Abbandono, degrado e rischio crolli per la maestosa Villa Zanetti di San Lorenzo Aroldo, il suo parco e la sua chiesa. Le altre ville abbandonate in zona
Si è conclusa la tre giorni di festa, a San Lorenzo Aroldo, in occasione della ricorrenza patronale di san Lorenzo. Grazie all’iniziativa di Parrocchia e Volontari, col patrocinio dell’Amministrazione comunale di Solarolo Rainerio ed il sostegno di diversi generosi sponsor, nel piazzale della chiesa si sono vissute tre giornate tra gastronomia, musica e fede (con la messa solenne e la tradizionale processione) che hanno riscosso un vivo successo e richiamato numerose persone in un clima di amicizia e voglia di far festa. Momenti che, nel solco della tradizione e del folclore, danno vivacità e vitalità ai centri della nostra campagna e sono quindi da considerare preziosi e necessari. Resta tuttavia un “neo” che è quello che chiunque può osservare non appena mette piede nel centro di San Lorenzo Aroldo. “Neo” che è rappresentato dalle condizioni di avanzatissimo degrado della maestosa Villa Zanetti, un luogo ricco di storia e di fascino, abbandonato tuttavia da decenni e con un futuro che non lascia presagire un suo recupero in tempi brevi. Anzi, col tempo, si fanno sempre più evidenti anche i crolli delle coperture, che non lasciano invece prevedere nulla di buono. Nonostante sia stata iscritta e messa “in corsa”, gli scorsi anni, tra i “Luoghi del cuore” del Fai (Fondo Ambiente Italiano) nulla ad oggi si è mosso e le condizioni si fanno sempre più fatiscenti con lo storico, monumentale complesso invaso e “divorato” dalla vegetazione e con una situazione strutturale sempre più precaria. A suo tempo è anche stato sottoscritto un protocollo d’intesa tra la Provincia di Cremona e la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Brescia, Cremona e Mantova per la messa in sicurezza, la conservazione ed il restauro di alcuni complessi monumentali di rilevante valore culturale in cattivo stato di conservazione. Un accordo certamente importante ed utile, ma ad oggi appunto nulla si è mosso e la situazione della villa è in uno stato di degrado sempre più avanzato. Ci sono anche state proteste, pochi anni fa, da parte degli abitanti che hanno affisso volantini chiedendo interventi di decoro e sistemazione, ma anche questo non ha portato a novità particolari e, di questo passo, si fa sempre più notevole il rischio che la villa possa crollare e le ultime speranze di poterla salvare si sciolgano come un ghiacciolo al sole. E pensare che si tratta di una villa seicentesca di particolare importanza che fa parte di un complesso ed articolato agglomerato rurale, un tempo di proprietà dei conti Bertone e successivamente della famiglia Zanetti. E’ dotata di un grande parco (con numerose essenze arboree) e di una chiesa posta sul lato adiacente la strada. Molto semplice nelle sue forme esterne, ha sempre avuto interni finemente decorati come si legge anche nel volume volume “Ville delle Province di Cremona e Mantova” (Rusconi Immagini) di Carlo Perogalli, Maria Grazia Sandri e Luciano Roncai. Volume la cui prima edizione risale all’ottobre 1973 e la seconda al settembre 1981. “Stato di conservazione buono” si legge nello stesso libro in cui spicca ancora una delle poche e rare immagini della villa com’era un tempo. Oggi lo stato di conservazione è semplicemente “pessimo” ed in continuo peggioramento. In occasione della festa patronale di San Lorenzo sono stati posati i “festoni” azzurri sulla cancellata, un modo bello e significativo per “coinvolgere” la villa, che è parte integrante e fondamentale della storia del paese, nei festeggiamenti. Ma la situazione purtroppo non cambia e il degrado resta. In quell’area, nel giro di una manciata di chilometri, vi sono anche altri importanti edifici storici che versano in condizioni di abbandono e fatiscenza.
A due passi da lì, l’ex monastero di San Zeno, in territorio di San Giovanni in Croce, a sua volta invaso dalla vegetazione oltre che da una quantità indicibile di graffiti realizzati dai soliti e troppi “annoiati”. Spostandosi di una ventina di chilometri più a Nord, a Villarocca di Pessina Cremonese, è in condizioni di grande fatiscenza la imponente villa Fraganeschi, Castelbarco, Visetti Visconti, con crolli che ne rendono praticamente improponibile, o quasi, un suo recupero. Questa villa fu residenza del più giovane vescovo di Cremona, Ignazio Maria Fraganeschi (1749-1790) che fu successore di Alessandro Litta, vescovo dal 1718 al 1749. Come scrivono Caprioli, Rimoldi, Vaccaro, in "Diocesi di Cremona", 1998, p. 222 “"Con la morte di Litta inizia, per la diocesi, un periodo di difficolta' esterne e di declino che coincide, in gran parte, con il lungo episcopato del cremonese Ignazio Maria Fraganeschi, gia' canonico e arcidiacono della cattedrale, che resse la diocesi per oltre 40 anni, dal 1749 al 1790. Nei primi tempi del suo ministero, Fraganeschi si mosse nella scia del suo predecessore, con la tempestiva indizione della visita pastorale e una certa attenzione ai bisogni e ai problemi della diocesi e con una particolare cura per il seminario, per il quale promulgo' numerosi editti, diede nuovo impulso alla Congregazione dei Chierici dell'Immacolata e promosse la stesura di nuove regole nel 1766, che stabilivano, non senza una qualche severita', un impegnativo iter di formazione spirituale...". Corredata da uno scenografico giardino barocco, la villa ha subito, nel tempo, numerosi adattamenti ed anche il giardino, adeguandosi al gusto dell’epoca, assunse nell’Ottocento un aspetto romantico, distendendosi nella valle fluviale secondo i dettami del giardino paesistico o “all’inglese”. Estinta la discendenza dei Fraganeschi-Castelbarco-Visetti-Visconti, la villa fu alienata e conobbe abbandono, saccheggi e degrado e fu addirittura sede di una fabbrica di profumi. Nel tempo, come accaduto per la Villa Zanetti di San Lorenzo Aroldo, non sono mancate le iniziative indirizzate ad un suo recupero, anche tramite il Fai ma ad oggi ogni tentativo è stato vano e lo scorrere inesorabile del tempo sta portando via, forse per sempre, questa straordinaria testimonianza storica del nostro territorio e delle famiglie che lo hanno abitato. Se la villa, forse, è persa per sempre (e già questo dovrebbe far sollevare un grido di “dolore”) sarebbe importante almeno salvare il parco-bosco che si trova tra la villa stessa e l’Oglio. Un polmone verde, oggi ampiamente “rinselvatichito” (spesso meta di appassionati e cultori di birdwatching) in cui si trovano, ancora oggi, tra gli altri, diversi esemplari di cipresso calvo. A questo luogo è dedicato un capitolo, dal titolo “A Villarocca, tra il bosco e l’Oglio” nello stupendo libro “Natura Cremonese” del naturalista e giornalista Sergio Mantovani, pubblicato nel 2012 da Fantigrafica. Un capitolo in cui Mantovani descrive, con eccezionale maestria, le eccellenze di naturalistiche di questo luogo e del vicino bosco di Pessina Cremonese, che a sua volta merita grande attenzione. Nel suo libro, Mantovani lo scrive chiaramente evidenziando “E’ dunque importante che questo bosco, incluso nel Parco Oglio Sud e in una vasta Zona di protezione speciale per l’avifauna che si allunga in questo tratto di fiume, sia adeguatamente protetto e conservato. Non deve, insomma, fare la fine dell’attigua e un tempo splendida dimora nobiliare, in stato di penosa decadenza, perfetto simbolo della straordinaria noncuranza e del disprezzo che riserviamo al nostro territorio e alle sue ricchezze più autentiche”.
Parole, quelle di Sergio Mantovani, che si possono solo sottoscrivere, rimarcare e rilanciare. Altro luogo storico, posto ad una manciata di chilometri da Villarocca è la Villa Colombara e Canove dè Biazzi, edificio a sua volta fatiscente da molti anni di cui si parla sempre nel libro “Ville delle Province di Cremona e Mantova” (Rusconi Immagini) di Carlo Perogalli, Maria Grazia Sandri e Luciano Roncai. Villa, questa, ascrivibile alla metà dell’Ottocento, caratterizzata anch’essa da un ampio ed interessante parco (oggi ridotto ad una giungla). Lo schema distributivo della villa è quello ad atrio passante con vani che si affacciano su di esso e con schema ripetuto al piano superiore. L’apparato decorativo, in questo caso, è assai tardo ed in alcuni casi ascrivibile agli inizi del Novecento. Un altro luogo, anche questo, in cui la natura si sta facendo largo ed i segni del tempo, sempre più evidenti, non fanno prevedere nulla di buono per il suo futuro. Una serie di luoghi, quelli citati, che, se recuperati e riportati almeno in parte al loro originario splendore, potrebbero rappresentare un’occasione importante per il rilancio del turismo e della cultura nella campagna cremonese, con inevitabili e significativi benefici per il territorio. Ma, purtroppo, oggi, un loro recupero sembra un miraggio perché i fatti dicono che si tratta di strutture che, per quanto ricche di storia e di fascino, sono oggi sommerse dalla vegetazione, pericolanti e abbandonate al loro destino.
Eremita del Po
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