La grande bellezza è il Vespro del divino Claudio. Magistrale interpretazione di Jordi Savall dell'opera di Monteverdi
Quando il possente accordo dell’Amen del Magnificat si è spento tra le volte barocche della chiesa dei Santi Marcellino e Pietro, il pubblico è stato ricoperto da un velo di emozione. Pervaso da un senso di vertigine. Accarezzato da una bellezza sfolgorante; insomma: rapito da una collettiva e leggera sindrome di Stendhal.
Il Vespro della Beata Vergine da concerto composto sopra canti fermi, a sei voci e sei strumenti (Venezia, 1610) di Claudio Monteverdi, seconda anteprima del Monteverdi Festival, ha trionfato nel cuore e nelle menti di tutti coloro, numerosissimi, che hanno assistito alla sua esecuzione affidata a Jordi Savall.
Artista cultore della musica tardo rinascimentale. Profondo conoscitore dell’opera del ‘divin’ cremonese. Attento cesellatore delle parti vocali, come di quelle strumentali dove, oramai da decenni, eccelle come esecutore; in ogni parte del mondo. Savall ha avuto, innanzitutto il merito di aver coniugato gli aspetti filologici con la musicalità Ad esempio mantenendo moderno il diapason con cui è stata eseguita la composizione. Ne è risultata una lucentezza che ha aiutato l’ascoltatore moderno. Ha fatto un’opera mirabile nel rappresentare il mosaico policromo che Monteverdi ha creato: un’unione mirabile di canto liturgico (gregoriano), polifonia rinascimentale e ‘moderna prattica’ degli affetti con una monodia ricercata. Non è scivolato in minuzie archeologiche ma ha sempre prediletto la musicalità; per cifra anche della pratica seicentesca. Il risultato è stato magistrale
Lo ha seguito un cast vocale di grande rilievo: Elionor Martínez, Anna Piroli, (per altro cremonese) soprani; David Sagastume, Daniel Folqué, contraltisti; Ferran Mitjans, Martí Doñate, tenori; Mauro Borgioni, baritono e Guglielmo Buonsanti, basso. Tutti di grande livello sia nelle parti ad altissima intensità belcantistica, sia quelle più raccolte e intimamente religiose. Si sono sempre amalgati con grande capacità. Benissimo nella resa dell’effetto dell’eco ; inserito a pieni mani dal compositore cremonese; soprattutto nei mottetti spirituali. Perfetta nelle parti più strettamente polifoniche La Capella Reial De Catalunya guidata da e preparata da Lluís Vilamajó. Ha avuto il merito di saper leggere, anche nei passi architettonicamente più polifonici, la capacità melodica del maestro di San Marco. Le Concert Des Nations, con il primo violino Manfredo Kraemer. Ha dato un contributo fondamentale. Nella Sonata sopra la Santa Maria, ha fatto emergere tutto il ‘sinfonismo’ ante litteram monteverdiano con forza e incredibile vivacità.
Parlare di applausi al termine è ben poca cosa: è stato un trionfo.
Tributo iniziale anche ad Andrea Cigni, soprintendente del Teatro Ponchielli in partenza per Cagliari, a Cremona lascia un vero e proprio tesoro che è proprio il Monteverdi Festival con questi capolavori.
Le foto sono di Vanessa Maianti
Musicologo
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