9 maggio 2021

Ecco l'antica via del Vasto dove è poi sorta la Galleria XXV aprile. Storia di vecchie case, gioco d'azzardo e "vicolo sconcissimo"

Via del Vasto…o ritrovo dei cremonesi per il cinema Padus. La via venne ricavata dalla demolizione del Vecchio Macello progettato da Luigi Voghera, dietro il Palazzo Inps di porta Po. Il Macello aveva due porte sormontate da una testa di toro, una interna dava sulla piazzetta di S.Lucia ed una esterna, su porta Po. La porta esterna del macello divenne imbocco di questa nuova via, il cui nome fu assegnato nei primi anni ‘60: Via del Vasto.

Tale toponimo è recuperato dopo 30 anni di oblio perché esistito fino al 1930 e durato almeno 7 secoli. Come però spesso avviene nella toponomastica moderna di Cremona, alcuni nomi di vie risultano anche propri del passato. “Del vasto” è un esempio perfetto. L’ubicazione della stessa via definita nuova negli anni 60, viene ritrovata in centro storico fino al 1931. Per la precisione la Contrada Vasti è indicata da Campi nel 1583 nella sua pianta della città.

Alcuni documenti la nominano già alla fine del 1200 definendola Campo Guasto (quindi da Vasto a Guasto ). Ma dove si trovava realmente questa strada ?

La strada si trovava dentro la Galleria XXIII marzo (attuale Galleria XXV Aprile) costruita da Nino Mori per volere di Farinacci tra il 1931 e il 1935. Era un vicolo cieco che, dopo un buio e angusto corridoio, portava in una minuscola piazzetta chiusa. Il suo ingresso al posto dell' attuale tabaccaio dentro la Galleria e a lato dell’edicola. Il vicolo fu poi demolito nel 1931, insieme all intero quartiere tra Strada Magistra e Contrada dei Coltellai (ora Via Guarneri) per fare appunto spazio alla Galleria XXIII Marzo.

E il suo nome? Qualcuno ipotizza che il nome della via sia attribuibile al Marchese Del Vasto, Alfonso Avalos, spagnolo del 1500.

Ma la via venne citata già alla fine del 1200, molto prima degli anni in cui visse il Marchese (1500). Astegiano infatti cita un documento di fine 1200 che afferma che i “loco di barattaria” (gioco di azzardo ) erano platea Sanctae Agathae, ripa Padi, Platea Majori, Sanctum Lazarum et Campo Guasto . Il Guasto altro non è che un luogo ove sorgono o sorgevano case diroccate, guaste appunto. In altre zone della città, si cita per esempio la Contrada Carotte ( Ca Rotte – Case Rotte ). Nel 1549 un documento chiarisce che il Guasto è nella Vicinia di S. Matheo (chiesa ad imbocco Via Bordigallo ). Alla luce di questi documenti o testimonianze appare ovvio che la chiesa distasse 40 m. dal Guasto. Sono poi le mappe e le piante della città ad alternare sempre in quel luogo , toponimi altalenanti come Contrada Vasti , Strada detta Guasto, Vicolo Vasto, Vicolo del Guasto .

Il Vicolo del Vasto viene citato inoltre dal giornale di Cremona nel 1883 come Vespasiano e “Vicolo sconcissimo” ( ma d'altronde era “loco di barattaria” dal 1200 ).

Forse solo dopo il 1920 riacquistò prestigio a causa del famoso negozio dell'idraulico Ceruti e della Banca Credito Italiano che fanno ala ad ingresso vicolo, come si evince da una foto Fazioli del 1930. Tutto verrà poi spazzato via dal monumentale tempio Fascista con Benito Mussolini, inaugurato il 7 ottobre 1934.

Del Vicolo resta solo una fotografia romantica che ne svela in parte i segreti e che restituisce l'anima del centro del Castrum Romano, vero germoglio di tutto ciò che generò in seguito la città. Non si può infatti escludere che il toponimo “Campo guasto”, sia riferito all’accampamento romano (castrum) del 200 AC inizialmente campo militare e poi “guastandosi” per espansione della città.

Maurizio Mollica


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commenti


Michele de Crecchio

9 maggio 2021 09:41

Nella storia delle città è ricorrente la denominazione di "guasto" per indicare, come ben dice l'articolo, uno spazio caratterizzato da costruzioni diroccate. A mio parere si sarebbe dovuta denominare così anche la brutta piazzetta che si creò, non molti anni or sono, all'angolo tra via Palestro e via Goito a seguito di una demolizione condotta con criteri scandalosi. Tale piazzetta è stata invece intitolata allo scultore Mario Coppetti che fu anche un appassionato assessore ai lavori pubblici e, come tale, pur tra errori e incertezze, riuscì a traghettare la gestione urbanistica del nostro centro storico, dai criteri di assoluto disprezzo per gli edifici del passato ancora prevalenti fino agli anni 60, ad una gestione più prudente delle sue trasformazioni. Temo che Coppetti si stia ancora rivoltando nella tomba da quando tale indecorosa proposta venne ufficializzata.