10 aprile 2022

Dagli archivi Usa, storia di coraggio nelle nostre campagne: famiglie di Gabbioneta che hanno nascosto un pilota americano fuggito dai tedeschi

Marco Bragazzi, negli archivi dei servizi segreti americani ha trovato questa incredibile storia. Il racconto di un pilota dell'aviazione americana, Frank E. Newton, che scrive di suo pugno la sua fuga dal bus che lo doveva portare prigioniero in Germania e del coraggio di tre famiglie di Binanuova (Boldori, Selvatico e Baccini) che a loro rischio lo hanno nascosto ed aiutato a sfuggire ai pattugliamenti dei tedeschi.

Plant City è una piccola cittadina persa nel mezzo dello stato della Florida. Il nome Plant fa capire molto su quale sia la vocazione occupazionale di questa città, Plant significa piantagione per cui risulta chiaro che l'agricoltura, in termini di lavoro, la fa da padrona. Il clima di Plant City non è esattamente quello di Binanuova; in quell'angolo della Florida la temperatura minima annua non scende quasi mai sotto i 10 gradi e la massima raggiunge a malapena i 35, quindi ben venga l'agricoltura ma, per i cittadini statunitensi di Plant, lavorare i campi significa, soprattutto, coltivare fragole. Plant City è famosa per questo in tutto il mondo, dato che è soprannominata la “capitale delle fragole”, con i campi tappezzati di quel rosso vivace, che arriva fino ai grattacieli di Tampa, tipico di molte varietà di fragole.

Frank E. Newton era nato il 15 novembre del 1920 proprio in mezzo a quei campi e, dopo le scuole, era approdato alla Georgia Tech University per studiare chimica. La guerra dimostra sempre poca pietà per qualsiasi cosa studenti compresi, e Frank, poco prima di laurearsi, decide di entrare come sottotenente nella Aviazione Militare statunitense per diventare pilota di caccia. Insieme a molti coetanei frequenta il corso di volo, si diploma e viene destinato ai “Falchi” ovvero al 79° Squadrone Caccia nell'ottobre del 1942, in pratica avrebbe dovuto affrontare la Seconda Guerra Mondiale combattendo nei cieli contro altri aerei. Frank segue le rotte del suoi commilitoni, prima in Africa poi in Italia per dare supporto aereo alla operazione Husky che, il 9 luglio del 1943, era partita dalla Sicilia per liberare l'Italia.

La scrittura di Frank è sicura e leggibile quando comincerà a raccontare e far rivivere ad un addetto militare la sua incredibile avventura, cominciata il 31 luglio 1943, e finita nel novembre dello stesso anno. La sua avventura è una storia di coraggio e determinazione, di volontà e di possibilità, è una storia che racconta anche le scelte di cittadini cremonesi che condivisero con lui questi valori.

Il 31 luglio 1943 Frank decolla da Siracusa con il suo P47 Thunderbolt, il gruppo d'attacco è formato da 5 aerei e la destinazione sono le difese antiaeree sparse sull'Etna. Un commilitone viene abbattuto quasi subito e Frank, dopo aver lanciato il suo attacco alle pendici del vulcano, viene colpito dai colpi sparati dai cannoni antiaereo Flack 38, il peggior incubo per i piloti. L'aereo subisce gravi danni all'ala sinistra e al serbatoio ma continua a volare, Frank viene ferito ad una gamba e non è più in grado di controllare il timone del veicolo, prova ritornare indietro ma è impossibile, non ha più il controllo del suo P47. Poco dopo le 11 di mattina per il sottotenente Newton è la fine della missione, l'aereo, lasciandosi dietro una visibile scia di fumo, precipita 25 chilometri a nord ovest dell'Etna, Frank riesce ad evitare uno schianto fatale riuscendo ad atterrare in un campo esattamente nel mezzo di una zona circondata da truppe tedesche. Una scelta che sembrerebbe inopportuna con il senno di poi ma che si rivelerà risolutiva per la vita di Frank dato che i tedeschi, accorsi in pochi minuti, lo estrarranno dall'abitacolo e lo invieranno subito con una ambulanza all'ospedale militare per prigionieri di Messina dove gli rimetteranno in sesto la gamba.

La guerra non è finita per il ragazzo di Plant City anzi, paradossalmente dopo il campo di prigionia in Sicilia stanno per iniziare le vere battaglie per Frank il quale, dopo l'imbarco con altri centinaia di prigionieri di guerra, viene spedito via mare fino a Livorno e poi all'ospedale militare di Lucca. La sua narrazione con una grafia sicura e leggibile fissa bene le date, il 25 settembre 1943 Frank e gli altri 600 prigionieri alleati vengono caricati su pullman a Lucca e destinati ai campi di prigionia in Germania perché, come annotava anche il pilota, dopo l'8 settembre la gestione dei prigionieri è affidata ai tedeschi, non agli italiani.

Il viaggio verso la prigionia fa nascere in molti il sentimento, anzi l'obbligo, di tentare la fuga; Frank è sul mezzo con altri due sottotenenti, Lionel Briskin e il carrista Coffee, osserva in silenzio la pianura che scorre piatta davanti a lui. L'idea per tentare la sortita arriva a Frank; tra i prigionieri seduti c'è anche un ufficiale dei paracadutisti inglesi che parla un po' il tedesco, a lui toccherà creare il diversivo mentre loro, che avevano già forzato le viti di un finestrino, tenteranno la fuga. L'inglese si mette al lavoro e distrae le due guardie armate cominciando a lamentarsi in tedesco, i tre sfondano il finestrino e si gettano fuori dal pullman. Il buio è il migliore alleato dei fuggitivi, gli ufficiali corrono nei campi per qualche centinaio di metri fino a trovare il cartello di un paese, il nome del paese è Piadena. I tre vagano nella campagna cremonese per sei giorni, mangiano quello che trovano nei campi, rubacchiano qualche uovo delle cascine mentre si dirigono verso l'unica direzione plausibile, nord. I militari gli sono alle calcagna, i fuggitivi vedono i camion e le macchine tedesche in lontananza che perlustrano i campi della campagna cremonese.

Non hanno punti di riferimento né mappe, vedono un fiume, l'Oglio, e decidono di seguirlo nella direzione opposta alla corrente, di solito i fiumi nascono dalle montagne quindi, in un modo o nell'altro, quel fiume li porterà verso il nord Italia. Arrivano a Binanuova e qui la scrittura del racconto di Frank si fa più ampia, forse perché da qui comincia la “nuova guerra” di Frank e dei suoi compagni di fuga. All'inizio di ottobre vengono scoperti da una famiglia mentre, all'addiaccio, cercavano un minimo di riposo nei pressi di una delle tante cascine che punteggiano quei campi simili a quelli dove era cresciuto. Boldori Pietro di Binanuova li fa entrare in casa, gli offre cibo e vestiti, il cremonese non ha armi ma sa molto bene che, se venisse scoperto a dare rifugio a dei fuggitivi, l'unica alternativa davanti ai tedeschi diventerebbe il plotone d'esecuzione. In paese gira la voce che i militari sono alla ricerca di tre americani evasi durante il tragitto verso la Germania. Pietro manda qualcuno ad informare i proprietari terrieri della zona di questi suoi nuovi ospiti, le famiglie di Lina Selvatico e Nino Baccini rispondono all'appello di Pietro, ti aiuteremo a gestire la fuga dei tre ufficiali.

Per 8 giorni Frank e i suoi commilitoni vengono spostati nei campi intorno a Binanuova, per farlo i cremonesi si organizzano molto bene: qualcuno in paese deve solo ascoltare quali zone i militari tedeschi andranno a setacciare alla ricerca dei tre fuggitivi. Ascoltare e riferire, poi Pietro, Lina e Nino decideranno come, dove e quando spostarli, l'importante era non farsi trovare con i tre americani in casa o con prove evidenti del loro passaggio, i nazisti non erano teneri con simpatizzanti degli alleati.

I nomi delle tre famiglie cremonesi sono scritti in stampatello, Frank, nel suo resoconto, vuole sottolineare l'importanza di coloro che avevano scelto di proteggere invece di denunciare, vuole sottolineare la determinazione di civili che avevano avuto molto più coraggio con il loro silenzio di tanti soldati che chiedevano a gran voce medaglie o onorificenze. Per 8 giorni Newton, Coffee e Briskin seguiranno gli spostamenti dei cremonesi nei campi, nelle cascine, nei fienili, o in mezzo alle colture; i tedeschi sono dappertutto, ma se non trovano qualcuno disposto a collaborare il loro lavoro diventa quasi impossibile. Nemmeno le taglie o le sonore ricompense offerte dai cartelli appesi in paese convincono Pietro, Lina e Nino a consegnare i fuggitivi, i tre hanno modo di riposarsi e di riflettere sul fatto che stanno esponendo dei civili a dei rischi enormi.

Dopo 8 giorni gli ufficiali ringraziano e salutano Binanuova e coloro che li avevano aiutati e protetti, attraversano l'Oglio, vengono prelevati dai partigiani bresciani e trasferiti al rifugio Croce di Marone sulle montagne che dominano il lago di Iseo. In quel rifugio sono un centinaio, in buona parte americani, soldati del Commonwealth e disertori italiani, con loro anche un serbo, un soldato della Legione Straniera francese e un disertore olandese che era stato reclutato a forza nelle SS. I fuggitivi vengono sfamati e armati da un ufficiale italiano che li vorrebbe reclutare per la guerriglia sulle montagne bresciane. Il 10 di novembre quasi 300 militari tedeschi, con tre aerei a supporto, attaccano il rifugio dando origine ad una battaglia che si trasformerà in una carneficina, dopo cinque ore di combattimenti feroci Frank riesce a fuggire con un altro soldato; l'ufficiale italiano, appena iniziati i combattimenti, abbandonerà il posto di comando. In pochissimi riescono a scappare, molti vengono uccisi o catturati, Frank è di nuovo in fuga insieme al sergente Arthur Wynn delle forze speciali sudafricane, destinazione Brescia. In città Wynn ha un contatto sicuro, è un partigiano che li trasferisce verso nord insieme ad altri fuggitivi in direzione Bellano, per farlo si appoggiano in città alla signora Spagnoli il cui marito, ufficiale dell'esercito italiano, era stato arrestato e spedito in un campo di concentramento in Germania. Il 19 di novembre Frank si unisce ad un gruppo di ex prigionieri a ridosso del confine svizzero, il 21 di novembre, insieme ai compagni di viaggio, il sottotenente Newton si arrenderà alla polizia svizzera appena superato il confine. Per quasi un anno Frank resterà in Svizzera fino al suo trasferimento in Inghilterra, il 19 settembre del 1944, dove racconterà agli uomini dei Servizi Segreti americani la sua incredibile avventura fatta di scelte, coraggio e determinazione, di compagni di avventura e di quella campagna cremonese tanto simile a quella dove era cresciuto.

Marco Bragazzi


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti


Dimitri Musafia

10 aprile 2022 05:49

Grazie sig. Bragazzi per averci raccontato questa incredibile storia.

Rosa Martinelli

11 aprile 2022 08:03

A Bina sapevamo dell'inglese rifugiato dalla Alba,la moglie di Pietro Boldori.
Io seppi tutto nei primi anni sessanta.da.mio papà che era stato partigiano con Baccini.
C'erano a Bina.fascisti importanti,non credo che non fossero venuti a
COnoscenza del soldato nascosto in paese,ma si era alla.fine e probabilmente decisero di non denunciare.
A Bina si è tutti parenti e anche questo ha impedito denunce.

Maurizio Selvatico

11 aprile 2022 13:08

Storia vera e non sono stati trovati perchè spostati .... peraltro Sergio Selvatico ragazzo di 10 anni all'epoca è ancora vivo.
In via Ponchielli a Binanuova (Carolina ed i figli ,Lina e Sergio)hanno trovato rifugio per vitto e sussistenza furono sistemati nella mansarda.
Sergio si ricorda ancora di una sera in cui avevano i tedeschi (3) in cucina ed i rifugiati in mansarda e quasi vengono scoperti, fu spedito ai piani di sopra per raccomandare silenzio.
Il viaggio verso il contatto Partigiano (nei pressi del comune di Barzaniga ) è stato fatto in bicicletta con Lina Davanti (all'epoca 17 enne) e Sergio (10)sulla bici con l'ufficiale in abiti civili fingendosi famiglia hanno superato il posto di blocco di Pontevico. Sono poi rientrati in tarda serata a Binanuova.