1 gennaio 2023

"Papa Ratzinger, credente innamorato di Cristo che ha sperimentato la gioia della fede". Il ricordo di quell'incontro a Roma: "informare ma sempre al servizio della verità"

Ricordo esattamente quando Joseph Ratzinger venne eletto Papa: ero vicario a Sant’Ilario e l’allora parroco, mons. Dennis Feudatari, stava celebrando l’Eucaristia per l’elezione del nuovo pontefice con un discreto numero di fedeli. Proprio in quei momenti il cardinale protodiacono Jorge Medina Estévez, dalla loggia delle benedizioni di San Pietro, pronunciava l’antica formula che rivelava anche il nome che l’allora prefetto dell’ex Sant’Uffizio scelse per il suo Pontificato: Benedetto XVI.

Discretamente mi avvicinai al parroco e gli sussurrai il nome del prescelto così che al termine della Messa potesse comunicarlo ai fedeli. Devo confessare che lì per lì non fui molto contento del risultato del conclave: anch’io mi ero lasciato influenzare dai mass-media che avevano sempre presentato il porporato tedesco come freddo, impassibile, rigido, poco comunicativo. Ero abituato a Giovanni Paolo II che praticamente mi aveva accompagnato dalla mia infanzia – quando fu eletto nel 1978 avevo quattro anni – fino al sacerdozio, passando per gli anni decisivi della formazione seminaristica. Sognavo un papa altrettanto energico, vigoroso, capace di comunicare non solo con le parole ma anche con i gesti, fedelissimo alla dottrina ma in grado di spiegarla con un linguaggio moderno e comprensibile soprattutto ai giovani che incontrava a frotte non solo durante le Giornate mondiali della gioventù.

Devo dire che in pochi mesi il mio giudizio cambiò totalmente perché vidi in Lui, oltre ad uno strenuo e coraggioso difensore del “deposito della fede”, un credente profondamente innamorato di Cristo, un uomo che ha sperimentato la “gioia della fede” e che ha cercato in ogni modo di trasmetterla al popolo cristiano. Tanti si sarebbero aspettati un algido controllore, un severo fustigatore dei costumi, un intransigente “pastore tedesco” come titolò molto infelicemente “Il Manifesto”! Invece si dimostrò un padre, timido e dolce, che ha sempre messo al centro della sua predicazione l’amore di Dio - “Deus caritas est” è l’enciclica programmatica del suo pontificato! – e ha sempre ricordato che il Cristianesimo prima di essere una dottrina o una morale, è un avvenimento nell’amore, è l’incontro con una persona concreta – Gesù Cristo - che affascina per la sua piena umanità. Il Cristianesimo per Ratzinger si propaga non per proselitismo, ma per attrazione: si abbraccia la fede, cioè, perché il modo di vivere dei cristiani è talmente affascinante, appetibile, gioioso che non può lasciare indifferenti!

Certo papa Ratzinger è stato anche molto chiaro sui cosiddetti “valori non negoziabili”. Da finissimo intellettuale era stato tra i primi a mettere in guardia il mondo da uno dei mali più pervasivi e duraturi: il relativismo! Nella memorabile omelia della Messa pro eligendo pontefice mentre ancora indossava la porpora aveva messo in guardia i credenti: “Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare ‘qua e là da qualsiasi vento di dottrina’, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”.

Certi no che papa Benedetto ha dovuto dire – sulla scia del suo grande amico Giovanni Paolo II – sono il richiamo a quell’amore vero che solo Cristo è capace di trasmettere all’uomo: un amore generativo, oblativo, iscritto nell’intimo umano dalla legge naturale. 

Benedetto XVI era conscio delle difficoltà della Chiesa e che si stavano avvicinando tempi nei quali le masse non si sarebbero più riconosciuto nel Cristianesimo, ma sempre con lucidità e una fede cristallina aveva invitato a non demordere, a non perdere la speranza. Già nel 1969, quando ancora era professore nella sua amata Germania, aveva affermato durante una sua conferenza: “Alla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diverrà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare gli edifici che ha costruito in tempi di prosperità. Con il diminuire dei suoi fedeli, perderà anche gran parte dei privilegi sociali” e ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la Fede al centro dell’esperienza. “Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la Sinistra e ora con la Destra. Sarà povera e diventerà la Chiesa degli indigenti”. Eppure gli uomini in mezzo a tanta povertà valoriale e tanta solitudine umana, vedranno “quel piccolo gregge di credenti come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per sé stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto”.

Il “mondo” – quello ostile alla fede e alla libertà dell’uomo – ha odiato papa Benedetto e ha cercato in ogni modo di screditarlo anche attraverso lo scandalo della pedofilia – proprio lui che iniziò quel processo serio di purificazione interna -. Questo “mondo” sapeva di avere un nemico agguerrito che non ha mai cercato il plauso delle masse, ma sempre e solo il trionfo della verità su Dio e quindi sull’uomo. Nel suo ricco e profondo magistero c’è un aspetto che sempre mi ha colpito: se emargini Dio dall’orizzonte umano l’uomo, soprattutto quello più fragile e indifeso, sarà sempre in balia del più forte, del più violento, del più potente. Dio è l’ultimo baluardo in difesa della dignità dell’umano!

Ora Benedetto XVI contempla la bellezza del volto di Dio che ha sempre cercato nella bellezza della liturgia, della musica, delle arti. Che il Signore lo ricompensi per il bene che ha seminato non solo nella Chiesa, ma anche nel mondo per quella sua sapienza che non ha mai ostentato, ma che ha sempre messo a servizio di tutti!

Chiudo con un ricordo personale: nel 2008, durante l’Anno Paolino, partecipai al pellegrinaggio diocesano a Roma come addetto stampa. Ebbi il privilegio di essere annoverato tra quanti, al termine dell’udienza generale, avrebbero incontrato personalmente il Pontefice per il “baciamano”. Mi presentò il vescovo Dante come vicedirettore del settimanale diocesano “La Vita Cattolica”: il Santo Padre, con dolcezza, senza nessuna fretta, mi prese la mano e mi incoraggio nel mio lavoro “al servizio della verità”. Gli baciai devotamente l’anello piscatorio e assicurai tutta la mia fedeltà e devozione a Cristo e al suo Vicario. Di quell’incontro non mi dimenticherò mai.

 

Claudio Rasoli


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