Hanno chiuso il convento dell'Annunciata e la chiesa dei frati di Cortemaggiore con i capolavori del Pordenone. Sgarbi: inammissibile
Nei secoli gli edifici religiosi ne hanno letteralmente viste di tutti i colori: se a Firenze il grande granaio venne trasformato nel tempio che si chiama, oggi “Orsammichele”, appunto perché prima San Michele non era e al contrario a Noto, settimana scorsa, leggiamo dal “Giornale di Sicilia”, ha aperto i battenti «“Santagatha”, una boutique d’alta moda nell’ex chiesa di Sant’Agata» ebbene, nel mio paesello, Cortemaggiore in provincia di Piacenza, a un tiro di fionda da Villa Verdi e da Busseto, accade che dove aveva fallito nientepopodimenoché Napoleone Bonaparte, sopprimendo nel 1812, la chiesa francescana (l’operazione durò solo 4 anni, dal momento che nel 1816, su impulso dalla ex moglie del medesimo Napoleone, Maria Luigia d’Austria i francescani tornarono a casa loro), pare riesca l’attuale guardiano del convento di Piacenza, intenzionato a chiudere definitivamente la chiesa e il convento dell’Annunziata, il più importante monumento storico-artistico del paese e non solo, che conserva al proprio interno uno dei capolavori assoluti del Pordenone, gli affreschi nella cappella gentilizia della famiglia Pallavicino (i marchesi fondatori e signori del paese nel rinascimento) e la grande tela della deposizione, sempre del Pordenone, che ha rappresentato l’arte dell’inizio del 1500 in mostre nazionali a Parma e a Pordenone stessa.
Dunque, dopo il convento, off limits per problemi di sicurezza, toccherebbe alla chiesa chiudere i battenti, con buona pace degli abitanti del borgo dove, titolava il giornale locale, domenica 27 agosto è “andata in scena l’ultima messa”. Il parroco, che proprio in occasione dell’ultima celebrazione ha parlato di “adombramento di Dio” e di crisi dell’intero mondo occidentale, ha assicurato di aver preso contatto con i superiori francescani di Milano, da cui dipende la “casa” di Cortemaggiore per tentare di farli tornare sulla propria decisione e il sindaco ha ribadito l’impegno dell’amministrazione a fare di tutto per non togliere al paese un luogo cui tutti noi “magiostrini” (questo il nomignolo affibbiato dai vicini agli abitanti di Cortemaggiore), indistintamente, siamo attaccatissimi e non solo per motivi religiosi: “andare ai frati” è sempre stato un passo obbligatorio per la nostra gente e anche per noi ragazzi che, molti anni fa, andavamo a giocare con gli studenti, coetanei o quasi, del “Collegio Serafico” situato proprio nel convento e che noi, affettuosamente, chiamavamo “I fratini”.
Ebbene, questi ex “fratini” tornano ogni anno a rivedere la loro chiesa e il loro collegio: cosa troveranno alla prossima visita? Le porte chiuse e l’abbandono, dopo qualcosa come 524 anni? Sappiamo che don Giancarlo, al “timone” della chiesa e del convento fino al 2019 ha contattato il sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi che, da subito, ha definito “inammissibile” la chiusura definitiva del tempio quattrocentesco e dei suoi tesori d’arte. Nella zona di chiusure monumentali credo basti, e per un bel po’, quella di Villa Verdi…
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commenti
Cesare.
1 settembre 2023 11:59
Bravo Egidio , ben detto , c'è ancora tempo
prima che diventi una moschea ,e speriamo non succeda mai !!