24 aprile 2023

Il 2 maggio 1893, 130 anni fa, nasceva la Camera del Lavoro di Cremona, la quarta in Italia. Primo sciopero quello delle filatrici per le dodici ore di lavoro

Era il 2 maggio del 1893, un martedì di 130 anni fa, quando, sotto la presidenza di Giuseppe Garibotti, direttore dell’Associazione generale di Mutuo soccorso tra gli operai di Cremona, che aveva sede allora in un palazzo della Banca Popolare in via Longacqua (oggi via Cesare Battisti) si riunivano i rappresentanti della Società Generale di Mutuo soccorso, la Società femminile, la Società lavoranti prestinai, la Società tipografica, la Società muratori, l’Unione mutua istruttiva, la Cooperativa tipografica, la Lega Contadini, la Cooperativa Ghiajaioli, la Società lavoranti parrucchieri, la Cooperativa Carrettieri, la Società edificatrice operaia per approvare lo Statuto della Camera del lavoro, la quarta nata in Italia.

Poco meno di un anno prima, nel luglio del 1892, prendendo ad esempio quanto fatto in occasione della nascita della Camera del Lavoro di Milano, i presidenti delle associazioni operaie di Cremona avevano deciso di rivolgersi alla Giunta Municipale per ottenere in uso gratuito locali per la costituenda camera del lavoro, e per un contributo economico che di quest’ufficio garantisse le spese di ordinaria amministrazione, secondo la teoria della “pubblica utilità” sostenuta da Osvaldo Gnocchi Viani. L’inaugurazione ufficiale avvenne il 27 agosto 1893. Segretario fu nominato Giuseppe Barbiani, “l’agitatore contadino” di Spineda (che si era trasferito con la famiglia a Cremona) un ruolo che  Barbiani, chiamato anche “l’Apostolo”, intese come politico e non solo impiegatizio. del primo organismo direttivo, la commissione esecutiva provvisoria, facevano parte Carmela Baricelli, insegnante, della Società di mutuo soccorso femminile, che avrebbe garantito la rappresentanza femminile e lo sguardo sull’istruzione, Giuseppe Garibotti per la Società generale di mutuo soccorso, Bianchini in rappresentanza dei carrettieri appartenente ad una delle leghe di mestiere più antiche e più combattive, Ludovico Quaini, avvocato, segretario della Sezione Contadini.

Secondo la statistica del 1888 del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, nella provincia di Cremona c’erano 449 ditte, con un totale di 12.291 occupati. Circa il 66% di questi lavoratori era occupato nelle lavorazioni legate alla produzione della seta, quasi il 10% nella produzione dei laterizi. Il restante 24 per cento suddiviso in tutte le altre attività produttive, dalla produzione di pasta a quella dei fiammiferi o di carrozze. Le 19 ditte che nella provincia producevano torrone e mostarda avevano più dipendenti (350, il 2,85% del totale) di quanto ne avessero le 11 officine meccaniche (216, l’1,76%). Un tessuto industriale non assolutamente in grado di assorbire le masse contadine espulse dai nuovi processi produttivi dell’agricoltura. L’associazione operaia con maggior numero di aderenti era quella dei braccianti-badilanti (349), ma grande forza aveva, sin dalla nascita, la lega delle filatrici di seta (220).

La prima azione di massa guidata dalla Camera del lavoro fu dunque lo sciopero delle filatrici, nato non come vera rivendicazione salariale, ma nella richiesta di un’ora di lavoro in meno. L’orario di lavoro delle filatrici era di 13 ore piene in estate e 12 in inverno, le mondatrici lavoravano 14 ore al giorno, con le mani nell’acqua bollente. Chiedevano, inoltre, l’abolizione delle multe e dei castighi previsti dai regolamenti di fabbrica per il minimo errore tecnico. Scesero in sciopero 1.500 filatrici nelle numerose filande cremonesi. Davanti alla filanda Gnerri le lavoratrici e al loro fianco i dirigenti della Camera del lavoro, tra i quali Giuseppe Barbiani, dovettero affrontare una compagnia di bersaglieri. Nei tafferugli Barbiani venne arrestato e portato in carcere; sarà condannato a un anno di domicilio coatto, e per  la seconda volta dovrà riparare in Svizzera, lutato da una sottoscrizione aperta dalla Camera del Lavoro a favore della sua famiglia. 

Lo sciopero durò 7 giorni, utilizzando interamente le casse del fondo di resistenza. Molte delle filatrici volevano andare avanti, ad oltranza, fino all’accoglimento totale delle richieste. Ma il presidente della Camera del lavoro, Garibotti, caldeggiò l’accettazione dell’offerta padronale: una diminuzione di un’ora di lavoro e un aumento di mezzo centesimo all’ora.

Nelle foto: il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, Giuseppe Garibotti e Giuseppe Barbiani, sciopero in una filanda nel 1890

Fabrizio Loffi


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