“Il sogno di Don Milani”: perché il priore di Barbiana non si può definire “comunista”.
Si è svolto ieri a Soncino, nel polo culturale della ex Filanda, un interessante incontro sulla figura di Don Lorenzo Milani. Promosso dalla biblioteca e dall’amministrazione comunale soncinese, l’incontro ha visto la presenza di Roberta Tosetti, Consigliere delegato alla cultura e di Federica Brizio, presidente del Consiglio comunale, che hanno aperto i lavori, presentando gli ospiti: lo scrittore Alessandro Mazzerelli e il giornalista vaticanista Emanuele Piccini, giunti da Firenze per l’occasione.
Si può dire che sia stato un incontro fuori dagli schemi e per certi versi sorprendente per chi pensava di sentirsi raccontare del “prete rosso”, del “prete comunista” (un ossimoro a pensarci bene), perché nonostante tutte le strumentalizzazioni che sono state fatte, soprattutto dopo la sua morte, della figura di Don Milani, il tentativo che Alessandro Mazzerelli fa con i suoi scritti e i suoi incontri pubblici in giro per l’Italia è proprio quello di rappresentare il priore di Barbiana per quello che era, lontano dalle etichette politiche. E se a farlo è proprio un testimone diretto come Mazzerelli, che frequentò personalmente Don Milani nell’ultima fase della sua vita, tanto da raccoglierne l’eredità culturale, la responsabilità è ancora più grande e il discorso si fa più avvincente.
Nel libro di cui si è parlato ieri “Il sogno di Don Milani” (Libreria Editrice Fiorentina) e nel più recente “Il riscatto” (IF PRESS), l’autore si concentra sul rapporto scaturito dal suo primo incontro con colui che passò alle cronache soprattutto per il famoso “Decalogo di Barbiana” e l’ancora più famoso (e dibattuto) libro “Lettera a una professoressa”.
La figura di Don Milani in realtà è da ritenersi un unicum, proprio perché non è inquadrabile in nessuna delle categorie politico-ideologiche di ieri e di oggi.
Don Milani aveva deciso di dedicare la sua attenzione e la sua attività pastorale e didattica agli ultimi (giovani senza istruzione, operai, indigenti…) ma ciò – come è stato più volte specificato durante l’incontro soncinese – non significa che fosse un sostenitore o simpatizzante dell’ideologia comunista, anzi, per come si era palesato nella storia, spese verso il comunismo parole dure e categoriche.
Don Milani era un uomo fuori dagli schemi e per tale motivo imprigionarlo in categorie ideologiche predefinite è stato e sarebbe ancora un torto nei suoi confronti, oltre che un torto nei confronti della verità, che Mazzerelli in prima persona ha deciso di difendere nel corso della sua vita.
Ma soprattutto Don Lorenzo Milani era un presbitero, legato alla tradizione (portava sempre la talare, con la quale fu sepolto), al Magistero della Chiesa e ai principi non negoziabili (per usare le parole di Papa Benedetto XVI). Un prete preconciliare nel vero senso della parola, per cui chi l’ha definito e lo definisce ancora comunista avrebbe l’onere della prova nel dimostrare come sia possibile far convivere l’essere un prete preconciliare, legato alla tradizione, all’autonomia e alle “piccole patrie”, con un’ideologia che si rifà all’ateismo di Stato e all’internazionalismo (oggi mondialismo).
Ecco che la testimonianza di Mazzerelli, che nel 1966 raccolse stenograficamente le parole del priore nel cosiddetto “Decalogo di Barbiana”, diventa utilissima nel comprendere il pensiero più autentico di una figura di spicco della Chiesa cattolica del tempo, ma anche avversata all’interno della Chiesa stessa.
Alcuni punti del “Decalogo”, peraltro, sono fortemente attuali, come ad esempio il divieto di ricoprire più di una carica pubblica, il divieto di rimanere più di due volte alla stessa carica pubblica (a testimonianza del fatto che, in realtà, il Movimento Cinque Stelle, parecchi decenni dopo, non avanzò idee propriamente inedite), il divieto di costituire correnti o gruppi di potere, o di promuovere il clientelismo, per non dimenticare anche il valore dell’irreprensibilità morale come requisito per gli amministratori della cosa pubblica, fino alla “scala dei meriti” o all’esercizio della politica come “Servizio” (con la “S” maiuscola). Requisiti che oggi sembrano utopie, ma che sono indice della decadenza morale della società e della classe dirigente che profeticamente il priore di Barbiana aveva già allora denunciato.
Ma va detto, infine, che per approfondire e capire fino in fondo lo spessore e l’opera (anche didattica ed educativa) di Don Milani non bastano un convegno o un libro, per quanto interessanti. Ci vorrebbero giornate intere!
Chissà che però l’incontro all’ombra della Rocca Sforzesca non abbia stimolato quella curiosità necessaria per andare alla scoperta o riscoperta di una grande figura del passato che è ancora molto attuale (non dimentichiamo cha anche sul tema della scuola, oggi come allora, ci sarebbe molto da dire…e da cambiare).
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commenti
Giuseppe Zagheni
27 febbraio 2023 08:22
Lodevole iniziativa, fa sempre bene parlare di don Milani .Quello che non capisco è questo titolo, non credo che le persone normali abbiano mai classificato don Milani come come comunista ,se mai come un vero democratico.