L'incredibile storia di via Beltrami, una delle vie più antiche di Cremona: tra Marchionis, chiese e il monastero di Santa Marta. Le proprietà dei Ripari
Nell'ultimo articolo su "Cremonasera" ho raccontato la storia di Via Faerno e Santa Marta Vecchia (leggi qui), sembra normale continuare oggi con una diversa Santa Marta situata in una diversa parte di città che, come abbiamo detto, ha lo stesso percorso idrico del Marchionis a valle della città murata.
C’è una via in città a Cremona che è nata 2200 anni fa e che ha le stesse caratteristiche di un'altra via, poco distante ma parallela e nata nello stesso modo.
La nascita di una via è quasi sempre un percorso umano di insediamenti ma queste due vie nascono invece come corsi d’acqua di colatori naturali che scorrevano nel declivio naturale di un promontorio che scendeva da quote alte a quote basse verso l’alveo di un grande fiume non regimentato chiamato dai romani col nome Padus.
Bisognerà quindi qui argomentare con rimandi dove la zona sarà denominata con il nome attuale ma nella sua origine non ancora urbanizzata.
Quasi sicuramente erano impervi corsi di acqua tra la vegetazione padana a quel tempo ancora molto ricca di alberi a formare boschi.
Partendo dal caposaldo che Via Platina era paleo alveo del fiume Padus, Via Mercatello era il colatore Cremonella e Via Beltrami era il colatore Marchionis.
Paralleli per provenienza entrambi dalla zona stazione ferroviaria, poi aggrovigliati nelle vie dell’attuale Centro Storico con percorsi diversi e un incrocio il Via Manzoni angolo Via Battisti.
Avevano entrambe una foce sul Padus di Via Platina, la Cremonella in Largo Boccaccino e il Marchionis verso Via Altobello Melone.
I corsi d'acqua furono sfruttati, utilizzati, attraversati da ponti, abitazioni, mulini e nei secoli ricoperti e regimentati, poi tombinati ed incamerati in volte di cotto con sponde laterali in laterizio.
Questi colatori sono tutt’ora nelle viscere della città ad una profondità di circa 3 – 5 metri. Tali colatori hanno inizialmente tracciato le linee dei fossati del castrum romano primordiale. Ne erano le difese a est e a nord poiché a sud e a ovest era il Padus.
Successivamente, in una pianura ormai romanizzata il castrum “bellico” venne convertito in villaggio e colonia e città.
Il Po, anno dopo anno scarta detriti alluvionali e sterza sulle forze centrifughe dei dislivelli di quota, scende verso Via Giordano e mille anni dopo la fondazione del castrum, si stabiliscono i confini topografici di una città.
E’ sicuramente in questo periodo che la città ancora a pianta romana manifesta la presenza di quattro porte poi assorbite dalla città e dai suoi borghi.
Le quattro porte erano Porta S.Lorenzo, Porta Pertusio, Porta Ariberta e Porta Natali.
E’ dal mille che iniziano le prime documentazioni certe su Via Beltrami, probabilmente già urbanizzata da secoli.
La strada nel 1100 è detta MALUMBRIS a causa della famiglia che possedeva le case in leggera discesa verso Via Platina (Contrada Natali). Astegiano scrive “ strada Malumbris della vicinia di S.Donato – 22 giugno 1191 “
La stessa Contrada Natali sorgeva in prossimità della omonima Porta citata prima, che probabilmente corrispondeva a S.Vitale (detta anche S.Geroldo ).
La Porta Natali chiudeva quindi la città alla stretta di Via Altobello Melone-angolo Via Platina.
La chiesa primitiva di S.Vitale forse sorse nel 600 dc e venne poi ristrutturata nel 1400 dai Benedettini.
Esisteva anche una seconda chiesa, ora abitazione, lungo la Contrada Natali, posta subito dopo la laterale Via Patecchio, si trattava di S.Donato, come citato sopra da Astegiano.
Era molto antica ma venne demolita e ricostruita nel 1493. Venne resa abitazione nel 1810 e Luigi Corsi ne parla nel 1819. Curiosa la nota di Corsi che vorrei evidenziare: “di una sola navata essa è costrutta con sei altari. Nel primo a destra vi è dipinto S.Giovanni Battista in atto di essere decollato, con altre istriate figure, eseguito da Luca Cattapane l’anno 1597, come sta scritto nella spada del manigoldo. Esisteva nella chiesa soppressa di S.Donato di Padronato delle Nobili famiglie Picenardi e Bonfio quali eredi Ripari…”
Forse non è un caso che il cognome Ripari abbia una connotazione con il toponimo dato alla Via Beltrami in epoca antica da Bordigallo , infatti la chiama Contrada Ripa d’Adda.
Ora, Ripari e Ripa hanno uguale origine lessicale, fosse anche solo un caso è curioso.
Bordigallo, errando sul fiume Adda (mai passato per Cremona ) avvalora la tesi che il suo Adda in realtà fosse Marchionis o Marchesana.
Nei suoi scritti anche questo Adda (Via Beltrami ) sfociava nel Po in Contrada Natali ove in effetti nel 1782, durante alcuni scavi, pare furono ritrovati avanzi di legni di remi e barche a dimostrazione che lì vi fosse, mille anni prima un corso di acqua navigabile.
La Contrada Ripa d’Adda diede però i natali anche ad illustri personaggi come S.ANTONIO MARIA ZACCARIA che lì nacque e morì ( 1503-1539 ) nella sua abitazione al civico attuale n. 21.
La pianta di Cremona di Antonio Campi della fine 1500 evidenzia la supremazia dei Ripari come nobili abitanti in quella Contrada e comunque in quella zona della città. In fondo alla Contrada Ripa d’Adda (Via Beltrami) si nota infatti un grande fabbricato posto di fronte Palazzo Mina, dalla altra parte di Via Platina.
Campi scrive sul fabbricato il nome del proprietario EGIDIUS RIPARIUS.
Il grande unico fabbricato ha pianta di quadrilatero e confina con S.Marta a sud, S.Donato a est, la Via Beltrami a ovest e un viottolo scomparso a nord.
Il vicolo scomparso sarebbe prosecuzione di Via Galantino che incrociando Via Patecchio si faceva spazio tra diverse abitazioni sbucando sulla Via Beltrami.
Di tale vicolo non vi è menzione in nessuno scritto eppure esiste sicuramente fino al 1852 poiché vi è traccia del vicolo semi stoppato sul lato Beltrami e aperto sul lato Patecchio.
Un sopralluogo personale su via Beltrami ha evidenziato una crepa sul muro tra i civici 22 e 24, esattamente in corrispondenza di quello che probabilmente era il vicolo stoppato.
La crepa su intonaco percorre verticalmente il muro (dal marciapiede al tetto) ad evidenziare materiali diversi in epoche diverse per “stoppare” il vicolo ed unire la proprietà Ripari alle case della via.
La presenza del vicolo è certa poiché dettagliata dalla Pianta Marchetti “nuova pianta della regia città di Cremona “.
Una breve parentesi va fatta su Via Patecchio che si chiamava nel 1300 Stricta Capitanei e nel 1500 Contrada delli signori Fodri, mentre nel 1600 prende il nome di Via Angusta (ora assegnato ad una laterale di Via Dante ). Il nome Angusta dura sino al 1930 quando viene definitivamente chiamata Gherardo Patecchio.
Il palazzo indicato da Campi nel 1500 a nome di Egidio Ripari, nel 1786 è l'Intendenza politica Austriaca, nel 1810 è Prefettura con uffici di repressione politico poliziesca sempre Austriaca sino ad unità di Italia dove divenne Regia Prefettura di Cremona per qualche anno.
Il palazzo venne poi “diviso” in 3 proprietà private ai numeri civici 24 , 26 e 28 molto probabilmente tra fine 1800 e inizio 1900.
La Pianta di Paolo Marchetti evidenzia anche il vecchio civico del Catasto Teresiano indicandolo al numero 2455, ora civico n.28 su angolo Via Platina.
E’ parte meridionale del Palazzo di Egidius Riparius indicata da Campi a fine 1500 è quindi il civico del 1800 n. 2455, corrispondente ad attuale n.28 Via Beltrami di proprietà MORI.
Questo è molto importante a causa di uno scritto ottocentesco che riporto di seguito:“nelle due case delle estinte patrizie famiglie Guazzoni e Malombra e poscia Maggi , acquistate dal pubblico di Cremona vi risiede oggi l’i.r Delegazione Provinciale coi diversi uffici.
Nella anticamera vi sono tre quadri S.Paolo in atto di ricevere il taglio della testa dal manigoldo. La Nascita di M.V. che era nella chiesa degli Olivetani. La B.V. seduta sopra le nubi col bambino nelle braccia …I quadri sono del 1642 e attribuiti ad Aloysius Miradoru"
Attenzione, stiamo parlando del Genovesino, Luigi Miradori.
Tali quadri erano quasi certamente alloggiati nella vecchia residenza Ripari.
Origine dei Ripari
Interessante sapere che il nome Ripari deriva dal Feudo del Ripatico. Era una antica concessione feudale Cremonese che consentiva la riscossione di una tassa chiamata RIPATICO per utilizzare in attraversamento e approdo del fiume Po.
Una sorta di pedaggio concesso nel 1032 dal Vescovo Ubaldo di Cremona e concesso alla sola famiglia chiamata poi Ripari.
Nel 1197 anche Vescovo Sicardo confermò il ripatico a Pietro Ripari , figlio di Anastasio Ripari.
Evidentemente questa concessione durò parecchio se ancora Grasselli ne parla in data 13 gennaio 1689 quando scrive che Cesare Ripari cede il Ripatico alla famiglia Zaccaria (ricordate, S.Antonio Maria Zaccaria – abitava di fronte ai Ripari nel 1500 ).
Sempre il nostro Antonio Maria Zaccaria aiutò e finanziò Le Angeliche di Santa Marta di fronte a casa sua.
Altro Ripari famoso forse imparentato con Ripari cremonesi ma di Solarolo Rainerio è Pietro Ripari , il medico personale di Garibaldi.
Le caratteristiche della zona nel 1500 e il nuovo monastero S.Marta
Se ne parla in un documento che narra l’insediamento di Valeria Alieri quale prima promotrice del convento ora Palazzo Mina. Ne trascrivo qui alcuni passi scritti da Giuseppe M.Cagni, perché è molto esplicativo del luogo che era.
“il primo di tali avvenimenti è del 1538, a un solo anno dal testamento ( credo si riferisca allo Zaccaria ). Valeria compera una casa in parrocchia di S.Donato e vi si trasferisce con le sue ragazze. Va sottolineato che questa casa era proprio di rimpetto alla abitazione degli Zaccaria, sul lato opposto della strada (abbiamo detto che gli Zaccaria abitano su angolo opposto del n.28 di Via Beltrami ).
Essa apparteneva al ventitreenne Giambattista Borghi, figlio di Armanino, pronipote di Valeria. Una casa non si vende all’improvviso e soprattutto chi la compra ha certi progetti ben precisi per il futuro. Orbene questa casa, che possedeva anche due vasti orti, poteva facilmente dilatarsi in tutto l’isolato, perché oltre che con la strada confinava con i terreni e ruderi di un mulino abbandonato di Brunoro Gambara, azionato una volta dalle acque della seriola Marchisana che ancora vi scorreva sotto, inoltre confinava con le case degli eredi di Marco Fonduli , dei fratelli Lodi e di Enrico Cicogna, tutte facilmente acquistabili.
Valeria pensava quindi già ad un Monastero. L’acquisto avvenne il 18 maggio 1538.
La casa Fonduli era accanto alle absidi di S. Vitale o Geroldo e quindi sul vecchio passaggio della Porta Natali, fu lì che si edificò la prima chiesa di S.Marta del 1564, poi rinnovata.
Dunque stiamo parlando della fine della Contrada Natali (Via Platina ) in leggera discesa verso Via Melone e con le absidi di S.Vitale (Geroldo indicato da Campi ) vicino, la contrada Ripa d’Adda (Via Beltrami) che sfocia sulla casa della Alieri con un mulino sullo spigolo dell’incrocio dell’attuale semaforo. Certamente è li il punto di caduta delle acque a causa della variazione di quota.
Dietro ortaglie e campi, probabilmente fino a San Pantaleone, poco distante dai Bastioni di Porta Romana (ora Via Cadore – sopra Via Larga ).
E’ dunque qui che la Alieri acquista abitazioni e terreni atti all’insediamento di monache Angeliche per fondare il Monastero di Santa Marta che, come citato nell’articolo precedente, è il secondo tempio dedicato alla Santa ma sullo stesso colatore Marchionis, prima in entrata e poi in uscita dalla città murata.
Il monastero resistette fino ad inizio 1800 quando fu demolito per fare spazio a Palazzo Mina Bolzesi .
La foto di via Beltrami di fine Ottocento è di Betri
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