7 agosto 2023

“Il grande organista Marco Enrico Bossi aveva salde origini cremonesi”. È quanto emerge dagli studi di Andrea Macinanti presentati all’”Estate musicale del Garda”

Gabriele D'Annunzio lo chiamava 'l'alto signore dei suoni'. La regina Margherita, raffinata esperta di musica, era la sua più appassionata ammiratrice. I teatri americani si riempivano per lui. Per Marco Enrico Bossi, organista, pianista e compositore bresciano. Sin qui tutto (o quasi) scontato. Quello che invece non si sapeva, a parte gli studiosi, o solo in parte è che la famiglia di Bossi ha salde radici cremonesi. Un aspetto della sua vita poco indagato ma emerso durante il terzo appuntamento dell''Estate musicale del Garda', giunta alla 64esima edizione, il cui direttore artistico è, dal 2007, Roberto Codazzi, anima dello StradivariFestival e di altre rassegne ospitate presso il Museo del Violino.
Una giornata, quella di sabato al Musa di Salò, intensa, suddivisa in tre momenti e cominciata con la tavola rotonda, moderata dallo stesso Codazzi, tra Andrea Macinanti, docente di organo al Conservatorio Martini di Bologna; Gabriele Duma, attore teatrale; Gerardo Chimini, pianista di livello internazionale. E' stato Macinanti, il maggior interprete di Bossi (lo ha definito il “più grande organista della storia”) ad aprire, un po' a sorpresa, lo squarcio su Cremona. “I Bossi erano una famiglia poverissima, originaria di Pizzighettone. Il nonno e il bisnonno di Marco Enrico erano organisti. E lo era anche il padre, Pietro, che poi venne chiamato, come organista titolare della parrocchia, nella vicina San Bassano”. In seguito Pietro, che ebbe 9 figli, di cui solo 3 (compreso Marco Enrico) sopravvissero, vinse il concorso per diventare l'organista del Duomo di Salò, dove si trasferì e dove (il 25 aprile 1861) nacque Marco Enrico, e da lì passò, sempre grazie a un altro concorso, a Menaggio, sul lago di Como. Macinanti ha raccontato un episodio di cui furono protagonisti padre e figlio, Pietro e Marco Enrico. “Erano andati in treno a Genova e in stazione, in attesa della coincidenza, videro un anziano, che poi si avvicinò a loro, baciò il bambino e si allontanò. Il piccolo chiese al papà: chi era quel signore? Risposta: hai avuto la fortuna di essere baciato da uno dei più grandi musicisti. Quel signore era Giuseppe Verdi”. Nei suoi ultimi anni, infatti, Verdi era solito trascorrere il periodo invernale a Genova. Un sorta di benedizione, la sua, per quel bambino che poi crebbe e, coltivando l'amore per la musica ereditato dal padre e dal nonno, studiò al Conservatori di Milano. Un ragazzo prodigio. Secondo Macinanti, il suo indiscusso merito è stato “affrancare il mondo dell'organo dall'opera lirica e allinearlo alla modernità, dimostrando una grandissima passione e rispetto per il passato”. Marco Enrico Bossi è stato il primo musicista italiano ad esibirsi in tutta Europa, sino in Russia e Scandinavia. “In America ebbe la stessa calorosa accoglienza di personaggi come Caruso, Rodolfo Valentino, Puccini, Toscanini”. Morì, il 20 febbraio 1925, sul bastimento francese De Grasse, durante la traversata atlantica che lo riportava dagli Stati Uniti in patria. Da qualche tempo sentiva un insopportabile dolore a un orecchio: erano, probabilmente, le avvisaglie di un'emorragia cerebrale. “Una telefonata di Mussolini al governo francese fece sì che, all'attracco della nave a Le Havre, ci fosse un drappello di corazzieri che scortarono la salma sino a Como (dove abitava, ndr), tra una folla commossa”.
A questo punto il secondo capitolo della giornata: la donazione, in comodato d'uso, da parte di Macinanti al Musa del pianoforte di Bossi. Un gesto generoso “E' un Schott viennese del 1860. Quando la famiglia Bossi me lo ha dato era in pessime condizioni e pieno d'acqua perché le infiltrazioni dal tetto della villa lo avevano allagato. Era un morto ma, dopo il restauro, è un redivivo. E' uno strumento abbastanza ordinario per l'epoca ma magnifico perché su esso Bossi ha composto le sue opere più importanti”. A conclusione e a coronamento dell'omaggio, il pianoforte è stato suonato, nel chiostro del Musa, da Chimini, che ha eseguito brani dello stesso Bossi. Una serata speciale in una cornice suggestiva. Sul palco il pianista gardesano era affiancato da Duma che, tra un brano e l'altro, ha letto pagine degli artisti ammiratori e amici di Bossi. I più grandi scrittori e poeti della sua epoca: D'Annunzio, Fogazzaro e, soprattutto, Pascoli. “Con lui – ha detto Macinanti – aveva un rapporto d'amore. Per 32 volte, nel loro carteggio, ricorrono le parole fratello o fraternamente”. Una bellissima vicenda artistica e umana dalle tinte, in qualche modo, cremonesi.

Gilberto Bazoli


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commenti


marco ruggeri

8 agosto 2023 18:12

Buongiorno dott. Bazoli, giusto per completezza di informazione, segnalo che le notizie sulle origini cremonesi di Marco Enrico Bossi si trovano in un mio ampio studio del 2009 (una settantina di pagine fra testo e documenti), pubblicato dalla NEC relativamente al restauro dell'organo della chiesa parrocchiale di San Bassano, paese d'origine (insieme a Pizzighettone) della famiglia Bossi. Prima di me, fu Federico Mompellio a fornire i primi dati sull'argomento.
L'articolo è scaricabile sul mio sito (www.marcoruggeri.info) e al seguente link:
https://a679fb8e-2d97-4b48-9397-33df959096ca.filesusr.com/ugd/dff5a8_921aa7decbf446229ec2834286694ff8.pdf
Un cordiale saluto
Marco Ruggeri