29 luglio 2023

A novembre va all'asta il Teatro Politeama, a venti metri da Corso Campi: 350mila euro il valore stimato. Serve coraggio, il Comune si faccia avanti

Va all'asta l'ex teatro Politeama. 350mila euro è il prezzo stabilito per l'asta giudiziaria che si terrà presumibilmente a novembre. Una cifra contenuta per quel che resta dell'antico Teatro Politeama Verdi a venti metri da corso Campi e a una cinquantina dai Giardini Pubblici, incastonato tra via Cesare Battisti e via Arisi. Un teatro straordinario, maltrattato dagli stessi cremonesi e soprattutto da diverse Amministrazioni che ne hanno permesso lo scempio nonostante i vincoli della Soprintendenza. Adesso c'è la possibilità di rimediare. Ma ci vuole coraggio. L'Amministrazione comunale si faccia avanti e doti il centro di quella sala polivalente di cui spesso si è sentita la mancanza. 

Un tempo quel teatro faceva invidia al Ponchielli e, in alcuni anni ad inizio Novecento, le compagnie di giro più importanti passavano di qui saltando il principale teatro, perchè qui il pienone era assicurato. Prosa, concerti, opere liriche, spettacoli di circo, persino incontri pugilistici (in uno si esibì persino Walter Chiari prima di diventare attore). Infine cinema, poi la chiusura e il declino. Trent’anni fa l’idea del recupero utilizzando una legge regionale sciagurata (la Verga) che ha permesso di togliere al teatro gli spazi dei palchetti, le gallerie, parte del palcoscenico, i camerini e i locali accessori per farci appartamenti. E’ così rimasto questo “matitone” centrale con la splendida cupola rifatta (non più in rame ma in vetro), la platea, un misero palcoscenico, la prima fila di palchi e niente altro. Lo spazio è abbandonato dal 1969. Un disastro. Sparite tutte le decorazioni, i gessi, il sipario del Rizzi, gli arredi. Uno squallore totale. Ma la struttura è lì, in pieno centro con la sua "spazialità" conservata come richiesto dalla Soprintendenza. A ricordarci com’era la Cremona di fine Ottocento quando l’arte, la cultura, il buongusto, lo spettacolo erano di casa in città. Altri tempi, altri uomini, altra cultura. 
Il Teatro Politeama Verdi è sorto sulle ceneri del Teatro Ricci. Questo era stato inaugurato nel 1860, ad Italia quasi unificata, ma distrutto da un incendio nel 1896. Sulla stessa area è sorto nel 1897 l’attuale Politeama Verdi su progetto dell’architetto Achille Sfondrini, un genio nella costruzione dei teatri. Sono suoi il Lirico di Milano, lo Storchi di Modena, il Verdi di Padova, l’Opera di Roma e l’Apollo di Lugano, tutti teatri tuttora funzionanti e che hanno avuto ben diversa fortuna rispetto a quello cremonese.
Elementi caratteristici dell’edificio erano la cupola in ferro gemella di quella del Lirico di Milano, le decorazioni con stucchi delle pareti interne e dei soppalchi, il sipario ora disperso e la perfetta acustica. Ma a far “brillare” il Politeama erano le decorazioni floreali, gli stucchi, le colonne e le colonnette fuse in ghisa. L’interno del teatro era tutto dipinto in bianco ed oro, con decorazioni stile Luigi XV, opera dello scultore Vincenzo Guindani. Gli stucchi erano stati realizzati da Ravanello ed Urio di Milano; i laterizi e le mattonelle provenivano dalla ceramica Frazzi e dallo stabilimento Repellini. Il sipario del teatro era opera di Antonio Rizzi, autore anche del sipario del Ponchielli. L’allegoria dipinta rappresentava una donna ricoperta di veli evanescenti. Venne inaugurato ufficialmente il 6 gennaio 1898 con l’opera lirica Bohème e chiamato semplicemente Politeama. Nel 1901 venne dedicato a Giuseppe Verdi che, arrivando in città da Busseto, più volte aveva visitato il cantiere del teatro. I posti disponibili, all’epoca, erano 1500, suddivisi fra platea, palchetti, 2 gallerie e loggione. Vi si rappresentavano numerosi tipi di spettacoli: la lirica, la prosa, le operette, il circo, la boxe, le feste di carnevale. Negli anni a cavallo dell’ultima guerra è stato trasformato in cinema-teatro per riviste e, negli ultimi anni della sua vita a cinematografo con lo schermo panoramico bloccante il boccascena.
L’emozione e la reazione alla strage dovuta all’incendio del cinema Statuto a Torino, provocò un giro di vite in molti locali pubblici italiani ed anche ai cremonesi. La locale Commissione Prefettizia di Vigilanza sugli edifici destinati a pubblici spettacoli, per le norme di prevenzione degli incendi, tolse l’agibilità al Politeama Verdi. Per il vecchio teatro iniziò la fine.


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commenti


enzo

29 luglio 2023 16:32

Bravi ad avere rilanciato l'appello per la salvezza del Politeama Verdi, o almeno di quanto ne rimane dopo lo sventramento post 1969 reso possibile dall'infantile decreto della Commissione Prefettizia di Vigilanza sui locali di pubblico intrattenimento . Quella qui annunciata è l'ultima occasione per l'Amministrazione comunale per fare quanto non si fece cinquant'anni fa.

Jeppetto

29 luglio 2023 17:42

Ma perché a Cremona siamo bravi solo a distruggere cose antiche?...

michele de crecchio

29 luglio 2023 21:31

Il "martirio" del povero Politeama iniziò proprio con l'asportazione dell'originario tetto in piombo. Il tetto fu rifatto in rame (materiale molto meno adatto a coprire un teatro, soprattutto per ragioni acustiche) solo dopo che le delicate decorazioni interne in gesso, lasciate esposte alle intemperie, si erano ormai significativamente degradate. Secondo una voce ricorrente, ma della quale non ho però trovato conferme convincenti, pare che almeno qualche campione delle decorazioni originali sia stato, a suo tempo, messo al riparo in qualche magazzino cremonese.

Mariateresa

30 luglio 2023 11:51

Spero che il teatro Politeama (che non ho mai visto quando era agibile) sia recuperato nel rispetto della sua struttura originaria.
Mi chiedo con tristezza come mai Cremona (a prescindere dall'appartenenza politica delle amministrazioni comunali) abbandoni i suoi monumenti artistici e li lasci a deteriorarsi per decenni per poi consentire la costruzione di tanti (brutti in senso architettonico e urbanistico) centri commerciali e supermercati. Altre città sono diverse, si può e si dovrebbe operare diversamente

michele de crecchio

31 luglio 2023 00:40

Anch'io mi sono spesso fatto la stessa domanda che si fa oggi Mariateresa ed ho cercato, da storico dilettante della vita urbanistica della città quale sono, di darmi una risposta, anche sulla base della lunga esperienza che mi sono fatto, quando, per ben vent'anni, sono stato in consiglio comunale (dei quali quindici trascorsi anche a fare l'assessore). A mio modesto, ma convinto, parere sicuramente pesa sulla tradizionale mentalità cittadina, certamente molto meno attenta alla tutela del proprio, pur ancora gradevole paesaggio urbano, di tante altre città, la circostanza di non essere mai stata, in passato, né sede universitaria (donde è derivata una certa disattenzione per le tematiche culturali), né capitale di stato (donde uno scarsa stima in sé stessa e nelle proprie tradizioni). Studiando attentamente la più recente storia urbanistica della città, mi sono anche convinto che pesino ancora molto sulla attività urbanistica locale le diffuse convinzioni massoniche, erroneamente convinte di produrre progresso, che, a fine ottocento e inizi novecento, portarono Cremona ad accettare operazioni altrove impensabili, come la demolizione della basilica e annesso convento di San Domenico, la demolizione delle mura e delle porte cittadine, nonché il troppo radicale isolamento del Duomo. Tali errate convinzioni portarono, con l'avvento di quel singolare accoppiamento tra retorica ed affari che fu il tremendo periodo fascista, ad una diffusa mentalità speculativa che, nel secondo dopoguerra, convinse non solo diverse e illustri famiglie patrizie cremonesi, ma persino parrocchie ed enti pubblici a far distruggere, con la falsa giustificazione di favorire così il "progresso" cittadino, edifici prestigiosi, giardini ed ortaglie. Tale diffusa mentalità autolesionistica cittadina, si arrestò, almeno parzialmente, solo con l'avvento, negli anni 70, di nuove e più prudenti leggi urbanistiche nazionali e regionali. Tale pausa, a suo tempo accettata, in realtà, solo da una parte della opinione pubblica cittadina, sembra da almeno una ventina di anni essersi, purtroppo, interrotta, in particolare da quando leggi nazionali e, in particolare regionali, hanno significativamente consentito ai Comuni di decidere da soli i propri piani regolatori. In tali condizioni legislative, nella nostra già fin troppo martoriata, sono di conseguenza tornati rovinosamente ad essere vincenti le tendenze speculative e di insofferenza verso una corretta pianificazione delle pur, solo in parte inevitabili, variazioni edilizie ed urbanistiche che il passare del tempo fisiologicamente ci impone,

Giovanni

1 agosto 2023 22:47

Sono parzialmente d'accordo con la sua disamina. Lo sarei completamente se non ne trascendesse un odio verso il fascismo che le fa distorcere la realtà. Le mura cittadine e molto demolizioni furono dei primi anni del 900, ben prima dell'avvento del fascismo. Sul resto mi trova allineato.

TEATRO 88 BDG SRL

31 luglio 2023 08:31

UNA GRANDE VERGOGNAAAAAAAAAA !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
PER ME I TEATRI SONO QUASI PIU IMPORTANTI DI UNA CASA, IN QUANTO IL TEATRO E' LA CASA DI TUTTI!!!!!
I GRANDI AMMINISTRATORI , che pena