"Il dolce silenzio di Cremona", opera ben scritta e divertente che racconta una città vista con occhi diversi ma in cui i cremonesi si ritrovano
A gennaio 2019 il sindaco di Cremona emise un’ordinanza per limitare il traffico ed i rumori attorno all’Auditorium del Museo del Violino. Lo scopo era limitare al massimo i “rumori” durante la registrazione ad altissima qualità di preziosissimi strumenti Amati, Guarneri e Stradivari per la banca del suono. La notizia venne data da diverse testate locali e nazionali, finché non venne rilanciata sul New York Times. Dopo aver letto di questa piccola città italiana nella quale fu imposto un “dolce silenzio”, il librettista Mark Campbell ebbe l’ispirazione per ambientare proprio a Cremona una storia avvincente degna di un’opera lirica.
Ecco che la New York University e la Casa Italiana Zerilli-Marimò hanno commissionato al compositore Roberto Scarcella Perino la parte musicale, ed il Teatro Ponchielli di concerto col Center for Contemporary Opera di New York l’hanno prodotta.
La serata è stata preceduta dalla suggestiva ed inquietante sirena (quella che viene attivata durante un attacco aereo) come omaggio al popolo Ucraino colpito dalla guerra.
Una composizione “low budget”, questo era chiaro fin da subito, ma che non ha in alcun modo disturbato lo spettacolo e non ne ha fatto percepire “economia” in nessun aspetto.
In linea con le scelte operate su questa produzione, l’orchestra che ha accompagnato il cast vocale è nientemeno che l’Orchestra del Monteverdi Festival di Cremona. Qualche naso potrebbe storcersi all’idea che una compagine di taglio “barocco” possa accompagnare un’opera contemporanea. Sbagliandosi.
L’Orchestra residente, sotto la solida guida di Giuseppe Bruno ha ben valorizzato la partitura composta da Roberto Scarcella Perino. Il compositore ha confezionato un gioiellino di facilissimo ascolto, in barba a chi demonizza la musica contemporanea. Un organico di appena sedici elementi è stato ben utilizzato con soluzioni musicali interessanti. Un tema ricorrente, nelle scene “corali” percorre tutta l’opera e resta volentieri nell’orecchio dell’ascoltatore. La precisa bacchetta di Bruno descrive benissimo i piani sonori donando vita ed intensità emotiva alla partitura.
Divertente il libretto, che trova in questi giorni di silenzio cremonese il proprio intreccio. Da Giulia (Costanza Fontana) donna incinta che teme di non poter ricevere soccorso a causa della proibizione di rumori, e quindi anche delle sirene dell’ambulanza, alla anziana Mariolina (Antonella di Giacinto) che invece gradisce questa pace inaspettata, passando per Ettore (Pietro di Bianco) che non puó lavorare nel suo negozio di scarpe, e da Valentina (Sara Fanin) che cerca di convincere il suo cane Attila (Ramiro Maturana) a mettere la museruola e non abbaiare. E poi c’è Yassine (Gianluca Moro) che consegna rose a domicilio ed è il vero “legante” fra i personaggi spronandoli ad immaginare la musica e dare un significato diverso a questo momento particolare.
Infine compariranno il Liutaio, sempre interpretato da Maturana, che dialogherà con Sara Fanin nella parte del Violino e con gli altri inquilini in una scena finale corale.
Il cast vocale ha proposto una prova solida, sebbene la partitura non nascondesse grosse insidie. Profonda e ben centrata la voce di Pietro di Bianco, bravissimo e divertente Gianluca Moro (che peraltro sugli applausi ha conquistato un’ovazione dalla sala sventolando una sciarpa della Cremonese neopromossa in serie A), precisa ma un poco sovrastata sui forti dell’orchestra Sara Fanin, che nella parte di Valentina si trova a cantare in posizione un po’ arretrata che non la aiuta. Convince invece il ruolo del Violino cantato in proscenio con un meraviglioso costume sponsorizzato dal patron dell’omonimo ristorane Luca Babbini. Brava Costanza Fontana, che trova nel controllo dei piani sonori la sua chiave vincente per un’interpretazione efficace. Menzione speciale alla bravissima Antonella di Giacinto che ha portato in scena un ruolo quasi da caratterista, con un interessante timbro centrale tondo ed una recitazione perfetta. Le scene, essenziali, non hanno fatto desiderare maggior sfarzo. Una serie di pannelli trasparenti che salivano e scendevano al bisogno delimitando le abitazioni di questo strano condominio, facevano percepire una spazialità definita, aiutata anche dalle retroproiezioni raffiguranti non solo monumenti della città, ma anche testo. Efficace la regia di Cecilia Ligorio, con movimenti semplici che hanno ben valorizzato il libretto e la musica.
Un’opera quindi che meritava di essere vista. Ben scritta, divertente, che parla di una Cremona vista con occhi diversi ma che in fondo, in qualche modo, ritroviamo affini.
Dal nome lunghissimo della via di consegna delle rose, sulla quale Yassine scherza dicendo che fa’ prima ad arrivarci che a pronunciarlo, alla vecchietta che si lamenta del solito chiasso di motorini e che è lieta del silenzio, troviamo molte caratteristiche della vera Cremona. Difficile non auspicare il tutto esaurito in una città dove spesso ci si lamenta della mancanza di stimoli, di novità, di eventi interessanti. Spiace quindi aver visto qualche poltrona vuota al Ponchielli, che sta evidentemente provando a portare in città linguaggi per tutti i palati. Sicuramente ci saranno altre occasioni per sperimentare anche questi linguaggi, e Cremona ha dimostrato di essere pronta a prendere anche questa strada con entusiasmo ed intraprendenza.
Le fotografie a scorrimento sono di Gianpaolo Guarneri (foto StudioB12)
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