Con l'Assunta è tornato a splendere il santuario mariano di Madonna dei Prati di Busseto, chiuso da 7 anni
Con la vigilia della solennità dell’Assunta è tornato a splendere un luogo molto caro anche ai cremonesi, il santuario mariano di Madonna Prati di Busseto che era chiuso da sette anni dopo che, un crollo delle coperture nella zona absidale ne aveva causato la totale inagibilità. La sua riapertura, con la Veglia serale di preghiera, ha richiamato un gran numero di fedeli. E’ tornata così a splendere, dopo anni di silenzio e di “buio” una vera e propria “bomboniera” di pace, di silenzio e di preghiera, a cui tante persone sono particolarmente legate. Ancora una volta l’unione ha fatto la forza ed ha permesso di salvare il santuario, rimetterlo in sicurezza e di riaprirlo ai fedeli, restituendo alla pubblica visione anche pezzi di storia cremonese. La chiesa, doveroso ricordarlo, fu eretta nel 1697, e faceva parte della parrocchia di Roncole Verdi, pur fruendo di una certa autonomia quale centro attivo di devozione mariana. Già nel 1400 esisteva in luogo una cappellina nella quale era custodita un’immagine della Madonna col Bambino, di scuola mantegnanesca, dipinta ad olio su tela. Occultata per molti anni in un’intercapedine del muro, fu riportata occasionalmente alla luce nel 1689 ed il ritrovamento della venerata effigie fu contrassegnato da una successione di grazie che il popolo, ed in seguito anche l’autorità ecclesiastica dopo minuziose indagini, non esitò attribuire all’intercessione della Madre di Dio. Da questi episodi prodigiosi trae origine la costruzione dell’odierno santuario mariano, chiuso appunto dal 2018, ma al centro negli ultimi anni di importanti lavori. In questi ultimi mesi gli interventi hanno avuto una forte accelerazione: all’interno è stato tolto il ponteggio e si possono già ammirare la volta aggiustata e dipinta, come pure il baldacchino restaurato nel presbiterio, le cornici ripulite dei grandi dipinti e dell’icona centrale dedicata a Maria. Restano ormai poche rifiniture prima di fare la pulizia generale e poi riportare i banchi, ripristinare l’impianto audio, allestire l’altare e quanto serve per le celebrazioni. Le campane a battacchio sono già state sistemate per annunciare gli eventi della comunità cristiana locale. All’esterno, dopo il rafforzamento dell’abside e il rifacimento del tetto, si sta provvedendo ora nella facciata del Santuario all’impianto antipiccioni e, sui fianchi, ai pozzetti per lo scolo dell’acqua piovana. Sarà rinnovato anche l’impianto di videosorveglianza. Restano ancora tante opere da compiere: la demolizione di una parte aggiuntiva sul lato sinistro del santuario, il consolidamento di una sala adibita a sagrestia (con una spesa di circa cinquantamila euro), la sistemazione del sagrato con i marciapiedi, il ripristino della “Casa del pellegrino”. Si procede naturalmente con le risorse economiche a disposizione.
Continuano anche i lavori alla casa parrocchiale: dopo la ristrutturazione del tetto, il consolidamento del soffitto del piano terra e l’intonaco esterno, si è allestito un bagno e si stanno montando gli infissi e le finestre. Un impegno notevole, con la direzione dei tecnici della parrocchia (architetto Riccarda Cantarelli e ingegner Andrea Brianti) e la consulenza dell’Architetto Cristian Prati, funzionario della Soprintendenza di Parma e Piacenza. Un impegno notevole, reso possibile dal contributo dello Stato, della Conferenza Episcopale Italiana con l’8XMille, della Fondazione Cariparma, di privati. Il vescovo di Fidenza monsignor Ovidio Vezzoli con sensibilità si è inoltre reso disponibile a pagare la spesa dei pluviali. Molto si deve alla determinazione del parroco don Luigi Guglielmoni, che è riuscito a stimolare, a coinvolgere e a coordinare il tutto. Il santuario ha avuto tra i suoi pellegrini più insigni Giuseppe Verdi e Giovannino Guareschi. Era inoltre particolarmente caro anche all’indimenticato monsignor Maurizio Galli che in tante occasioni, durante il suo episcopato a Fidenza, ha celebrato tra le mura di questo luogo mariano. Il ritorno alla funzionalità del santuario è una lieta notizia anche per i cremonesi. Infatti il luogo è custode e “scrigno” di opere d’arte cremonesi. Tra queste un olio su tela di Giuseppe Moroni raffigurante la “Madonna col Bambino”, datato 1950, realizzato in coerenza stilistica ai canoni pittorici del Quattrocento. Per molti anni questo quadro è stato al centro dell’altare maggiore. Poi, dopo il recupero dell’originario e venerato affresco della Madonna col Bambino, è stato tolto e sarà posizionato in un’altra collocazione, sempre in santuario. Nella cappella di sinistra spicca invece un grande olio su tela che raffigura la Sacra Famiglia, attribuito a Bernardino Campi e realizzato probabilmente nel 1575 . Il dipinto, adornato da una monumentale cornice barocca in legno scolpito, è al centro di un altare contenente pregiati marmi policromi riconosciuti come "radica del Belgio" ed ha un bel tabernacolo di legno dorato, scolpito e intarsiato, acquistato a Cremona nel 1910, di epoca valutabile attorno alla metà dell'800. Come anticipato il luogo ha avuto tra i suoi più illustri pellegrini il maestro Giuseppe Verdi e lo scrittore Giovannino Guareschi. Qui Verdi, quando ancora era fanciullo, serviva regolarmente le funzioni e qui si avvicinò, fin dalla più tenera età, alla musica. Ma il santuario è stato anche teatro di un fatto tanto incredibile, quanto tragico, paragonabile ad una profezia che ha avuto proprio per protagonista il sommo musicista e compositore italiano. Mentre, fanciullo, serviva messa inveì contro il sacerdote celebrante, don Giacomo Masini, che lo aveva strapazzato durante la funzione perché, anziché assolvere alle sue mansioni di chierichetto, stava assorto ad ascoltare un altro sacerdote, don Pietro Baistrocchi (col quale studiava) che suonava l’organo. Il celebrante per ben due volte chiese di avere le ampolline, senza avere nemmeno la risposta. Si spazientì e decise di passare dalle parole ai fatti colpendo il giovanissimo Verdi con una pedata. Il ragazzo cadde dai gradini dell’altare, battè il capo e svenne. Dovettero soccorrerlo e applicargli una benda sulla fronte. Nonostante fosse ancora un bambino, Giuseppe Verdi non piagnucolò e, una volta ripresi i sensi, non riuscì a trattenersi e lanciò l’anatema, in dialetto parmense, contro il sacerdote: “Dio t’manda na saiètta” che, tradotto, significa: “Dio ti mandi una saetta!”. Il funesto augurio, incredibilmente, si materializzò dopo poco tempo.xEra il 14 settembre 1828 e si celebrava, quel giorno, la festività patronale del Santo Nome di Maria. Nel pomeriggio si pregavano i Vespri solenni alla presenza di don Giacomo Masini (il sacerdote a cui Verdi aveva augurato il fulmine), curato di Roncole; don Pietro Orzi, arciprete di Frescarolo; don Luigi Menegalli, arciprete di Semoriva; don Bartolomeo Orioli, arciprete di Spigarolo e don Pietro Montanari, prevosto di Roncole. Inoltre, in coro, erano presenti due giovani cantori: Francesco Alussi di Santa Croce di Polesine e Gaetano Bianchi di Roncole Verdi. Il sacro edificio era colmo di fedeli quando, improvvisamente, dal catino dell’abside, giunse fragoroso un fulmine che, facendo il giro dell’interno, spogliò della doratura la grande cornice della Beata Vergine, bruciò tutti gli ex voto appesi alle pareti lasciando incolumi i fedeli, ma uccidendo i sei del coro, vale a dire quattro sacerdoti e i due cantori. Si salvò soltanto il celebrante, don Pietro Montanari, vestito dei sacri paramenti di seta. Come certificato anche dallo stesso Pretore di Busseto, morirono anche due cani (che si trovavano in santuario) e una puledra (che era invece al pascolo a circa cinquecento passi dalla chiesa, forse uccisa però da un altro fulmine).xAlla funzione doveva essere presente anche il giovane Verdi che, da Roncole, dove viveva, arrivava a Madonna Prati a piedi. Ma durante il tragitto, scorgendo il temporale, a metà circa del suo cammino chiese ed ottenne ospitalità ad una famiglia di amici, i signori Michiara, che conducevano il podere “La Cascina” (col beneplacito della Duchessa Maria Luigia). Passato il maltempo, il futuro musicista proseguì il cammino e, una volta giunto sul posto, si trovò di fronte l’amara sorpresa. Una confusione di gente attorno al santuario; chi frettolosamente usciva, chi invocava aiuto e chi raccontava agli altri le proprie impressioni. Verdi si precipitò all’interno dell’edificio e si trovò così di fronte i sei morti. Fra questi anche un suo parente: Gaetano Bianchi di Roncole, uno dei due cantori. Il tremendo spettacolo rimase fortemente impresso nella mente del giovane Verdi che sempre, durante la sua esistenza, rifuggì con orrore di parlare di quell’evento. Da sempre, in tanti, si chiedono se quella sia stata una pura coincidenza o, se in qualche modo, Verdi avesse profetizzato il triste evento.xSe è vero che non è chiaramente possibile dare una risposta, è altrettanto vero che il fatto, da sempre, continua a sollevare una forte curiosità tra la gente. Restando sul fatto della casualità, o meno, di quanto accaduto a Madonna Prati, se da una parte verrebbe da affermare che i fatti fanno pensare ad una nefasta coincidenza, dall’altra è anche vero che molteplici sono gli aspetti misteriosi legati alla figura di Giuseppe Verdi. Non da ultimo il fatto che l’enorme giardino, da lui voluto e realizzato nella monumentale dimora di Sant’Agata, ha una significativa valenza esoterica. Va anche detto che, in ogni caso, anche da adulto, il Cigno di Busseto fu sempre molto legato a questo luogo di cui è e resta uno dei pellegrini più illustri. Basti pensare che, quando costruì la famosa villa di Sant’Agata, da uomo di fede qual’era, pensò alla costruzione anche di una piccola cappella di famiglia e pensò, in particolare, al famoso quadro della Sacra Famiglia di Madonna Prati.
Eremita del Po
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti