31 agosto 2021

Derby tra Cremona e Mantova (Arvedi-Marcegaglia) per l'aggiudicazione dell'acciaieria di Terni venduta da ThyssenKrupp

Sarà un mese clou per Terni e per tutta l’Umbria: la multinazionale ThyssenKrupp, proprietaria della Ast-Acciai Speciali Terni, nella scorsa primavera ha deciso di mettere in vendita la cittadella in cui si produce acciaio e il mese di settembre sarà decisivo per individuare l’acquirente che dovrà rilanciarla e adeguarla agli standard ecologici del New Green Deal europeo. Secondo quanto afferma un articolo di Huffington Post (G. Del Vecchio, A Terni altro match per evitare il funerale dell'acciaio italiano) in gara ci sono due gruppi stranieri (i cinesi di Bao Steel e i coreani di Posco) e due italiani (Arvedi e Marcegaglia), con gli analisti che scommettono su un testa a testa finale fra i pretendenti italiani. Ma al match in corso a Terni guarda con attenzione anche il Governo, preoccupato del fatto che alle ricorrenti crisi dell’ex-Ilva di Taranto e della Jsw di Piombino, se ne possa aggiungere anche una in Umbria, mettendo a rischio la speranza di un rilancio della siderurgia nazionale. I bilanci dei tre poli siderurgici italiani di Taranto, Terni e Piombino, d’altronde, non consentono di dormire sonni tranquilli.

Nel 2020 l’ex Ilva ha chiuso con un un passivo record di 265 milioni di euro, producendo solo 3,35 milioni di tonnellate d’acciaio rispetto agli 8 previsti dal piano industriale che convinse l’allora governo Gentiloni a vendere l’industria tarantina agli indiani di Arcelor-Mittal, prima che questi ultimi la rispedissero al mittente pubblico. Di poco inferiori le perdite dell’Ast ternana che ha lasciato sul campo ben 151 milioni di euro l’anno scorso. C’è poi la Jsw Steel Italy Piombino di proprietà dell’altra multinazionale indiana, Jindal che ha perso quasi 60 milioni di euro in un anno. L’Italia rischia quindi di perdere il passo proprio quando Il mercato dell’acciaio è in ripresa, grazie al balzo delle quotazioni: il prezzo è salito del 40% in tre mesi fino a sfiorare i 1.890 dollari alla tonnellata a fine luglio, seguendo più o meno l’andamento di altre materie prime. La produzione siderurgica mondiale rispetto ai primi sette mesi del 2020 caratterizzati da molteplici lockdown ha avuto un incremento del 12,4%. Ed ancora meglio è quella italiana che da gennaio a luglio è aumentata del 26,1%, riuscendo a recuperare i valori pre-pandemia. 

Il momento, dunque, è particolarmente delicato, e a maggior ragione lo è per l’Ast di Terni, dove entro il mese di ottobre dovranno pervenire le offerte vincolanti, per dare inizio alla trattativa one to one in modo da perfezionare l’acquisizione entro l’anno. Presto si capirà chi, tra i quattro contendenti, deciderà di accedere alla fase delle offerte. Fonti vicine alla partita vedono più probabile uno scenario in cui saranno i due competitor italiani a contendersi l’Ast. Il gruppo cinese Bao Steel infatti sconta le avverse condizioni geopolitiche determinate dal fatto che Draghi ha portato l’Italia su posizioni fortemente filo-americane. I coreani di Posco, quinto gruppo mondiale, dal canto loro non hanno neppure inviato a Terni i propri dirigenti per sincerarsi dello stato degli impianti, limitandosi a una verifica contabile. Cosa che invece hanno fatto sia Arvedi che Marcegaglia: a luglio entrambi i gruppi hanno mandato sul posto i propri uomini per un sopralluogo fisico oltre che virtuale. Al momento quindi, salvo sorprese, la partita finale si dovrebbe giocare fra Cremona (Arvedi) e Mantova (Marcegaglia). E nel testa a testa potrebbe anche contare il “precedente Ilva” che riguarda il gruppo guidato dalla ex presidente Confindustria Emma e da suo fratello Antonio con la cordata fra ArcelorMittal e il gruppo Marcegaglia messa assieme nel 2017 per rilevare e rilanciare l’Ilva ed il successivo intervento dell’Antitrust europea che obbligò l’azienda mantovana ad abbandonare l’acquisizione facendo finire l’acciaieria nelle mani del gruppo indiano. Tuttavia ArcelorMittal si impegnò l’anno seguente a un triplice compenso ai mancati soci mantovani: 25 milioni per rilevare la quota della cordata di Am Investco, altri 32 milioni per acquistare la quota di minoranza nella società tedesca Bremen e la sottoscrizione di contratti di fornitura d’acciaio a condizioni di favore. Tutto sommato un buon affare per la famiglia mantovana.

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti