12 luglio 2025

“Complimenti, meraviglioso! Vai avanti così”: uno degli ultimi sms di don Pietro Samarini diventa la “sua” ultima omelia e il suo incoraggiamento alla comunità

“Complimenti, meraviglioso! Vai avanti così”. Uno degli ultimi messaggi inviato da don Pietro Samarini dal sentiero di montagna prima di morire è diventato in qualche modo la sua ultima predica, alla quale il vescovo Antonio Napolioni ha voluto dar voce nelle esequie presiedute nella mattinata di sabato 12 luglio a Cremona. Funerali che sono stati celebrati in una gremitissima chiesa di Borgo Loreto, di cui don Samarini dal 2019 era parroco insieme a San Bernardo, con il ruolo anche di moderatore dell’unità pastorale “Madre di Speranza”, che oltre alle due parrocchie comprende quelle dei quartieri Zaist e Maristella.

Una grande comunità che si è unita – con le famiglie, i ragazzi e tanti giovani – per l’ultimo saluto al proprio parroco che se n’è andato così improvvisamente, a 68 anni, nel pomeriggio di mercoledì 9 luglio a seguito di un malore durante quella che doveva essere una gita come tante altre sulle Alpi Orobie, per staccare un po’ dalla frenesia della quotidianità. Insieme al insieme al fratello di don Pietro, Alberto, e agli altri famigliari, ha preso parte alla celebrazione gran parte del Presbiterio diocesano (con anche il vescovo emerito Dante Lafranconi) e tanta gente delle molte ei diverse realtà che don Samarini ha incontrato e servito negli anni del suo ministero, iniziato da sacerdote novello come vicario proprio a San Bernardo nel 1981. Davvero non bastava la chiesa di Borgo Loreto «a contenere non solo le persone, ma i sentimenti e i ricordi», ha affermato il vescovo Napolioni all’inizio della celebrazione.

Tante comunità – rappresentate dai diversi sindaci in fascia tricolore e anche con una rappresentanza dei Vigili del Fuoco di Cremona, la cui caserma è presente sul territorio parrocchiale – unite nell’affetto e nella riconoscenza per don Pietro. Con il grande dolore vissuto però dentro un’esperienza di fede più forte: «Ce la stiamo testimoniando gli uni gli altri – ha detto monsignor Napolioni aprendo la Messa –. È il frutto più bello di una vita sacerdotale e di una morte cristiana come quelle di don Pietro. E per questo celebriamo l’Eucaristia, con lui e per lui: l’atto più potente che Cristo ha consegnato ai suoi discepoli perché imparassero a non aver paura della morte e a tuffarsi nell’avventura della vita eterna di cui la carità è il seme fecondo nei nostri giorni».

In un ideale abbraccio dei presenti, il feretro era posto ai piedi dell’altare con sopra la cotta e la stola bianca, una rosa bianca (a cui presto se ne sono aggiunte altre) e la camicia scout con il fazzolettone del gruppo Cremona3 di San Bernardo.

Nell’omelia il Vescovo, anche in riferimento alle letture della celebrazione, si è chiesto se ci sia un’età e un modo giusti per morire e se la morte è un ineluttabile conto alla rovescia. Domande e dubbi a cui, secondo Napolioni, proprio don Pietro può aiutare a dare una risposta, «perché questo abbraccio di fratelli e sorelle, in particolare la presenza di tanti sacerdoti del nostro Presbiterio, già risponde alle domande: è la qualità dell’amore, della vita e dei rapporti che dà senso ai nostri giorni, non il loro numero».

E proprio guardando a questa esperienza di comunione sacerdotale il vescovo ha indirizzato lo sguardo a don Giuseppe Valerio, tra gli ultimi preti consacrati e cresciuto con don Samarini a Spinadesco. Monsignor Napolioni ha voluto ricordare il loro scambio di messaggi e foto proprio nella giornata di mercoledì, quando entrambi erano in montagna: alle immagini del campo estivo con i ragazzi ricevute da don Valerio, don Pietro aveva riposto: “Complimenti, meraviglioso! Vai avanti così”. Un messaggio che è diventato la predica che il vescovo Napolioni ha voluto proporre.

«Complimenti don Pietro – ha affermato – per la tua vita di prete semplice, autentico, generoso, fraterno, schietto. Perché hai saputo mettere a frutto ciò che hai ricevuto». Il Vescovo ha quindi ricordato la famiglia in cui è cresciuto e le parrocchie che ha servito, non tralasciando neppure «il tuo servizio di vicario zonale, che mi mancherà». E ancora: «Complimenti perché ci sei sempre stato, con tutta la tua umanità, la tua disponibilità e saggezza, con la quale tante volte mi hai aiutato ad avere un passo più rispettoso dei tempi degli altri. E per tutti quei motivi che ognuno di voi conosce e che costituiscono un rosario, una collezione, una litania di gesti e di segni per i quali facciamo i complimenti. Si può essere un prete riuscito! Non dipende dalla carriera, non dipende dalla vecchiaia. Dipende dai frutti: “dai frutti vi riconosceranno”. E quindi i complimenti continueremo a farteli, don Pietro, nella misura in cui le comunità cristiane e ciascuno di noi farà di questo ricordo uno stimolo».

Poi la seconda parola – “meraviglioso” – riferita alla scena di un prete giovane con i suoi ragazzi in montagna. Ma il vescovo l’ha voluta legare anche allo scenario di montagna nel quale don Samarini era immerso al momento della sua morte improvvisa. E qui una riflessione su come un prete vive la montagna, dove il camminare non è solo questione di allenamento e preparazione fisica: «Il muscolo più delicato – ha affermato monsignor Napolioni – è quello che è a confine con lo spirito: lo chiamiamo cuore, ma è l’interiorità, è l’anima. E a noi preti la montagna –con il silenzio, il cielo, la natura, il sole, i volti dei ragazzi, le piccole cose, il creato … – ci ha riempito sempre di entusiasmo e di consolazione ed è uno dei linguaggi attraverso i quali Dio ci ha chiamato. A me e lui di sicuro! Non si può non commuoversi davanti alla bellezza del giardino che Dio ha preparato per i suoi figli, noi che lo roviniamo; eppure meraviglia!». E qui un chiaro messaggio rivolto ai tanti ragazzi e giovani presenti in chiesa: «È l’esperienza della meraviglia! Ragazzi, lo scautismo, la parrocchia, l’oratorio vi aiutino a fare sempre più esperienza di stupore. Lo stupore per il bene, per la bellezza, quella vera, quella che brilla dentro gli occhi delle persone semplici, anche di quelli più emarginati: lì c’è Dio! È la meraviglia di Dio!».

E poi l’invito: “Vai avanti così”. «L’ha detto al suo don Giuseppe – ha proseguito il vescovo – e per questo gli ho detto anch’io: stai al campo. E lo dice anche a noi, alle parrocchie: andiamo avanti nell’unità, andiamo avanti nella ricerca delle nuove vie dell’evangelizzazione, della testimonianza. Nonostante l’età che avanzava, era pieno di fantasia e di desiderio di rinnovare anche la vita parrocchiale, la vita delle comunità: ci stavamo provando e ci proveremo ancora. Sì, andiamo avanti così!». E poi: «Come dicono gli alpini quando muore uno di loro in montagna: è andato avanti. Il suo avanti è il Regno dei Cieli».

Poi un richiamo alle letture e alla «morte che diventa chicco di grano che marcisce, fiorisse, germoglia, porta frutto e fa vivere un popolo numeroso – ha continuato il vescovo –. Dopo aver spezzato il pane diventiamo pane spezzato: non è retorica, è il senso ultimo e decisivo della vita dei cristiani (delle mamme, dei papà, dei lavoratori, a maggior ragione deve esserlo anche di noi preti) far vivere un popolo numeroso. E numeroso non solo perché oggi riempie la chiesa: è numeroso perché è il mondo! E dalla montagna, da solo, si percepisce che la propria missione partecipa della missione di Cristo, che è salvare il mondo».

“Complimenti, meraviglioso! Vai avanti così”. Parole che il vescovo ha immaginato siano quelle che Dio ha rivolto a don Pietro. Ma anche le parole di don Pietro rivolte al Signore. «Perché è Lui il protagonista della nostra storia e non è lontano, non è assente». Poi ha concluso:  «Signore, aiuta anche noi a inzuppare il nostro dolore non solo di lacrime ma dell’acqua viva della fede, della speranza, dell’amore che ci fa dire: sei forte. Un discepolo non è più grande del maestro, ma riconosce il suo maestro, si fida del suo maestro e gioisce perché ha ancora tanto da ascoltare e da imparare dal suo maestro. La vita eterna non è un vuoto, non è il nulla: è il tutto di questo rapporto con Colui che in giovinezza ha toccato il cuore di don Pietro e di tutti noi. E ora quel cuore lo rigenera: non è più un cuore di carne, ma un cuore di luce. Questo cuore di luce è la meraviglia più grande che il Signore ha in serbo per tutti noi».

Struggente il momento del commiato al termine della Messa, con l’incensazione e l’aspersione della bara, davanti alla quale il vescovo Napolioni ha voluto intonare “Signore delle cime”, il canto che segna l’ultimo saluto per quanti amano e vivono la montagna.

Al termine dei funerali, dopo la benedizione sulla piazza, tra le lacrime e i tanti ricordi ancora vivi di commozione tra tutti i presenti, il feretro è stato portato a Genivolta, paese natale di don Samarini, per la sepoltura nel cimitero del paese. (www.diocesidicremona.it)


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