23 febbraio 2021

La città che non ricorda Stradivari. La lapide sbiadita fu un ripiego per un monumento mai realizzato

Se la lapide che ricorda l’ultima bottega e abitazione di Antonio Stradivari, murata su uno degli archi della Galleria XXV Aprile verso piazza Roma è del tutto illeggibile, non gode di miglior salute la lapide in marmo posta nel 1953 in piazza Roma a ricordare la presenza del sepolcro. E’ una soluzione di ripiego in sostituzione di un precedente cippo immortalato in una maliziosa foto pubblicata da Epoca nel 1950 a corredo di un reportage di Joseph Wechsberg, reporter del settimanale New Yorker, mentre un cane vi depone il suo “ricordo”.

Quel cippo, in realtà, era quanto di meglio si era riusciti a fare, dopo che lo scultore milanese Luigi Secchi, a cui si era rivolto nel febbraio 1910 l'assessore Ciniselli, per conto del sindaco Dario Ferrari, aveva declinato l’invito a realizzare un monumento nel giardino di piazza Roma nel punto corrispondente a quello ove esisteva la tomba di Stradivari. Bisogna attendere il 1914 perchè nasca una commissione promossa dall'Associazione Filodrammatica e dalla Società Concerti con il compito di costituire un Comitato Internazionale per erigere a Cremona un monumento ad Antonio Stradivari ed ai liutai cremonesi, presieduta da Alfonso Mandelli, con la partecipazione di monsignor Angelo Berenzi, Gaetano Cesari e Federico Caudana.

Ma lo scoppio della guerra frena l'iniziativa, che viene riproposta nel 1919 alla nuova amministrazione comunale guidata da Attilio Botti, perchè “dia, prima di ogni altro, il suo aiuto finanziario all'iniziativa che ha raccolto l'interessamento di quanti hanno ammirazione per i grandi liutai cremonesi”. Ed il Comune rispose l'anno dopo con un primo stanziamento di duemila lire. Tuttavia anche questo progetto restò lettera morta.

Bisogna arrivare al 2 aprile 1936 per trovare finalmente traccia di un nuovo progetto monumentale nello stesso identico punto del precedente, che si sarebbe voluto affidare allo scultore Antonio Pezzani, marito della nobildonna soncinese Vittoria Della Scala. Pezzani presentò cinque bozzetti, ma non si sa che fine abbiano fatto. Subentrarono due tipi di difficoltà: vi era chi, come lo stesso Farinacci ed il podestà Bellini, avrebbe voluto un monumento collettivo ai musicisti e liutai cremonesi, e chi, come Tullo Bellomi era più preoccupato dell’aspetto finanziario. Il monumento sarebbe stato collocato sotto uno degli archi del portico della galleria XXIII Marzo, prospiciente i giardini pubblici.

Oggi sappiamo che, in realtà, si decise di utilizzare diversamente le risorse destinate alla realizzazione del monumento per costituire con quei fondi le basi della Scuola Internazionale di liuteria che nel 1938 inaugurò i suoi corsi. E sulla galleria restò solo la lapide, oggi pressoché illeggibile.

Fabrizio Loffi


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