, dove entrambi i protagonisti perdono la vita per aver voluto trascendere i limiti dell’umano.

Parlo del mito di Icaro, che non si accontentò di riuscire a volare con le ali costruite dal padre, ma sfidò la sorte andando sempre più vicino al Sole precipitando poi inesorabilmente in mare. Stessa sorte tragica per Fetonte, che osò guidare il carro del padre Apollo e pagò con la vita la sua ambizione. 

Su quest’ultimo mi soffermerò un po’ di più perché la sua vicenda è legata al nostro Fiume.

Fetonte era figlio di Febo Apollo, dio del Sole e della ninfa Climene; il giovane volle a tutti i costi guidare il carro del padre, quel carro che secondo la mitologia greca ogni giorno portava il Sole per tutto il suo tragitto lungo la volta celeste. Chiese più e più volte al padre Apollo di poterlo fare, per dimostrare la sua stirpe divina; alla fine il dio si commosse davanti alle lacrime di supplica del figlio e gli concesse quanto chiedeva. L’impresa, che sembrava fattibile, in realtà era fuori dalla portata umana, Fetonte non avrebbe mai potuto guidare quel carro e governare i cavalli che lo trainavano: quelle gesta che avrebbero dovuto essere divine divennero invece tragedia e Fetonte finì miseramente nelle acque del fiume Eridano, che secondo la maggior parte degli storici indicherebbe proprio il nome greco antico del fiume Po (altre fonti invece lo identificano, forse per assonanza, col Rodano). 

Le sorelle del giovane Fetonte, le Eliadi -figlie del sole- tanto piansero lungo le sponde del fiume dove il fratello era precipitato, da tramutarsi in pioppi: questo riallaccia all’altro nome con cui nell’antichità veniva identificato il Grande Fiume, cioè Padus (probabilmente più conosciuto rispetto ad Eridano), una latinizzazione del celtico Padi, che indica proprio il tipo di alberi che crescono in grande numero lungo le rive e sponde del fiume. Ancora oggi, in lingua rumena, il fiume Po è chiamato Pad

Fetonte ed Icaro, quindi, come Titan? 

Mito greco e tecnologia moderna, cielo e mare come dei da sfidare: storie diverse che però hanno sempre l’uomo al centro, protagonista con il suo bisogno di dimostrare al mondo di poter fare qualcosa di unico ed esclusivo, di andare oltre. 

Non so richieda una forte dose di coraggio o una disarmante incoscienza del pericolo il fatto di infilarsi in una capsula d’acciaio per scendere a 4.000 metri di profondità, in un ambiente tanto inospitale e pericoloso da non ammettere nessun tipo di errore. 

Il risultato in ogni caso purtroppo non cambia: nel mito, come nella realtà, non tutti i limiti possono essere superati in modo indolore. 

Michela Garatti


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