11 febbraio 2021

Dieci anni fa a S. Agata il furto della cornice della Sacra Tavola. Non si placa la polemica sul trasferimento al Museo

E' stato dieci anni fa, pochi giorni prima della tradizionale festa di Sant'Agata il 5 febbraio: il 31 gennaio 2011, in pieno giorno, alcuni ignoti, penetrati in chiesa, in pochi minuti asportarono parte della cornice barocca della Sacra Tavola del XIII secolo. Era il giorno abitualmente destinato all'esposizione della Sacra tavola di S. Agata nell'omonima chiesa e il parroco don Giosuè Regonesi aveva provveduto, aiutato da alcuni parrocchiani, a predisporne il supporto ed a toglierla dall'edicola sull'altare dedicato dove era contenuta per il resto dell'anno.

La coincidenza aveva voluto che nella stessa ora fosse arrivato l'autocarro della ditta Sabbadini di Fontanellato che trasportava la nuova grande campana da issare sulla torre campanaria in sostituzione di quella antica irrimediabilmente rovinata. Gli ignoti ladri approfittarono della disattenzione ed in pochi minuti, tra le 10,40 e le 11, asportarono parte della cornice in cui è incastonata la tavola. Verso le undici una persona che abita molto vicino alla chiesa osservò un uomo uscire dal tempio con un gran borsone dal quale spuntava “qualche cosa di dorato”. Il sospetto venne confermato subito dopo quando, con un altro parrocchiano, entrata in chiesa potè constatare la sparizione di tutta la parte sinistra e di una porzione della parte destra, contente un angioletto, della gran cornice.

Qualche tempo dopo la Soprintendenza per i beni storici e artistici di Mantova intimò di riportare la tavola di Sant'Agata nella teca in cui solitamente era conservata. L'ispettore Giovanni Rodella fu al proposito molto chiaro: il programmato intervento di restauro sarebbe stato possibile solo in strette condizioni di sicurezza. Agli inizi di febbraio dopo il furto di parte della cornice la tavola avrebbe dovuto esser riportata nella sua nicchia, evitandone l'esposizione. Questo, almeno, era quanto aveva richiesto la Soprintendenza con una lettera inviata anche al delegato diocesano d'arte sacra don Achille Bonazzi, e per conoscenza al vescovo Dante Lafranconi e alla direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici. Il parroco don Regonesi, forte dell'appoggio del vescovo, vi si era opposto categoricamente opponendo le ragioni della fede e della devozione a quelle dell'arte. Un rifiuto a tempo, limitato al periodo di quindici giorni tradizionalmente dedicato all'esposizione della Sacra Tavola all'interno della chiesa. Terminato il quale, la tavola, tornata puntualmente nella sua teca, venne rimossa solo per essere trasferita nel laboratorio allestito presso la curia vescovile. 

Al termine del restauro, nel 2013 la tavola è stata rimessa al suo posto, nella teca in cui è stata sempre conservata, fino a quando è tornata prepotentemente d'attualità per il confronto in atto tra l'Ufficio diocesano per i beni culturali e l'Unità pastorale di S. Agata, S. Ilario e S. Agostino in merito al trasferimento della preziosa tavola del XIII secolo nel nuovo museo diocesano. Nel confronto si inserisce adesso anche Tania La Via Paternò, a nome dell'associazione Agatina femminile di Catania, che ha indirizzato una lettera raccomandata al vescovo di Cremona Antonio Napolioni perchè desista dal progetto.

Non è d'altronde la prima volta che le due diocesi cremonese e catanese si confrontano sul destino della Sacra tavola, anzi, sono millecinquecento anni che si consuma un silenzioso, ma costante, braccio di ferro tra due diocesi e due regioni per la proprietà, diciamo così, di una preziosa reliquia che sarebbe incapsulata all'interno della tavola stessa. Ancora nel 2002 il vescovo di Catania monsignor Santo D'Arrigo era convinto che i cremonesi si fossero impossessati di quella reliquia da 14 secoli e sperava che, dopo tante insistenze, si decidessero finalmente ad “aprire la cassetta contenente la preziosa lapide elogiativa di sant'Agata, con tutte le possibili precauzioni, cautele e garanzie che essi potrebbero esigere: la verità e il coraggio non nuocerà ad alcuno”.

L'esame radiografico e chimico della tavola eseguito da monsignor Achille Bonazzi nel corso dell'ultimo restauro, ha però svelato che la reliquia non c'è: al suo posto c'è solo una tamponatura che chiude un foro, dove sono state rinvenute tracce di vetro e ossidi di ferro, come se si trattasse di un'ampolla contenente sangue. Ma è proprio l'aspetto devozionale che spinge l'Unità pastorale di S. Agata, S. Ilario e S. Agostino a resistere alla pressioni per la musealizzazione della Sacra tavola.

“La Tavola di Sant’ Agata è un vero e proprio reliquiario- insiste don Achille Bonazzi in un suo recente intervento - Lo attestano i sigilli del Vescovo Bonomelli e il ritrovamento, documentato, di una lamina di vetro con materiale da interpretare come sangue all’interno di una cavità non naturale della Tavola stessa, la tradizione storica. Ritengo che ogni spostamento deve essere fondato su motivi concreti: la collocazione attuale è stata decisa dalla Soprintendenza con una certa spesa onerosa per la Parrocchia, alla chiusura del restauro –problematico - della Tavola (2013)”. “Pertanto - prosegue don Bonazzi - sulla base del fatto che la Tavola non è una semplice opera d’arte ma un vero reliquiario, tenendo presente che come tale è stata più volte valorizzata nel passato e che nel presente è oggetto di un culto evidente, per essa si deve applicare quanto previsto dal ca. 1190 del Codice di Diritto Canonico che recita «Le reliquie insigni, come pure quelle onorate da grande pietà popolare, non possono essere alienate validamente in nessun modo, né essere trasferite in modo definitivo senza la licenza della Sede Apostolica». Esiste anche una normativa civile riguardante lo spostamento delle opere d’arte”.

Don Achille Bonazzi cita le disposizioni contenute nella Carta del restauro del 1972: “Al paragrafo 5.3 riguardante la rimozione, ricostruzione o ricollocamento in luoghi diversi da quelli originari di opere d’arte, se ne sconsiglia la scelta, a meno che ciò non sia determinato da superiori ragioni di conservazio-ne. Nel paragrafo successivo, il 5.4, si mette in guardia da scelte che possono costituire un’alte- razione delle condizioni accessorie o ambientali nelle quali è arrivata sino al nostro tempo l’opera d’arte. Al paragrafo 7.5 viene permesso nuovo ambientamento o sistemazione dell’opera quando non esistano più o siano distrutti l’ambientamento o la sistemazione tradizionale o quando le condizioni di conservazione esigano la rimozione. Ecco perché ritengo doverosa una riflessione prima di qualsiasi decisione - conclude don Bonazzi - Sant’Agata è la patrona di 4 parrocchie della diocesi e la sua immagine è ubiquitaria: è sufficiente pensare al ciclo di affreschi dietro l’altare di San Michele in Cattedrale”. 

Nei giorni scorsi è intervenuto sul tema anche il soprintendente per le province di Mantova, Cremona e Lodi Gabriele Barucca sostenendo che la decisione di trasferire la Sacra tavola nel museo diocesano è frutto di una mediazione tra chi l'avrebbe voluta posta al centro della chiesa all'attenzione dei fedeli, contemperandone l'aspetto artistico con quello devozionale e chi, invece, ne privilegia l'aspetto artistico. Diversamente, se fosse prevalso l'aspetto devozionale, la tavola sarebbe dovuta tornare alla sua funzione di reliquiario, protetta da una grata metallica ed esposta una volta all'anno in occasione della festività di Sant'Agata. 

Ma il confronto prosegue serrato. Risponde per le rime al soprintendente Barucca l’ingegnere Roberto Molin. Barucca ha sostenuto che “dopo il Vaticano II, gli oggetti liturgici sono visti più come oggetti d'arte che oggetti sacri”. Ma Molin replica: “La Pontificia Commissione per i beni culturali della Chiesa, ad es. nella Lettera Circolare Sulla Funzione Pastorale dei Musei Ecclesiastici, parlando di tali musei dice viceversa che “il museo ecclesiastico è il luogo che documenta l'evolversi della vita culturale e religiosa...deve inserirsi nell'ambito delle attività pastorali.... infatti i manufatti che non svolgono più una specifica funzione ecclesiale continuano a trasmettere un messaggio delle comunità cristiane viventi in epoche lontane”. Si noti che comunque “il Museo Ecclesiastico è inteso assolvere la funzione di evitare la eliminazione, l'accantonamento, l'alienazione etc… di oggetti non più utilizzati per il servizio liturgico-pastorale.”

Il Museo ecclesiastico (o Diocesano) ha quindi già in se stesso una esigenza religiosa di “tipo pastorale”. Nello specifico non si capisce quindi perchè sia stato concessa l'autorizzazione al trasferimento della Tavola al Museo. Non appare come condizione “sine qua non” il Museo non potesse svolgere opera pastorale; o lo si voleva rendere “più pastorale”? E qui segue la “bomba” (quasi una excusatio non petita!): “Su questo tipo di richiesta (esigenza di tipo religioso) non posso oppormi”. E allora vado a leggermi l'Intesa, che non è il “volemoce bene” ma il D.P.R.4 febbraio 2005, n.78 tra la Conferenza Episcopale ed il Ministero per i beni e le attività culturali.

La norma all'art.2, comma 4 non lascia spazio ad interpretazioni: “i beni ..sono mantenuti nei luoghi e nelle sedi di originaria collocazione. Qualora il mantenimento in situ dei beni medesimi non ne garantisca la sicurezza o non ne assicuri la conservazione, il Soprintendente… ne può disporre il deposito in musei ecclesiastici se etc..”. Non vedo, nella norma, spazio per interpretazioni di ordine morale estranee alla norma stessa. Eppure la Tavola verrà trasferita, dopo un travagliato iter di approvazione in cui anche la norma del can. 1276 del Codice di Diritto Canonico ha avuto la sua “sofferenza”. Tralascio il discorso relativo alla Tavola dentro o fuori la grata perchè priva di senso - conclude Molin - Il recente articolo di Mons. Achille Bonazzi pone ulteriori perplessità sull'intera vicenda. Il Monsignore aveva già dichiarato alla stampa che la Tavola era un reliquiario e che le fotografie comprobanti erano nel pc lasciato in ufficio al suo successore. Che fine ha fatto il pc?”. 

Nel frattempo, mentre la polemica si riaccende, in sacrestia è già pronta la copia della tavola che dovrebbe sostituire l’originale. E’ perfetta, realizzata interamente al computer. Meglio di un’immaginetta. Nessuno se ne accorgerà, neppure i fedeli di Sant’Agata.


Video: Gianpaolo Guarneri Studio B12

Fabrizio Loffi


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commenti


achille bonazzi

12 febbraio 2021 12:48

Molto bene anche come ricostruzione storica.

Beppe Bodini

13 febbraio 2021 13:46

L’idea di spostare la tavola del Maestro di Sant’Agata è e resta del tutto infelice: il museo accolga e valorizzi tutte le opere artistiche prive di degna o sensata collocazione, evitando riallocazioni lesive di contesti storico-filologici, architettonici, culturali e anche devozionali, indipendentemente da suggestioni reliquiarie, del resto smentite di verosimiglianza. È stata realizzata una copia perfetta? Bene, quella sia collocata al museo, con accanto anche un’istallazione digitale interattiva a scopo didattico che insegni ed aiuti ad apprezzare il non facile dipinto, in tutta la sua complessità compositiva; installazione che, nella chiesa che custodisce la Tavola, sarebbe inopportuna. Auspico che la Sovrintendenza sorvegli la situazione

Michele de Crecchio

17 febbraio 2021 21:54

il parere di Beppe Bodini. Questo museo diocesano sembra concepito con prevalenti preoccupazioni di ordine commerciale che nulla hanno a che vedere con le vigenti disposizioni canoniche, legislative e di buon gusto.

Michele de Crecchio

3 marzo 2021 20:59

In buona sostanza, i parrocchiani dovranno accontentarsi di una "patacca" falsa mentre l'originale sarà visibile solo "a pagamento" presso il museo diocesano. Mah...!