12 agosto 2021

Giorgio Borghetti, il sindaco "foscoliano", pulisce e innaffia il cimitero di Voltido. Ha persino trovato la banda per chi la voleva al funerale

Poco lontano dalle case, vicino al ponte sulla Delmona, il canale dove una volta i bambini venivano a fare il bagno. Piccolo, a misura di Voltido (341 abitanti), e perfettamente in ordine. “Il cimitero è fondamentale per una comunità. La prima cosa che ho fatto dopo l'elezione è stato ornarlo con 14 cipressi, un'ottantina di piantine e le siepi per rimuovere il deserto che c'era”, dice Giorgio Borghetti, 68 anni, sindaco dal 2019, ingegnere Telecom in pensione con l'hobby della pittura, una vita di lavoro tra Milano e Roma senza però mai scordarsi del suo paese tanto da tornarvi ogni week end.
Si definisce, sorridendo, un “seguace di Foscolo”, che cantò il sepolcro come luogo in cui si uniscono pietà e ricordo, la tomba come simbolo della memoria. Borghetti, che ha rinunciato al compenso di primo cittadino, ha attualizzato quei versi.
I tre cantonieri sono impegnati su tre comuni. Avevamo due ragazzi di molto bravi, disoccupati e assunti con la borsa lavoro, che si occupavano del camposanto, ma non ci sono più. E così chi si prende cura del cimitero e annaffia il verde? Il sindaco. Ci vado, regolarmente, il mattino per verificare che sia tutto a posto. Se mi accorgo che i fiori dei defunti hanno sete, aggiungo dell'acqua. Non posso sopportare di vedere una foglia appassita, per me è un delitto”.
Per questo fazzoletto di terra Borghetti ha fatto molto altro. “E' stato restaurato l'affresco ottocentesco della cappella di proprietà del Comune; per i morti che non hanno nessun parente e sono stati esumati per essere traslati nell'ossario è stata affissa alle pareti una lapide perché non mi sembrava giusto che venissero dimenticati”. Per ora sono stati incisi quattro nomi con le loro foto, ma c'è spazio per altri. Sono stati apposti altri due cippi di marmo. Uno riporta uno scritto del poeta dialettale Gino Olzi, l'altro le parole commoventi di don Primo Bottini, parroco di Voltido dal 1928 al 1970: “Il nostro cimitero è poco lungi dal paese. E' cintato da bianchi muri, è disteso tra i campi di grano e i filari delle viti. I tigli vi stendono sopra una mitezza d'ombra che meglio parla di riposo e di pace. Qui il nostro popolo di lavoratori, stanchi e sfiniti, riposa ma sempre ha creduto e sperato in Dio”. Borghetti scorge una ragnatela sui muri, impugna lo spazzolone in un angolo e la toglie. “Conoscevo molte delle persone sepolte qui”. Una tra loro era l'ex mugnaio, Giuseppe Ferrarini, scomparso lo scorso giugno all'età di 87 anni. “Pochi mesi prima di andarsene, è venuto da me e si è confidato. 'Di notte, quando sono sveglio, penso alla mia fine e alle mie ultime volontà': essere seppellito vicino agli zii e avere la banda musicale al funerale, com'era capitato per suo zio. Inizialmente quel desiderio mi ha sconcertato ma poi ho deciso di esaudirlo chiamando il complesso musicale di Montecchio (Reggio Emilia), che ha suonato motivi strazianti e mi ha fatto cambiare completamente idea sulla musica delle bande”.
Non c'è da stupirsi se Borghetti sia da sempre appassionato di storia locale, anche delle sue pagine più dolorose. Ha fatto sistemare i monumenti dei soldati caduti al fronte e, in un anno, ha scritto tre libri: il carteggio tra sua nonna, Virginia, e il figlio, Nino, portato via a 19 anni, il 15 febbraio 1941, dalla broncopolmonite poche settimane dopo la partenza per il servizio militare; un poderoso volume sulla Grande guerra a Voltido; un opuscolo in cui sono ricostruite, sulla base di una ricerca condotta famiglia per famiglia, le biografie dei 19 concittadini che non sono tornati dal conflitto 1940-1945, più un partigiano ucciso durante la Resistenza. E arriverà una quarta pubblicazione, su un suo predecessore, Attilio Luigi Superti, sindaco socialista di Voltido per un anno, dall'ottobre 1920 all'ottobre 1921, il periodo del 'biennio rosso'. Superti, padre di 4 figli, venne scalzato, alla vigilia dell'avvento del fascismo, da un commissario prefettizio ed emigrò in Brasile, prima Rio de Janeiro, poi Porto Alegre, dove morì nel 1941, dopo aver fondato un circolo socialista intitolato a Giacomo Matteotti, e dove gli è stata dedicata una via. “Per ricostruirne la storia sono in corrispondenza con il pronipote, Riccardo, che vive là”.
L'interesse del sindaco per il verde si estende oltre i vialetti e il silenzio vicini al canale. “Ora ci sono più di cento nuove piante in paese - anche quelle le innaffio io - e una novantina nella frazione di Recorfano”.
Il suo sguardo, ci tiene a precisare, non è rivolto solo al passato. “L'anno scorso abbiamo ottenuto, da Stato e Regione, un finanziamento di 350.000 euro per restaurare il centro ricreativo, allestendo una sala con scrivanie e 10 computer, e riverniciare la facciata del municipio”.
I compaesani sembrano apprezzare il suo impegno. Gianni Pedrini, nato qui e che qui torna regolarmente per portare un fiore o un saluto sulla tomba della moglie, è uno di questi. “Il cimitero era pulito e in ordine anche prima, ma non come ora. Pare di entrare in un giardino, il cuore si alleggerisce. Sono sempre stato orgoglioso delle mie radici e di essere voltidese, ma adesso lo sono ancora di più”.
 
 
Gilberto Bazoli


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commenti


Bastoni Maurizio

12 agosto 2021 14:40

Io abito ad olmeneta ma sono nato a recorfano di voltido e conosco bene il sindaco, bisogna dargli atto che da quando è stato eletto ha fatto molte cose utili, continua così Giorgio. Complimenti

Luana Capelletti griffini6

12 agosto 2021 17:10

Un Sindaco ricercatore, giardiniere e scrittore!! Bravo Giorgio, sei un esempio per tutti....

Fiorenza

12 agosto 2021 18:26

Grande Sindaco di un piccolo Comune che cura con l'amore e il buon senso del buon padre di famiglia. Ora con pandemia, lavoro a distanza via internet, problemi climatici, molti lasceranno le grandi città e torneranno a ripopolare i piccoli Comuni come Voltido dove la campagna è amica.