19 febbraio 2023

Nell’eredità lasciataci di Vittorio Cigoli, c’è anche la sua splendida ricerca sulle relazioni familiari colte nella pittura di tutti i tempi.

Un anno fa moriva Vittorio Cigoli, professore Emerito di Psicologia Clinica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Autore di oltre venti volumi e circa duecento pubblicazioni scientifiche. Gianvi Lazzarini ricorda il professor Cigoli e una sua opera rara: leggere nella pittura le trasformazioni delle relazioni familiari.

All’inizio di dicembre, l’Università Cattolica ha dedicato una giornata di studio sulla figura del nostro compianto concittadino Vittorio Cigoli, grande studioso della complessa problematica della famiglia, che ha elaborato in modo fecondo e originale.  

Infatti, coniugando gli interessi e le competenze personali nel campo della pittura con la specificità della sua ricca e raffinata ricerca in psicologia – la famiglia e i suoi intrecci – hanno portato Vittorio Cigoli a realizzare un’opera unica e rara: leggere attraverso la pittura le più importanti trasformazioni delle relazioni familiari nel corso dei secoli in Occidente. Un viaggio nel tempo servendosi dei dipinti sulla famiglia che gli permette di considerare le trasformazioni avvenute nelle relazioni familiari e di trarne anche indicazioni cliniche. 

È soprattutto nel suo libro L’albero della discendenza. Clinica dei corpi familiari, edito da Franco Angeli nel 2006 (che mi è caro anche per l’affettuosa scritta dedicata a me e a mia moglie Liliana), che Cigoli presenta la sua elaborazione; e lo fa in due parti: Ritratti di famiglia. Ascesa e declino della famiglia nella pittura e Vincent Van Gogh e Claude Monet: odore di famiglia e tela della personalità. L’ampiezza, la profondità e la complessità dei due scritti mi costringono non soltanto a occuparmi unicamente del primo, ma anche a sopportare la frustrazione di sapere che il mio lavoro non potrà che fortemente semplificare e sicuramente impoverire la ricchissima e splendida ricerca di Vittorio. 

All’inizio e alla base della sua analisi, Cigoli pone il tema della sacralità, considerata in due epoche differenti: quella dell’antica Roma e quella successiva del Cristianesimo. Le rappresentazioni pittoriche mostrano chiaramente che la sacralità è stata considerata ed elaborata secondo punti di vista dettati dalla cultura sociale e religiosa dei vari periodi. 

Cigoli ritrova la rappresentazione della sacralità rappresentata in una delle pitture parietali portate nel Museo di Napoli da Pompei e da Ercolano, quella che viene dalla casa di Sutoria Primigenia. Qui incontriamo la “domina” in una grande cucina in cui fanno mostra di sé agrumi, ortaggi e selvaggina. Insieme a Sutoria ecco i “famuli”, i servitori della casa. Tutti i presenti rivolgono le braccia verso l’alto; si tratta infatti di una cerimonia sacra e per niente affatto di una semplice preparazione di cibi. 

Ma è possibile cogliere ancor meglio il tema della sacralità della famiglia e della casa entrando nella nota casa dei Vettii, a Pompei. Si tratta di una delle case pompeiane che è allo stesso tempo una casa-palazzo in cui si “vive alla greca”, cioè una vita culturalmente elevata, e una casa santuario in cui si coltiva la religione dei padri-antenati. 

Qui tra le varie pitture parietali incontriamo quella dell’altare (il Larario) con le divinità della casa: i Lares e il Genius. In basso, il serpente, simbolo di perenne rinnovamento nella continuità.

Figura 1: I lari 

Il Genius era il capostipite della famiglia, considerato come nume tutelare della stirpe, incarnato nell’ultimo capo o pater familias. Quest’ultimo, in altre parole, durante le funzioni sacerdotali del culto domestico, appariva agli altri membri della famiglia come il veicolo attraverso cui il Genius della famiglia si manifestava ai suoi discendenti: per il tramite del pater familias, il quale durante il rito era infuso dalla forza stessa del Genius, si riteneva possibile perpetuare la discendenza non solo da un punto di vista fisico-generativo, ma altresì spirituale. La stirpe presupponeva un perpetuo legame di sangue.

I Lari, nelle sembianze di giovanetti, rappresentavano gli spiriti protettori degli antenati defunti che, secondo le tradizioni romane, vegliavano innanzitutto sulle risorse, sul benessere della famiglia. I Lares familiari o Penati, cioè i patres protettori, nella mitologia romana, assumevano varie configurazioni e denominazioni, raffigurati in statuette oggetto di culto… Gli avvenimenti più significativi della famiglia si svolgevano alla presenza dei Lari familiari: nascite, morti, alleanze tra famiglie, felicitazioni per onorificenze ricevute, giuramenti ecc., tutto insomma avveniva davanti a loro, come se fossero materialmente presenti. Le statuette venivano adornate di fiori; il pater familias (colui che esercitava l’autorità) recitava le preghiere di rito; in speciali piattini venivano loro offerte piccole porzioni di vivande, in modo che i numi tutelari fossero sempre resi partecipi di tutto ciò che veniva consumato alla mensa della casa.

Questi accenni alla sacralità che caratterizza la relazione familiare al tempo di Roma permettono e di evidenziare la continuità, ma anche la differenza, con il Cristianesimo. Il quale pone al suo centro un evento sconcertante e misterioso: Dio è sceso tra gli uomini, si è fatto carne ed è un bambino in mezzo ai genitori (a noi). Tale mistero sacralizza la famiglia in quanto tale e non c’è più bisogno di ricercare l’antenato simildivino. Anche le presenze protettrici della casa restano vive; non sono più però gli dei Penati, ma le anime dei trapassati che si fa fede d’incontrare di nuovo al tempo della vita in Cristo. 

È la Sacra Famiglia, già raffigurata nelle Catacombe di Priscilla a Roma e in sarcofagi del IV, V secolo (si veda il Museo Pio Cristiano in Vaticano) ad essere il paradigma della sacralità della famiglia. Il “topos” ricorrente nella pittura di quel tempo e soprattutto in quella dei secoli successivi mette al centro delle immagini Maria che cura il Bambino, mentre Giuseppe se ne sta in disparte, meditabondo: deve infatti interrogarsi sull’avvenimento sconcertante ed è la conoscenza delle Sacre Scritture che può aiutarlo ad accogliere il mistero. Cigoli, tra i tanti quadri che nei secoli successivi ripropongono questo topos, mette in evidenza la “Natività” di Giotto, nella Chiesa di S. Francesco di Assisi.

Figura 2: 

È però tra XIV e XVII secolo che esplode la pittura della Sacra Famiglia e non c’è pittore che non vi si cimenti. Per evidenziare l’impatto mentale della Sacra Famiglia sulle relazioni familiari, Cigoli si serve di alcuni quadri, nei quali la centralità della relazione tra Madre e Bambino Divino è particolarmente evidenziata, come per esempio l’Adorazione dei Pastori (La Notte) di Correggio (1528-1530). Un motivo già sottolineato da Vasari, che nelle sue “Vite” si sofferma sullo splendore e sulla luce che emana dallo scambio di sguardi tra madre e bambino. Questi due aspetti sono presenti in molti altri quadri, come per esempio quello, dall’analogo titolo, di Rubens: la luce emanata dal Bambino Divino illumina la Madre, che vi corrisponde con sentimenti di tenerezza e di commozione più che di adorazione. Anche se nelle “Sacre Conversazioni” Maria ha soprattutto il compito di presentare a tutti il Bambino Divino – e nelle pitture questo suscita meraviglia, stupore, raccoglimento e anche timore – spesso ella “dialoga” con lo sguardo con Lui. Cigoli considera con grande interesse il tema, ricorrente in molte rappresentazioni della Sacra Famiglia, dello sguardo che incrocia e si riflette reciprocamente negli occhi di madre e bambino. E ci dice che il tema del rispecchiamento verrà fatto proprio dalla psicologia moderna, specie con Winnicott, che lo definisce come la capacità della madre di accogliere l’emotività che il bambino le trasmette con la sua espressione facciale, di sintonizzarsi con essa, di integrarla nella rappresentazione mentale che lei ha del bambino, dandole un senso, per poi restituirla, così elaborata, attraverso l’espressione del proprio volto. 

Ed è con i fondamentale criteri di lettura adottati per esaminare le rappresentazioni della Sacra Famiglia – collocazione nell’insieme del quadro familiare e ruoli di potere o di subordinazione, espressioni fisiche ed espressione di sentimenti e di stati emotivi, manifestazione di relazioni, elementi simbolici… – che Cigoli analizza i dipinti che, nei secoli, propongono il tema delle relazioni familiari. E lo fa chiaramente già a partire dal primo dipinto che analizza.

Figura 3: la Natività di Giotto

Il dipinto, uno dei primi a ritrarre una famiglia reale (ovviamente, ricca, di alto ceto) mostra che è il padre che guida, mentre la madre è colei che si sacrifica. La regola di vita nella famiglia borghese è infatti la seguente: tocca al padre guidare e tocca alla madre sacrificarsi. 

Lo sguardo madre-bambino e la luce che viene dal bambino sono messi da parte. La pittura rappresenta ciò che detta la sociologia: la donna, madre e moglie, è posta ai margini. Rispetto alla Sacra Famiglia, Giuseppe ha fatto un passo in avanti e Maria indietro In essa, è il padre che guida, mentre la madre svolge un ruolo sacrificale.

Un altro ritratto di famiglia, sempre nel Seicento, è questo, bellissimo, di Van Dick. 

Figura 4. Anthony Van Dick, Ritratto di famiglia, inizio 1600

In esso, la famiglia viene rappresentata in modo sostanzialmente simile a alla concezione radicata nella società e nella cultura. Si tratta certamente di una famiglia generativa: entrambi i genitori hanno atteggiamenti di protezione verso il figlio. Ma il bambino e la donna sono personaggi secondari. Il centro del ritratto è un uomo. È descritto come in un altro spazio.  Ma qui c’è anche qualcosa di nuovo: la manifestazione di sentimenti di tenerezza e di felicità, che tuttavia sono frammischiati a un senso di insicurezza, di fragilità, di ansietà.

Se il dipinto di Van Dick in qualche modo scalfisce la logica familiare dominante, altri pittori introducono motivi nuovi, addirittura imprevisti, come per esempio Frans Hals, che nel suo nel suo Gruppo familiare in un paesaggio (1645-48) introduce il tema, dell’intimità di coppia. 

Figura 5. Frans Haks, 1600

Haks evita l’ufficialità della posa e anche la sua pittura è di getto, senza cioè disegno preliminare. Ciò che gli interessa, ben prima che nasca la fotografia, è l’istantanea di vita, l’attimo che rivela i sentimenti e le posizioni sociali dei personaggi coinvolti, che qui si arricchisce dell’accenno al passo di danza da parte della coppia e dello sguardo complice che la coppia si scambia. Il figlio maggiore e il servo nero che rivolgono altrove. L’esperienza erotica è rimandata nel f In esso, la famiglia viene rappresentata in modo sostanzialmente simile a alla concezione radicata nella società e nella cultura. Si tratta certamente di una famiglia generativa: entrambi i genitori hanno atteggiamenti di protezione verso il figlio. Ma il bambino e la donna sono personaggi secondari. Il centro del ritratto è un uomo. È descritto come in un altro spazio.  Ma qui c’è anche qualcosa di nuovo: la manifestazione di sentimenti di tenerezza e di felicità, che tuttavia sono frammischiati a un senso di insicurezza, di fragilità, di ansietà.

Al contrario, la giovane ragazza rivolge lo sguardo (cioè l’interesse) a tale complicità, senza peraltro dimenticare la fedeltà al legame rappresentata dal cane che le è vicino. In breve; sulla scena pittorica si recita la complicità erotica che divide chi ne è in possesso da chi l’attende e da chi ne è escluso. 

Cigoli si sofferma su un quadro famoso, l Lomellini di Van Dick.

Figura 6. Famiglia Lomellini di Van Dick

È un ritratto celebrativo aristocratico. Il capofamiglia, con l’armatura, è in procinto di lasciare la famiglia perché la repubblica di Genova è in pericolo, mentre suo fratello rivolge il suo sguardo aldilà del ritratto, vale a dire al futuro. Toccherà infatti a lui proteggere nel prossimo futuro la famiglia del fratello. La madre, consapevole del suo ruolo, tiene la mano del figlio maschio più piccolo che con lo sguardo interroga la sorella su ciò che sta accadendo. Quest’ultima, che somiglia alla madre, è come se fosse già pronta ad assumere a sua volta la parte dignitosa e composta che compete alla donna di nobile famiglia. Madre e figli sono dunque tra loro vicini, mentre il padre è rivolto altrove, cioè all’impegno pubblico. Se un padre si fosse occupato dei figli e della loro crescita sarebbe stato considerato uomo di poco valore. Tale tradizione continuerà fino verso l’Ottocento. 

Figura 7. Jean van Belcamp, Great Picture, metà 600

Vediamo ora il trittico The Great Picture di Jan van Belcamp. Non si tratta di un trittico religioso, ma di un trittico relativo alla storia di famiglia commissionato da lady Clifford nel 1646. Il centro è occupato dalla nobile coppia genitoriale alle cui spalle, in piccoli quadri, sono raffigurati gli antenati. Padre e madre indicano con la mano il figlio primogenito, l’erede, alle cui spalle sta il fratello minore. Egli regge uno scudo che riporta la genealogia familiare. Entrambi i figli portano la veste. Come sappiamo, i figli (maschi e femmine) nei primi anni di vita è come se vivessero in una sorta di limbo, di stato indifferenziato. Al tempo del dipinto tutti i personaggi, compresi i figli, sono però già morti! Alla sinistra del trittico ecco Lady Anne, giovinetta (attorno ai quindici anni) vestita di un ricco abbigliamento proprio come quello della madre. Vicino a lei c’è un liuto e alle sue spalle, insieme a vari libri dai titoli riconoscibili, vi sono i ritratti dei suoi tutori. Sempre alle sue spalle appare lo scudo su cui è riportata la genealogia familiare. Si tratta dunque di una giovane donna che è aristocratica, ma anche di buona cultura, cosa in genere riservata ai figli maschi. Nel lato destro del trittico compare ancora Lady Anne in abito scuro che con la mano indica un atto pubblico mentre un cagnolino le sale sulla gonna. Alle sue spalle compaiono due quadretti con i mariti che ha avuto, uno già morto e l’altro che ha lasciato a causa di una relazione deludente. Occorre annotare che i quadri per secoli hanno presentano immagini e riferimenti ai familiari defunti, numerosi a causa dell’alta mortalità che allora colpiva la popolazione. Ciò che qui però più conta per Lady Anne sono le sue origini familiari. Ella celebra infatti, attraverso il dipinto, la buona riuscita di una lunghissima battaglia legale che, dopo la morte dei figli maschi, l’ha riconosciuta come erede legittima della sua famiglia. 

Figura 8. La famiglia Mozart, fine 700

Facendo un salto nel tempo, consideriamo ora un caso peculiare in cui la conversazione familiare assume la forma dell’esibizione: si tratta della famiglia di Mozart ritratta da Johann Nepomuk della Croce (1780-81). Nel dipinto il giovane Wolfgang e la sorella Maria Anna sono seduti al clavicembalo e suonano a quattro mani. Appoggiato allo strumento ecco il padre Leopold, con in mano archetto e violino. Leopold è il regista delle esistenze dei figli; entrambi sono infatti musicisti di talento, ma i piani di questo padre-maestro-amministratore prevedono che solo il maschio possa avere un grande pubblico. Così nel quadro le mani di Wolfgang sono le padrone di una tastiera, tanto che la sua mano destra invade lo spazio di Maria Anna che invece sembra semplicemente sfiorarla. Su tutti vigila appeso alla parete della stanza il ritratto della madre defunta, Anna Maria, moglie amatissima di Leopold che ha considerato il figlio Wolfgang, ai suoi occhi dissoluto e irresponsabile, la causa della morte della moglie a Parigi. Wolfgang riuscirà a sottrarsi alla dittatura del padre, ma con molta sofferenza.  

Maria Anna seguirà il cammino a cui era stata desinata, quello di moglie e di madre.

Ora, fra i tanti dipinti proposti da Cigoli, osserviamo quello, famosissimo, di Edgar Degas.

Figura 9. La famiglia Bellelli, di E. Degas

Si direbbe una riproposizione del tema del valore della famiglia in ambito borghese, in realtà è tutt’altro. Soffermiamoci allora sul quadro: Laura, che è la zia di Degas, è vestita a lutto per la morte del padre; suo marito Gennaro è alla scrivania, di spalle e seduto sulla poltrona al margine del quadro; le figlie Giovanna e Giulia sono una, composta, nei pressi della madre e l’altra, vivace, al centro della scena. La critica d’arte sottolinea la compresenza nel quadro della compostezza rinascimentale (la donna madre) e dell’espressività moderna (l’uomo-padre ripreso di spalle seduto sulla poltrona e vicino al suo scrittoio. Degas, in realtà, conosceva l’esistenza del conflitto tra i coniugi e l’aspetto straordinario del quadro sta nel fatto che il pittore è riuscito a delineare gli effetti generazionali della crisi del legame di coppia. Consideriamo allora le posizioni dei personaggi e i loro sguardi: la madre trapassa il quadro nel senso che fissa un punto all’infinito; la figlia maggiore Giovanna abbracciata dalla madre (suo possesso?) guarda sicura all’osservatore; la figlia più piccola Giulia, al centro del quadro, sembra mirare verso lo stesso punto della madre (ricerca di appartenenza?); il padre Gennaro ricerca lo sguardo di Giulia, lasciando quello rivolto alle carte deposte sul tavolo, senza peraltro incontrarlo (un isolato?). Ecco così emergere l’aspetto psicologico del quadro; non c’è alcun incontro di sguardi! come a dire che la comunicazione è impossibile. Se poi fissiamo l’attenzione sul centro del quadro possiamo pensare che è Giulia, la più piccola, a essere al centro delle tensioni coniugali. È infatti situata tra padre e madre (presa in mezzo) e con un equilibrio assai instabile tanto che ci appare con un’unica gamba che con difficoltà tocca terra. Il quadro, dunque, introduce dal punto di vista relazionale qualcosa di veramente nuovo: la rappresentazione del conflitto di coppia ed i suoi effetti generazionali.

Vediamo ora Cigoli proporre un altro scenario, un’altra ambientazione sociale, quella del mondo contadino.

In Louis Le Nain, Pasto dei contadini. Metà Seicento. Il pittore ci dice che la vita contadina è degna di essere rappresentata. I personaggi in scena, seppur in povere vesti, hanno la stessa solennità e lo stesso sguardo intenso e severo di molti personaggi borghesi (come esempio i membri della famiglia Lomellini), E l’affermazione del valore della figura del contadino è stata affermata da Le Nain anche in altri quadri. Ma questa visione resterà isolata ancora per alcuni secoli. Anche la pittura focalizza l’altro lato della medaglia (la materialità del vivere e il degrado) è infatti immediatamente attribuito agli umili. Insomma: di qui aristocrazia e borghesia; di là contadini e popolo.

Cigoli ci propone un quadro in cui la rappresentazione della vita familiare dei poveri contadini è declinata in termini di fatica, sacrificio.

Figura 10. Teofilo Patini, Latte e zappa (188) 

La durezza del sacrificio è l’elemento che accomuna la coppia genitoriale aldilà della differenza dei ruoli: all’uomo preso di schiena (un senza volto) tocca la durezza del lavoro; alla donna, dal volto ripiegato e che non è illuminato nemmeno dallo sguardo del figlio che allatta, tocca la fatica di allevarlo nella condizione di povertà. Tutto il paesaggio circostante aiuta a rendere con potente realismo l’altro lato della medaglia degli affetti e dell’intimità familiare: l’ostilità della natura e la durezza del vivere. Questa è la verità! Una verità che toglie il volto (l’identità) alle persone soverchiate come sono dal peso della vita.

È soprattutto l’Ottocento a rappresentare la durezza della vita dei proletari, perfino il crollo delle relazioni familiari. Non c’è spazio la possibilità di documentare, come fa Cigoli, come la pittura riesca a mostrare la perdita di ogni e qualsiasi valore sia in se stessi che nella relazione con l’altro. Tale crollo di valori porta a calpestare la dignità propria e altrui, ad abusare dell’altro come se fosse uno schiavo da sfruttare, a ricorrere all’alcool così da scaricare la rabbia e il rancore contro l’altro, la vittima innocente.

Ma c’è un famoso quadro di Goya che riesce a rappresentare la verità di certe condizioni umane, in questo caso quelle di una famiglia reale.

Figura 11. Franciso Goya, La famiglia di Carlo IV, 1800-01

Di primo acchito l’occhio si volge al centro del quadro occupato dal giovane erede a cui la madre stringe la mano e con il re, ricolmo di emblemi, che accenna un passo in avanti! A questo ritratto Goya ha dedicato tutta una serie di bozzetti e di prove perché ha un’intenzione precisa: far vedere cosa c’è aldilà delle apparenze e della facciata onorevole. Egli è un pittore solitario dal forte impegno sociale e che manda messaggi in codice all’osservatore. Il significato del quadro potrebbe infatti essere chiuso rapidamente dicendo che si tratta di un ritratto di Stato con i membri della famiglia reale. Tutto è imbellettato, glorificato; tutti i personaggi esibiscono la loro ricchezza, potenza. Tutto, insomma, è secondo copione. C’è però qualcosa che stona: l’aria ottusa dei personaggi adulti (solo i bambini si salvano) e soprattutto il volto ebete di Carlo IV e quello rapace della regina, perché Goya sa che in questa famiglia serpeggia la follia. La tragedia della malattia mentale non risparmia chi ha potere, anzi! 

Termino senza poter neppure accennare ai quadri di famiglia del Novecento, anche se le analisi e le osservazioni di Cigoli, a partire dalle rappresentazioni idealizzate e spesso stereotipate della famiglia indotta dall’ideologia dei grandi regimi totalitari, il bolscevismo, il fascismo, il nazismo, sono ricchissime di nomi, opere, spunti, di scoperte, che non è qui possibile neppure abbozzare. 

Mi soffermo solo, anche per motivi strettamente personali, sul quadro di Pablo Picasso, Famiglia in riva al mare. 

Figura 12. Pablo Picasso, Famiglia al mare, 1922

Di fronte a una scena di carattere classicista, Cigoli ritrova uno dei temi più cari della sua ricerca sulla genitorialità. Padre, madre, bambino, dai volumi ridondanti, sono situati in un paesaggio di terra e mare, cioè all’origine del tempo e della vita. La madre appoggia la mano destra sul figlio spingendolo delicatamente verso il padre e il bimbo con il ditino ne sfiora e tocca il viso come a risvegliarlo. Risvegliare la paternità e accrescere la sua forza creativa è un problema che riguarda tutti gli uomini. Così è anche per Picasso che rappresenta il tema in modo creativo.

Nelle foto 1)Vittorio Cigoli, 2) poi il Lari, 3) la Natività di Giotto, 4) Maarten van Haemskerck, 5) Anthony Van Dick ritratto di famiglia, 6) Frans Haks, 7) La famiglia Lomellini di Van Dick, 8) Jan van Belcamp, 9) La famiglia Mozart, 10) la famiglia Bellelli di Degas, 11)Teofilo Patini, Latte e Zappa, 12) Francisco Goya, la famiglia di Carlo IV, 13) Pablo Picasso, famiglia al mare

 

Gianvi Lazzarini


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