6 novembre 2021

Le prove al Ponchielli, dietro le quinte del Trovatore. L'arrivo dei costumi. Nelle scene quel bianco e nero, essenza dell'opera

Abbietta zingara, fosca vegliarda…” così Ferrando introduce Azucena nel racconto iniziale. Noi diamo per scontato che quel che ci racconta il basso sia tutto vero, non c’è contraddittorio. La vicenda della zingara che rapisce il secondo figlio del Conte per poi ucciderlo diviene motivo di odio, di sconcerto. Al termine, infatti, i soldati cantano veementi “Ah! Sia maledetta la strega infernal!”. Come biasimarli! Ancora devono accadere molte cose. 

La produzione de Il Trovatore entra nel vivo (leggi qui l'articolo), e sul palco fanno già bella mostra le essenziali scene montate ed i tecnici stanno già testando alcuni effetti scenici ideati dal regista e progettati dallo scenografo.

Emanuele Sinisi, ideatore delle scene, ci propone una visione estrema. “Con il regista Roberto Catalano abbiamo fatto una lunga ricerca fra i meandri di quest’opera, cercando nel libretto tutte le risorse per portare sul palco un dramma così intenso. Abbiamo quindi realizzato uno spazio ideale, un <progetto di spazio> più che un’ambientazione”. Il regista ci viene in aiuto per questo concetto: “l’opera non si svolge nel presente. È una continua interferenza tra un passato nefasto ed un futuro che ancora deve verificarsi. È un po’ come se fosse un continuo racconto dei personaggi che sono in realtà molto statici in questa dimensione incerta.” 

È stato per noi quindi naturale chiedere a Roberto quale fosse l’idea registica che tiene insieme questo allestimento.

La vera artefice di quest’opera è Azucena, ha creato tutto lei. Il desiderio di vendicare la madre, l’atto atroce verso il figlio, l’amore verso il figlio adottivo. Tutto nasce dalla cenere, da ciò che è accaduto dopo il fuoco. La cenere è anche metafora della nostra esistenza. I personaggi cercano di ripulire la cenere dalla propria vita, così faranno durante il corso dell’Opera svelando un pavimento sempre più bianco. È in fondo quello che ciascuno di noi fa durante la propria vita, ripulisce la cenere cercando un riscatto, un’esistenza migliore”.

Nello sbirciare le scene e gli oggetti abbiamo notato che tutto ruota attorno ai colori bianco e nero nelle loro infinite sfumature. Abbiamo di nuovo bisogno di Emanuele Sinisi: “i colori di quest’opera sono l’unica soluzione per realizzare l’intento che ci siamo prefissati, ovvero andare per estremi. La cenere è nera, il riscatto è bianco. Tutto ciò che accade in mezzo, in questo mondo non reale e trasfigurato rispetto al tempo presente, è necessariamente a sfumature di questi due colori.”

Roberto Catalano aggiunge: “non c’è redenzione, nel libretto è chiarissimo. Nessuno dei personaggi tranne forse Leonora che si sacrifica per liberare il proprio amato, trova il vero riscatto”.

Si è fatto tardi, lasciamo la platea a Roberto Catalano che andrà a dirigere la prova di regia e ne osserviamo alcuni istanti. Le giornate sono sempre divise in due momenti, uno musicale in cui il cast vocale prova col direttore nel ridotto del teatro ed una registica in cui i cantanti accennano soltanto la parte musicale ma provano in palcoscenico le azioni sceniche guidati appunto dal regista. 

È importante capire questa divisione perché non sempre le due figure di “comando” sono concordi sulla gestione di alcuni momenti. Ricordiamo la famosa lite tra Riccardo Chailly ed il regista Moshe Leiser durante la Giovanna d’Arco alla Scala nel 2015. Dobbiamo anche dire che questi scontri dettati probabilmente da primadonnismi nei nostri teatri sono un po’ più difficili da osservare. In quest’opera in particolare, il cast è composto da giovani collaborativi ed entusiasti, fortunatamente scevri da dinamiche simili. Abbiamo infatti apprezzato un clima intenso ma rilassato, un bel lavoro di squadra in cui ciascuno è felice di fare la propria parte. 

Un suono lontano, dalla famosa apertura laterale del palco. Sono arrivati i costumi. La Sartoria Teatrale Arrigo di Milano, ha spedito infatti tutti i costumi che erano stati realizzati per la produzione di Sassari. Sono divisi per ruolo, personaggi e scene. 

Le abili mani di Giusy, Simone guidati da Mira, rispettivamente sarti e responsabile sartoria del Teatro Ponchielli, ora dovranno occuparsi di “spacchettarli” tutti e sistemarli in ordine in attesa che la Costumista Ilaria Ariemme dia le indicazioni su come approntarli per l’Opera. 

Deserto sulla terra” si sente cantare in lontananza mentre torniamo in platea, Matteo Falcier sta già dando voce al suo Trovatore, gli fa eco Leon Kim che da buon Conte sussurra “Il Trovator! Io fremo!”. Già prende forma anche la recitazione, il lavoro di intenti sinergici tra Jacopo Brusa e Roberto Catalano trovano i primi suggestivi risultati.

Qualche piano più su, il profumo della carta vissuta inebria l’ufficio di Lorenzo Del Pecchia che ha ricevuto la partitura e le parti d’orchestra. Le parti vengono sempre noleggiate, e vengono spedite ai teatri dalle case editrici detentrici dei diritti per quel titolo. Naturalmente quella stessa parte è stata già noleggiata da altri teatri e lo sarà nuovamente al termine di questa produzione.

Unico accorgimento è una attenta verifica che tutte le parti siamo complete, che non vi siano edizioni diverse da quella usata dal direttore e che eventuali tagli stabiliti dal direttore siano riportati ai professori d’orchestra per facilitarne il lavoro. 

In che modo sono state realizzate le luci? Come vengono gestite e programmate?

Quali indicazioni darà la costumista per la preparazione degli abiti di scena?

Il coro? Come vengono gestite le prove corali e registiche di un gruppo così ampio di persone? 

Questi ed altri segreti saranno svelati nei prossimi appuntamenti del nostro viaggio dietro le quinte de Il Trovatore. Restate collegati con CremonaSera, l’avventura continua… (Il Trovatore-2)

fotoservizio Gianpaolo Guarneri/StudioB12

Loris Braga


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