Gestione rifiuti, a Casalmaggiore i costi pro capite più alti della provincia. San Giovanni in Croce in cima all'elenco per i quantitativi annui
Dai 178 euro per abitante registrati a Casalmaggiore ai 78 euro per abitante di Casale Cremasco. E' questo il “range” del costo per abitante della gestione dei rifiuti nella provincia di Cremona. Nel capoluogo il costo è di 130,92 euro per abitante, mentre a Crema, l'altro grande centro insieme a Cremona e Casalmaggiore, il costo è di 135,88 euro, sempre inteso per abitante. I dati sono riferiti al 2019 (ultimo anno disponibile) ed emergono dalla rilevazione del Catasto Rifiuti pubblicata dall'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).
Per quanto riguarda la produzione di rifiuti pro-capite, il dato è aggiornato al 2020 e indica un range che per la nostra provincia va dai 322 chilogrammi per abitante all'anno a Volongo fino ai 782 chilogrammi per abitante/anno rilevati a San Giovanni in Croce. A Cremona città il dato si attesta sui 493,4 chilogrammi, mentre a Crema scende a 470,8 chili per risalire nettamente ai 675,4 chilogrammi per abitante di Casalmaggiore.
Giusto ieri il Consiglio comunale di Cremona, non senza un'aspra polemica tra maggioranza e opposizione (più che altro sulla tariffa puntuale), ha approvato il Piano Economico Finanziario (PEF) relativo al servizio di gestione dei rifiuti urbani per il periodo 2022 – 2025. Per l’anno 2021, si è appreso in Consiglio, il costo complessivo del PEF (Piano Economico Finanziario), IVA compresa, è stato di 10.413.107 euro. Il costo del PEF 2022 è pari a 10.455.538 euro, in linea con lo scostamento previsto dalle direttive dell’Autorità.
Il tema è dunque sempre di stretta attualità e proprio alla luce dei dati diffusi dall'Ispra si impongono alcune riflessioni. “La gestione dei rifiuti – osserva ad esempio Maria Grazia Bonfante, Coordinatore Provinciale di Salviamo il Paesaggio cremonese, cremasco e casalasco – rimane appiattita sulla percentuale di raccolta differenziata che significa poco se con si conosce quanto va a recupero di materia con beneficio per i cittadini dal punto di vista ambientale, economico ed occupazionale. Il recupero di energia serve al gestore, che è anche proprietario degli impianti”.
A questo proposito, in base al Rapporto Ispra, nel 2020 il recupero di materia sul totale dei rifiuti urbani è stato del 63,4%, a fronte del 62,3% del 2019. Il recupero di energia sul totale rifiuti urbani compresi i quantitativi dei rifiuti sottoposti a trattamento meccanico e biologico (TMB) e inviati poi a termovalorizzazione è 26,56%. Il dato segna una diminuzione rispetto al 2019 (27,6%) in quanto sono diminuiti i rifiuti urbani indifferenziati, conseguenza dell’aumento della raccolta differenziata.
RIFIUTI SPECIALI - “Anche per quanto riguarda i rifiuti speciali – aggiunge Bonfante –, negli anni si è assistito a un aumento del recupero delle materie, che è passato dal 63% nel 2002 all’ 85,5% nel 2019. Negli impianti lombardi sono state gestite circa 46 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui quasi 39 milioni sottoposte ad operazioni di recupero".
Sempre sula base dei dati ISPRA, emerge che nel 2019 sono le province di Bergamo, Brescia e Milano a produrre più della metà dei rifiuti speciali (56,4%) della Lombardia. Rispetto al 2018, i dati, legati a indici economici e alla presenza di industrie, evidenziano un incremento della produzione in particolare nelle province di Cremona (+4,6%) e Pavia (+6,1%), seguite da Como (+1,8%), Brescia (+1,2%), Bergamo (+1%), Monza e Brianza (+0,9%), Lodi (+0,4%). Le province in cui si registra un calo più importante sono quelle di Lecco (-8.9%) e Mantova (-4,4%), seguite da Milano (-2.3%), Sondrio e Varese (-1,4%)”.
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