Cinquant'anni fa l'ultimo film della saga di "Mondo Piccolo" con Gastone Moschin come don Camillo. Fu interamente girato a San Secondo
È il 25 aprile del 1968 e Giovannino Guareschi, in uno dei suoi ultimi articoli della rubrica “Corrierino delle famiglie”, su “Oggi” scrive: «Gio’ ributtò con disprezzo le riviste nel mucchio. “Capisce lui? Nessuna novità. Stanno cincischiando le solite cose. […] La celebrità è tutto nella vita. Comunque io non so cosa leggere stasera.” Andai nel mio studio e tornai con un libro: “Prova questo”. “Un libro!” esclamò stupita. “È da quando ho finito la quinta che non apro un libro!” “È normale” la rassicurai. “Succede all’85 per cento degli italiani.” La mattina dopo trovai Gio’ con gli occhi rossi. “Ho letto fino alle tre di notte” spiegò. “Questi Tre Moschettieri sono una cannonata. Lui ci pensa vederlo alla TV con Little Tony nella parte di d’Artagnan, Alberto Lupo nella parte di Aramis, Fausto Leali nella parte di Athos, Gastone Moschin nella parte di Porthos e la Carmen Villani nella parte di Milady? Ci pensa?” […] Così, nel descrivere l’entusiasmo di Giò la colf, per i divi del cinema e della canzone, Guareschi cita proprio Gastone Moschin, il grande attore italiano che, di lì ad appena 4 anni, giusto giusto 50 anni fa, avrebbe interpretato l’ultimo film della saga di “Mondo piccolo”: “Don Camillo e i giovani d’oggi”, interamente girato a San Secondo Parmense, per evidente mancanza di fondi. Interrotto, infatti, forzosamente nel 1971 il primo tentativo, con Fernandel (che si ammalò gravemente durante le riprese) e Gino Cervi, per la regia di Christian Jacques e con il titolo francesizzante “Don Camillo et ses contestataires”, il lungometraggio veniva ripreso dalla produzione l’anno successivo: con Gastone Moschin nei panni del pretone e Lionel Stander in quelli del grosso sindaco della Bassa, per la regia di Mario Camerini. Si riprende a girare, stavolta a San Secondo, nel cuore della Bassa parmense, dove Guareschi avrebbe voluto fosse ambientato già il primo “Don Camillo” e dunque, pur se postuma, arriva anche per Giovannino la “nemesi geografica” evocata da Peppone. Mentre, però, l’attore inglese fatica parecchio a sostituire Gino Cervi, Gastone Moschin, nei panni di don Camillo risulta essere molto più convincente: ha le physique du rôle, la voce e l’atteggiamento giusti per impersonare il pretone guareschiano e capace anche di assumere un accento emiliano convincente. Il successo del film, però, non è quello che ci si aspettava: evidentemente il paragone con Fernandel e Gino Cervi era, ma lo sarebbe anche oggi, impietoso per chiunque, tanto che lo sarà, in modo ancor più evidente, per Terence Hill, interprete e regista, nel 1983, di uno sfortunato sequel, dal titolo “Don Camillo”, troppo lontano dallo spirito di Mondo piccolo. Va da sé che tutti, oggi, ricordino il Gastone Moschin cinematografico per la parte dell’architetto Melandri in “Amici miei”, ovvero una delle sue pellicole più fortunate, ma i panni di don Camillo calzavano a pennello all’attore veronese, al punto che, dopo essere stato “sdoganato” anche dalle repliche televisive dell’intera serie di film guareschiani, nella collezione francese dei DVD “doncamilliani”, la casa di produzione ha deciso di inserire anche il “Don Camillo” di Moschin in versione francese: un bel riconoscimento, non c’è che dire.
Un’ultima notazione: nel film di Camerini, datato 1972, oltre agli attori cambiò anche la colonna sonora, del pur ottimo Carlo Rustichelli, autore delle colonne sonore di film come “L’armata Brancaleone” e “Amici Miei” ed entrarono, visto l’argomento, di prepotenza quelle che Guareschi chiamava “canzonette”, criticate ad oltranza nelle rubriche televisive di Giovannino sul settimanale “Oggi” ma che, ob torto collo, avevano trovato spazio anche nel “Mondo piccolo” letterario, dove indubbiamente funzionavano molto meglio le musiche da ballo dei Cantoni e le immortali melodie verdiane; ma c’è una scena, nel film con Gastone Moschin nei panni di don Camillo, davvero suggestiva e degna del “Mondo piccolo” letterario, anche se non scritta da Guareschi: mentre il pretone e il sindaco tornano a casa camminando sull’argine, si sente fischiettare il motivetto “beat” suonato dai capelloni al matrimonio di Cat con Veleno.
Don Camillo accusa Peppone di essere lui a fischiare, mentre a farlo è il Cristo della cappelletta sull’argine. Lo stesso Cristo cui don Camillo diceva: «Signore, Vi ringrazio d’aver portato la confusione e la discordia nel campo del nemici di Dio». «Io non posso portare buio e discordia ma solo luce e pace» rispose il Cristo. «Don Camillo, anche il tuo nemico è il tuo prossimo e i dolori del tuo prossimo debbono essere i tuoi dolori.» «Perdonate, Signore» replicò don Camillo «ma io non me la sento di rammaricarmi se Peppone ha un figlio capellone!» «Don Camillo» disse sorridendo il Cristo «non dimenticare che anche io, durante la mia breve vita terrena, ero un capellone.»
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