Analisi chimiche negli acquedotti lombardi: tra le acque più inquinate anche Crema. "Nessun rischio per la potabilità" replica Cristian Chizzoli, Presidente di Padania Acque
Introdotte sul mercato globale a metà del secolo scorso, hanno trovato ampia applicazione perché idrorepellenti, stabili e resistenti alle alte temperature. Una volta disperse in natura, però, sono estremamente resistenti, tanto da essere state definite anche "inquinanti eterni". I PFAS - acronimo inglese di PerFluorinated Alkylated Substances - sono infatti sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate, che contengono almeno un atomo di carbonio. Una nuova indagine di Greenpeace Italia – visionata in anteprima dal Corriere della Sera – ha mostrato la loro presenza anche nelle acque lombarde destinate al consumo umano. Con conseguenti problemi per la salute. Lo studio è stato condotto grazie a numerose richieste di accesso agli atti (FOIA) indirizzate a tutte le ATS (Agenzia di Tutela della Salute) e agli enti gestori delle acque potabili lombarde: dei circa 4mila campioni analizzati dagli enti preposti tra il 2018 e il 2022, circa il 19% del totale (pari a 738 campioni) è risultato positivo alla presenza di PFAS. Un inquinamento che rischia di essere molto sottostimato, se si considera che le analisi condotte finora sono parziali e non capillari. Si può dire, quindi, con certezza che sono migliaia i cittadini lombardi che, dal 2018, hanno inconsapevolmente bevuto acqua contenente PFAS, usata anche per cucinare o irrigare campi e giardini.
"L’indagine condotta in Lombardia svela l’esistenza di un’emergenza ambientale e sanitaria fuori controllo», spiega al Corriere Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. "Dai cosmetici ai capi di abbigliamento impermeabili, dalle padelle antiaderenti agli imballaggi in carta, i PFAS sono un ampio gruppo gruppo di sostanze chimiche di sintesi - secondo alcuni sono oltre 10mila - impiegate dagli anni ’40 del Novecento in vari comparti industriali."
Nella mappatura delle acque, il record negativo è detenuto dalla provincia di Lodi, con l’84,8% dei campioni risultato positivo alla presenza di PFAS; seguono le province di Bergamo e Como, rispettivamente con il 60,6% e il 41,2%. L’area milanese si attesta a metà classifica, con un quinto delle analisi positive. Tuttavia, in termini assoluti, la provincia di Milano (dove si registra anche un numero più elevato di analisi effettuate) ha il triste primato del maggior numero di campioni in cui sono stati rilevati PFAS (ben 201), seguita dalle province di Brescia (149) e Bergamo (129). Particolari criticità emergono anche nei comuni di Crema (CR), Crespiatica (LO), Pontirolo Nuovo (BG), Rescaldina (MI) e nella zona di Cantù-Mariano Comense (CO).
Padania Acque replica alla notizia: «Nessun rischio per la potabilità e la sicurezza dell’acqua distribuita dagli acquedotti della provincia di Cremona e nemmeno per la salute delle persone, che possono continuare a bere l’acqua del rubinetto che arriva nelle nostre case e che è anche disponibile in tutti i punti di erogazione pubblici, come le fontanelle e le case dell’acqua» – dichiara il Presidente di Padania Acque Cristian Chizzoli.
In merito ai dati pubblicati da Greenpeace, Padania Acque, in qualità di gestore unico del Servizio Idrico Integrato della provincia di Cremona, intende innanzitutto rassicurare i cittadini, fugando qualsiasi sospetto o dubbio circa la sicurezza e la qualità dell’acqua di rete e, inoltre, ritiene opportuno fare chiarezza relativamente ai seguenti aspetti:
- I dati diffusi sono stati forniti da Padania Acque a seguito di richiesta di accesso agli atti da parte di Greenpeace, che ha chiesto di fornire unicamente riscontri puntuali sulle campagne analitiche di ricerca PFAS. I dati, pertanto, non si riferiscono a un campione rappresentativo dei monitoraggi che complessivamente vengono eseguiti sugli acquedotti. Padania Acque esegue di fatti annualmente oltre 3.500 campioni per un totale di più di 100mila parametri misurati.
- I dati pubblicati sono, inoltre, quasi esclusivamente relativi alle acque grezze (di falda) che in maniera cautelativa, dal 2018 vengono, di fatto nella totalità, già trattate con sistemi di filtrazione a carboni attivi.
- Padania Acque monitora l’eventuale presenza di PFAS già dal 2019. Inoltre, dal 2022, per tale monitoraggio, il laboratorio della società ha acquisito una strumentazione all’avanguardia in modo da poter svolgere direttamente in proprio queste analisi.
- Con riferimento al dato relativo alla presenza di PFAS in uno dei pozzi di prelievo che alimentano l’acquedotto di Crema, si precisa che si tratta di un pozzo dismesso tempestivamente già nel 2021 a seguito dei risultati del monitoraggio. Nella rete dell’acquedotto della cittadina non sono mai stati rilevati valori superiori a quelli stabiliti dall’Istituto Superiore di Sanità con riferimento al noto “caso Veneto”.
- Limiti di legge per queste sostanze sono stati introdotti dal D.lgs 18/2023, che ne prevede l’entrata in vigore dal febbraio 2026.
«Il laboratorio di analisi chimiche e microbiologiche di Padania Acque, accreditato da ACCREDIA fin dal 1999 secondo la UNI EN ISO/IEC 17025, effettua controlli rigorosi e costanti» – conclude l’Amministratore Delegato Alessandro Lanfranchi. «Dall’inizio del corrente anno sono stati effettuati 72 campionamenti per la ricerca dei PFAS sugli acquedotti gestiti in tutto il territorio provinciale senza riscontrare alcun superamento dei futuri limiti nelle acque di rete. Il rischio legato alla presenza di queste ed altre sostanze inquinanti è comunque sempre valutato preventivamente attraverso l’adozione di Piani di Sicurezza dell’Acqua per la valutazione e la gestione del rischio di tutta la filiera idropotabile, dalla captazione all’utente finale, al fine di garantire la protezione delle risorse idriche e la riduzione di potenziali pericoli per la salute nell’acqua destinata al consumo umano. A ulteriore garanzia dell’impegno sistematico di Padania Acque nella gestione della sicurezza alimentare dell’acqua potabile, si ricorda che la società è certificata ISO 22000:2018».
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commenti
Manuel
18 maggio 2023 15:49
Continuerò a bere acqua dal rubinetto, ma le rivelazioni di GreenPeace non devono essere prese sottogamba: il caso Veneto risulta emblematico.
Non scherziamo ulteriormente con il controllo degli scarichi (di vario tipo), poiché se la nostra salute è già, in parte, segnata, per i nostri figli e nipoti, lo sarà ancor più. Lo dico senza paura di smentita, poiché i fiumi nostrani sono stati per decenni vietati alla balneazione e perché canali, fossi e colatori dalle acque putride sono visibili quotidianamente.
Agli arrampicatori di specchi suggerisco di incolpare qualcuno... la Nutria!