Al Ponchielli successo per il Don Carlo di Verdi. Buona l’idea registica, di livello il cast vocale. Il direttore Brusa ha condotto con equilibrio la difficile partitura
Torna l’opera al Teatro Ponchielli di Cremona, questa volta con un titolo del cosiddetto “Verdi maturo”: Don Carlo. Ad aprire inaspettatamente la serata è stato il “padrone di casa”, il sovrintendente Andrea Cigni che si è fatto portavoce delle lavoratrici e dei lavoratori del teatro. “Macchinisti, sarte, tecnici, elettricisti del Ponchielli e del Fraschini di Pavia, pur aderendo idealmente allo sciopero generale di oggi, hanno deciso di prendere ugualmente parte alla serata. Da anni attendono l’adeguamento del contratto collettivo di lavoro, e sono loro grato per questo loro gesto che ci permette di andare in scena regolarmente. L’opera sarà quindi senza alcuna variazione tranne che per il sipario, che nei cambi di scena rimarrà aperto proprio per mostrare il lavoro di queste persone che normalmente agiscono nell’ombra”. Un grande applauso di solidarietà ha accolto questo annuncio, così come altrettanto forti ed incoraggianti sono stati gli applausi rivolti proprio alle maestranze ad ogni cambio scena a vista. Una regia moderna (tanto per cambiare), o quantomeno ben distante dalla metà del 1500 ipotizzata dal librettista. Il regista Andrea Bernard, ambienta la vicenda in una “società totalitaria di ispirazione orweliana dove la libertà è severamente limitata e controllata, e una violenta propaganda costituisce l’unico mezzo di espressione del potere.” come recitano le note di regia. Con l’aiuto delle scene di Alberto Beltrame dei costumi di Elena Beccaro e delle luci di Marco Alba, questo Don Carlo novecentesco trova il suo spazio scenico in un’ideale aula di tribunale sulla cala una grande luce, quasi fosse un grande occhio che tutto giudica in questo onnipresente tribunale. Paride Cataldo nel ruolo del titolo riesce a proporre una figura di carattere con un timbro robusto e una buona presenza scenica. Carlo Lepore è un ottimo Filippo II dalle generose profondità vocali. Per lui diversi “Bravo!” e applausi a scena aperta.
Elegante e corposo il Rodrigo di Angelo Veccia.
Clarissa Costanzo centra perfettamente l’Elisabetta statica proposta dalla regia. Un bel timbro il suo, con un suono tondo e generoso, ricco di armonici.
Mattia Denti è un incredibile Grande Inquisitore. La sua interpretazione è forse tra le migliori della serata, con una forza espressiva e vocale di grande livello.
Molto bene anche la Principessa Eboli proposta da Laura Verrecchia che coglie le mille sfumature del suo personaggio restituendo alla sala un ruolo maturo e decisamente convincente.
Bene anche i comprimari Sabina Sanza (Tebaldo), Graziano Dellavalle (Un frate), Erika Tanaka (Una voce dal cielo), Raffaele Feo (Il Conte di Lerma/Un Araldo).
Ottima la prova del Coro OperaLombardia preparato da Massimo Fiocchi Malaspina, sempre centrato al tactus nonostante la posizione elevata e distante dalla buca in cui il regista ha deciso di disporlo.
Buona recita anche per I Pomeriggi Musicali, che conferma le ottime impressioni sul sempre crescente livello di quest’orchestra. Jacopo Brusa si confronta, nonostante ancora non abbia 40 anni, con un titolo che normalmente fa tremare le vene ai polsi per la sua complessità. Il giovane direttore gestisce con sicurezza la lunga e intricata partitura verdiana trovando un equilibrio solido tra tempi e dinamiche. Brusa ha dimostrato grande efficacia nella gestione della massa corale e degli strumentisti fuori scena, mantenendo sempre un buon assieme senza scollamenti buca-palco.
La regia ha trovato un'idea efficace pensando al tribunale quale “perimetro” in cui tutti i luoghi sussistono e tutti i personaggi si sottomettono ad un giudizio dal quale non possono scappare. Lo sforzo dei registi di raccontare sempre la “stessa storia” porta comprensibilmente a ricercare ogni volta qualche chiave di lettura innovativa che, effettivamente come questa sera, può funzionare. Nulla, però, ci toglierà il sempre meno saziato desiderio di trovare ogni tanto una cara, vecchia, rassicurante e tanto adorata “regia tradizionale”. Sarà per la prossima volta. Lo spettacolo andato in scena al Ponchielli è davvero godibile, con un cast vocale e strumentale assolutamente convincente. Per chi se lo fosse perso, domenica si replica.
Foto Gianpaolo Guarneri/Studio B12
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