Il Vescovo alla Veglia di Pasqua: «Siamo qui per “fare Pasqua” oggi, non da sopravvissuti ma da risuscitati»
Sono quattro i momenti in cui si è articolata la liturgia della Veglia della notte di Pasqua presieduta in Cattedrale dal Vescovo Antonio Napolioni e concelebrata dal Vescovo emerito Dante Lanfranconi, con il Capitolo della Cattedrale. Quattro come i segni significativi della celebrazione più importante dell’anno liturgico: la luce, la Parola di Dio, l’acqua del Battesimo e l’Eucaristia.
A introdurre la veglia il rito del “Lucernario”, benedizione del fuoco e accensione del cero pasquale, avvenuta nel cortile del palazzo vescovile, cui ha fatto seguito la processione con il cero, con il Vescovo, i ministri e i fedeli che hanno fatto il loro ingresso nella Cattedrale che, avvolta nel buio, attendeva la luce della resurrezione, giunta al terzo canto del diacono: “La luce di Cristo”.
«I segni del fuoco, del cero e della luce ci mettono al cospetto del Verbo» annuncia il Vescovo prima dell’inizio del secondo momento, la liturgia della Parola durante la quale sono state lette quattro letture tratte dall’Antico Testamento e quelle dei Salmi.
«Queste pagine grandi diventano vive quando un’assemblea le accoglie con umiltà, lasciando che si rigeneri in noi lo stesso stupore di Pietro», ha commentato mons. Napolioni aprendo la sua omelia. «Non siamo qui semplicemente per “un’altra Pasqua” – ha aggiunto –. Siamo qui per fare Pasqua oggi, e le pagine della scrittura ridiventano palpitanti grazie alla vita di ciascuno noi ma anche alla storia collettiva».
Vi è sempre un riferimento all’attualità nelle parole del Vescovo, una attualità drammatica che imbarazza ma di fronte a cui non si può tacere. In particolare, citando una pagina della lettera di San Paolo ai Romani, lo sguardo torna alle strazianti immagini delle fosse comuni che giungono «orripilanti» dall’Ucraina.
È qui, di fronte ai drammi della storia e della miseria umana, che giunge dirompente la luce della Pasqua di risurrezione: «Gesù ha condiviso la miseria umana fino alla morte – ha proseguito il Vescovo nella sua omelia –. Gesù ha fatto comunione con noi per diventare come lui più forti della morte; perché questo seme di immortalità, la potenza della risurrezione da oggi in avanti ci accompagni sempre, ci rinnovi, ci ringiovanisca, ci aiuti a ricostruire, faccia sì che noi cristiani non ci sentiamo dei sopravvissuti, mai dei risuscitati».
Chi è risuscitato – ha spiegato concludendo l’omelia – «ha attraversato quel muro, quella porta, ha sperimentato un amore più forte della morte. Essere cristiani rigenerati dalla Pasqua significa vivere la risurrezione eterna della carne, un giorno. Ma nella vita sperimentare altre risurrezioni: la risurrezione esistenziale, quella delle svolte della vita, i momenti chiave in cui il Signore ci viene a cercare, ci converte, ci restituisce alla dignità che pensavamo di avere smarrito: quella svolta della vita in cui Cristo non è più un’informazione ricevuta a scuola, un elemento coreografico delle nostre città, ma è il vivente, l’amico, lo sposo, colui con il quale tutto viene vissuto in maniera nuova. E questo – ha concluso – rende possibili anche le risurrezioni quotidiane, quei piccoli momenti in cui la tristezza, la pigrizia, il peccato fanno capolino… e c’è da lottare e Lui in noi ci permette di dire i giusti “sì” e i giusti “no”, ci aiuta a essere forti, ci parla e ci guida nel momento del bisogno. La preghiera diventa vita e la vita diventa testimonianza».
Una vita nuova, come quella che il Battesimo e i sacramenti della iniziazione cristiana, proprio durante la Veglia, consegnano a Kenneth Ikponwosa Uhunoma e Sofia Friday, sposi provenienti dalla parrocchia di San Michele in Cremona, Regi Fida della parrocchia di San Zeno in Cassano d’Adda e Alice Tagliavini della parrocchia di Torricella del Pizzo. Sono loro i catecumenti adulti che in questa notte di Pasqua hanno ricevuto dal Vescovo, accompagnati da madrine e padrini, la possibilità di entrare a far parte della comunità cristiana cattolica.
Dopo aver versato l’acqua sul capo dei catecumeni, il Vescovo li ha raggiunti in mezzo all’assemblea per porre loro sulle spalle la veste bianca, per rivestirli di Cristo. Come ultimo segno battesimale, i padrini e la madrine hanno acceso la loro candela al cero pasquale e l’hanno consegnata ai catecumeni per significare il loro divenire “luce in Cristo”.
Il rito è proseguito con la crismazione dei quattro per poi passare al momento conclusivo della Veglia, la liturgia eucaristica, con la Comunione a cui i catecumeni hanno partecipato per la prima volta.
Il Vescovo ha poi congedato l’assemblea con una benedizione che «contiene la sicurezza che il Signore è all’opera per chi si affida ad essa con cuore umile» e con un ultimo pensiero gioioso rivolto ai quattro nuovi battezzati, segno tangibile di una Chiesa capace di missione e rinnovamento: «Saremo sempre di più – ha detto concludendo la Veglia monsignor Napolioni – una Chiesa di convertiti, ritrovati, aggiunti, resuscitati, recuperati… Non basta quello che facciamo per i bambini, dobbiamo testimoniare il vangelo agli adulti in ogni circostanza e questa ragione di speranza non cesserà ti toccare il cuore di tanti uomini e donne». (www.diocesidicremona.it)
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