Palla in curva. Il tifoso grigiorosso Mauro Cantoni, la trasferta di Wembley ed il "Sosia di Gualco"
Altra settimana di festa per i tifosi grigiorossi, dopo la vittoria allo Zini contro l’Empoli. Una vittoria che fa il paio con quella di Marassi contro la Sampdoria e che di fatto porta al rialzo le quotazioni salvezza dei grigiorossi, nel finale di un campionato che potrebbe regalarci se non un sogno, almeno quelche soddisfazione, dalla quale ripartire per la prossima stagione.
Il popolo di fede grigiorossa esulta, ma allo stesso tempo si divide tra chi sostiene che ‘la palla è rotonda e nel calcio tutto è possibile’, chi in cuor suo torna a sperare, ma non lo ammetterebbe mai neppure sotto tortura e chi sostiene che, sopratutto di questi tempi, ‘una rondine non fa primavera’ e quindi non vale la pena disfare le valigie giò pronte (anche solo per scaramanzia).
A proposito di valigie, ho chiesto a Mauro Cantoni, tifoso grigiorosso non proprio di ‘primo pelo’, di aprirci quella dove custodisce gelosamente i ricordi della trasferta di Wembley, di cui quest’anno ricorre il trentennale.
Mauro, andiamo dritti al punto, cosa ti ricorda la data 27 marzo 1993?
“Una data che mi porta a rivivere quel giorno indimenticabile dove io e tanti tifosi, partimmo da Cremona per vedere realizzare un sogno, colorando di grigiorosso il tempio del calcio: Wembley. Innanzitutto tieni conto che io non prendo aerei e ho fatto uno sforzo enorme a salire su quel mezzo e ad ora resta l' unico aereo che ho preso. Partenza da Bergamo venerdì mattina, in modo da approfittare dell’intero fine settimana per visitare Londra. Viaggio tranquillo anche se ero un po' in tensione, poi all' arrivo subito un segno premonitore: sulla pista due aerei di cui non ricordo la compagnia, dalle livree grigiorosse. Arriviamo in albergo in pullman e ci prepariamo per la partita del sabato e qui non può mancare il ‘classico aneddoto’: scendiamo nella hall dell’albergo per andare alla metro e vedo Gualco. Corro da lui e gli dico: ‘ma cosa fai ancora qui?!’ Quello si gira e mi dice ‘Si, sono Gualco, ma sono suo fratello…’ Incredibile, stessa capigliatura, era lui, uguale!. Sta di fatto che il sabato allo stadio ci andiamo assieme, durante il tragitto scambio la sciarpa con un tifoso del Derby County che conservo ancora gelosamente!. Solo a vedere lo stadio ti trasmetteva sensazioni impensabili, figuriamoci durante la partita, dove viviamo un susseguirsi di emozioni: i gol, il rigore sbagliato da Nicolini, il 3-1 di Tentoni e poi l'apoteosi, tutti i tifosi grigiorossi che esultano nel loro spicchio di stadio. Si parla di 1500-1800 tifosi a fronte di 38000 del Derby!. Festeggiamo la vittoria, i ragazzi vengono sotto la curva, incredibile!. Alla sera col fratello di Gualco andiamo all'albergo dei ragazzi e rimaniamo con loro: un sogno diventato realtà: mi si accappona ancora la pelle adesso a ripensarci. Torniamo con la Coppa, grandi!”.
Lasciamo i sogni ed i ricordi e torniamo alla realtà. Come e quando è nata la tua passione per la Cremonese?
“La mia passione nasce da giovanissimo, ricordo i primi anni di superiori quando prendevo il pullman che partiva da Pralboino e che ci portava a Cremona passando a fianco dello ZIni dove i tifosi grigiorossi applaudivano le vittorie della Cremo. Le mie trasferte si perdono nel tempo: dalla stagione 1981-82 dove inizia tutto, fino ad oggi. Ed anche quest'anno ho già fatto parecchie trasferte.”
Con chi condividi la tua passione?
“Sto trasmettendo la mia passione a mia figlia e nipote, che mi seguono anche in trasferta, appena sono libere da impegni”.
La salvezza è una chimera quasi irraggiungibile, ma le ultime due vittorie hanno riacceso le speranze, secondo te ce la si può fare.
"Anche se la stagione è parecchio tribolata, ci si deve credere sempre, anche se vedo la salvezza difficilissima. La squadra non ha colpe, i ragazzi si impegnano e danno tutto, purtroppo tecnicamente siamo ad un livello non all’altezza per la serie A e questo è da imputare a chi ha costruito la squadra. Per il prossimo anno Ballardini lo vedrei bene sia che si retroceda oppure, ancora meglio, che ci si salvi”.
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